sabato 6 maggio 2023

RADIOCIXD 67 - CCCP E INSOSPETTABILI DINTORNI

Molte volte su queste pagine abbiamo parlato della parabola dell'industria musicale, ad esempio nel 2009 qui (era stato appena eletto Obama, all'inizio aveva abbagliato anche me, ma la postilla finale che ne parla la potete saltare); oggi ci torno perché mi sono imbattuto, come talvolta capita, in un articolo definitivo sull'argomento (pubblicato su Popoff dal jazzista Iverson, qui accanto uno screenshot) non solo aggiornato fino ai giorni nostri ma anche decisamente dotato di una mirabile sintesi che consente, a chi si vuole prendere il disturbo di leggerlo, di comprendere in pochi minuti come e perché la musica è prima diventata redditizia e poi ha smesso di esserlo. Più o meno.

Come spesso capita, infatti, guardando le cose troppo da vicino ci si concentra sui dettagli ma non si capisce il quadro, come guardandolo troppo da lontano: occorre invece "la giusta distanza", ed è proprio quella a cui ci porta il contributo succitato. Ad esempio, ricordandoci che nella millenaria storia dell'umanità la musica c'è sempre stata, ma è solo per un secolo quasi giusto giusto che è stata un'industria che dava da campare a tantissime categorie di lavoratori, mentre arricchiva paurosamente alcuni soggetti. Prima l'indotto non c'era, e dopo la sua platea si è ridotta al minimo, ma sia prima che dopo uno che un modo per campare facendo il musicista, come l'artista in genere, si è sempre trovato e si troverà. Al limite, sapendosi accontentare.

Ecco perché non ho mai sopportato i talent show, fin dalla loro comparsa (non a caso, a fine parabola dell'industria musicale): perché vi si percepisce in modo palpabile lo straniamento e spesso anche lo strazio delle anime di quei ragazzi che vorrebbero anche loro arricchirsi o almeno mantenersi con diciamo così l'arte ma sono più o meno lucidamente consapevoli che la porta è sempre più stretta (e inoltre passa per l'omologazione agli stilemi dominanti, perché alti investimenti pretendono che si minimizzino i rischi). Ed ecco perché mi vengono in mente alcuni esempi "in cronaca", di segno completamente opposto.

Per il decennale della scomparsa di Enzo Jannacci, col figlio che lo celebra da allora e Elio ancora a teatro con le sue canzoni, è uscito un godibilissimo special su Rockol. Jannacci era di una di quelle "infornate" che "cantando dentro nei dischi" i soldi li ha fatti, ma non ha mai smesso di essere innanzitutto un medico, a volte assentandosi per anni dalla scena musicale (per ad esempio lavorare con Barnard, quello che ha "inventato" i trapianti di cuore) e sempre esercitando finché ha potuto. Mi sarebbe piaciuto vederlo alle prese con la gestione criminale della pandemia, ma almeno così posso immaginarmecelo come voglio. Di certo andrebbe spiegato ai ragazzi, uno come lui. Io ogni tanto ci provo, pur consapevole della estrema limitatezza del mio pulpito.

Roger Waters invece "è vivo e lotta assieme a noi", non rinunciando mai ad insegnarci quanto è necessario e urgente schierarsi contro le narrazioni imperanti anche a costo di rischiare il bando, e dire che a quasi ottant'anni un multimilionario certe cose potrebbe pure risparmiarsele, anziché girare il mondo per dirle ai concerti. A pensarci bene, è triste che sia quasi solo tra le voci fuori dal coro, a cercare la verità in questi anni di menzogne presentate come verità indiscutibili. 

Ma l'esempio migliore di questo approccio è uno per cui non solo bisogna fare musica per farla poi se vengono i soldi vengono, ma se ne vengono troppi bisogna fermarsi e chiedersi dove hai sbagliato: Giovanni Lindo Ferretti. Dopo gli anni diversamente punk dei CCCP, benissimo narrati in questo bell'articolo della Milani su illibraio.it, fonda con Zamboni Maroccolo e Magnelli i CSI (poi raggiunti dalla giovane Ginevra Di Marco), e quando ci si trova (col terzo album: T.R.E. appunto, che sta per Tabula Rasa Elettrificata, già peraltro recensito) in cima alle classifiche, decide di sciogliere il gruppo, rimpiazzandolo (dopo un paio d'anni di concerti memorabili, ve lo garantisco personalmente) con nuove incarnazioni sempre meno "commerciali" (come si diceva ai miei tempi). E dimostrandosi sempre capace, da allora in poi, di scelte personali coraggiose, e di prese di posizione politiche e sociali ci cui non si può non riconoscergli il coraggio e l'integrità nel sostenerle anche quando magari non si è d'accordo nel merito. E che forse sono meno incoerenti di quanto superficialmente sembrino, rispetto al comunismo militante degli esordi: diamoci un'occhiata.

Per giustificare l'inserimento di questo strano post nella rubrica RadioCixd, che di solito recensisce album brano per brano, o playlist quando non si parla di un solo album, volevo appunto scegliervi qualche video dei CCCP, meteora fertile del panorama musicale italiano, ma mentre cercavo mi sono imbattuto in questo, che basta e avanza a farvi un'idea poi se vi è scattata la curiosità cercate voi, e inoltre serve a farvene un'altra su cosa può essere la musica in TV e non è più stata (certo anche qui per miopia strategico-industriale). Si tratta infatti di un breve concerto live come quelli che ospitava regolarmente la mitica trasmissione DOC di Renzo Arbore e soci, condotta da Gegè Telesforo e Monica Nannini: averla seguita da giovane è una di quelle cose che consola di avere sessant'anni...

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