La curva di Pino Daniele è sui generis: il vertice lo tocca subito, ma lo mantiene almeno per sette anni, in cui sforna un capolavoro dietro l'altro. Il resto della carriera è controverso: per alcuni è troppo commerciale, per altri troppo italiano, per altri ancora troppo "methenyzzante"; l'unica cosa certa è che non ha mai smesso di migliorare nel suonare la chitarra. Ma dover scegliere uno dei primi album come prima recensione di questa rubrica che lo riguardi, è dura davvero. Me la cavo come al solito ricorrendo al privato: nel 1981 facevo il quinto liceo, e alla "gita d'istruzione", sul treno da Reggio a Firenze, io e i miei amici abbiamo passato ore a cantare a squarciagola, con Sergio alla chitarra, le canzoni di Pino Daniele, e soprattutto dell'allora ultimo LP.
Come i due album precedenti, Nero a metà è composto per intero di canzoni memorabili, e infatti le so ancora tutte a memoria, e so di essere in nutrita compagnia. Forse, rispetto soprattutto al disco d'esordio, non c'è più la dirompente novità. Ma se quello era stato uno squarcio nella scena musicale italiana, e questo invece la trova già pronta, il merito è soprattutto suo. D'altro canto, questa terza prova non risente assolutamente di cali dì ispirazione, in più offrendo qualche grado di maturità artistica in più e qualche ingenuità in meno.
Il livello è talmente alto da reggere alle perfezione persino allo sfottò: si ascolta quello amorevole ma spietato di Lillo e Greg al loro meglio, si ride (probabilmente ne rise anche Pino) di gusto, ma poi si rimette sul piatto il vinile per riascoltarlo per la milionesima volta.
Questo è il link alla playlist completa (la versione originale, perché i remix degli anni duemila hanno tolto qualcosa, fidatevi), i miei commenti pezzo per pezzo li faccio lo stesso, ma brevi: so già che per molti di voi sono superflui.
1. I Say i' sto ccà Fin dal titolo è il manifesto della pinodanielità: mezzo americano mezzo napoletano. D'altronde il disco è dedicato a un "nero a metà" vero, Mario Musella, e dentro ce ne suona un altro, nei cui Napoli centrale peraltro Pino aveva iniziato: James Senese... |
|
2. Musica musica Un testo che è un manifesto, su una musica che già dal vinile si capiva cosa sarebbe diventata nelle esecuzioni live: se con la precedente non si poteva non urlare a "cu tutte stu burdell ca ce stà" qui non si può non farlo a "è tutto quel che ho..." |
|
3. Quanno chiove La conoscete tutti. Ed è una delle ragioni per cui fuggo dai karaoke: prima o poi arriva qualcuno che la vuole cantare... Ma è solo mia. E ciascuno di voi pensa la stessa cosa, legittimamente. |
|
4. Puozze passà nu guaio Le espressioni dialettali sono da manuale, come pure il loro essere a tratti inframezzate da brani in italiano, come capita a tutti noi che parliamo dialetto quando ci incavoliamo. Ma la chitarra sotto, quella l'hanno capita in tutto il mondo... |
|
5. Voglio di più Non ho trovato evidenze in Rete, ma mi pare di ricordare che questo brano lo cantò prima la Bertè. E' un lento struggente, anche questo da cantare, e infatti tutte le volte cantato, a squarciagola, con effetto catartico. |
|
6. Appocundria Prima ho parlato di dialetto: scusatemi. La lingua napoletana, qui si presenta con un falso sinonimo: non ipocondria, ma noia esistenziale... No, non è preciso, tocca sentire la canzone, che lo spiega così bene che scopro sia andata (giustamente) a finire nella Treccani! |
|
7. A me me piace 'o blues Vale quanto detto sopra sia per il mix italiano/napoletano, che per l'impossibilità di non urlarla tutta a squarciagola quando l'ascoltavi dal vivo. |
|
8. E so cuntento 'e stà Siamo sui livelli di Quando chiove, e di Putesse essere allero del disco precedente. Qualcuno potrebbe dire che se non parlasse così bene d'amore non sarebbe napoletano... |
|
9. Nun me scuccià A proposito di canzoni catartiche, questa mi è capitata anche di farla coi Ristrittizzi, per cui posso affermare a ragion veduta che fa effetto pure da questa parte del palco. A che serve stà accussì.... |
|
10. Alleria E qui sale la voglia di gridare, saglie a voglia 'e alluccà. Come quasi mai capita di solito con canzoni così lente. Forse è il vero gioiellino dell'album. |
|
11. A testa in giù Questa invece è la title-track, o quasi: è il brano che contiene il testo che dà il titolo all'album. Ma che vuoooo cchiù? |
|
12. Sotto 'o sole Sembra quasi un'appendice, ma contiene già i semi di quello che diventerà Pino da grande: un chitarrista latin jazz di livello mondiale, qui su base samba. Con quattro versi quattro, ma lapidari, e in più di un senso: Pino maledizione non c'è più, e saglie sulamente a voglia 'e jastemmà, e nun ne parlamme chhiù! |
Nessun commento:
Posta un commento