Questo livello di complessità nell'elaborazione del pensiero non è difficile da raggiungere. Ad esempio, negli anni settanta si era arrivati a maneggiarla in tanti (alcuni tra quelli che oggi danno sfoggio di esserle estranei, addirittura la esibivano in prima persona), basta pensare a quella immensa mole di produzione artistica che esprimeva una posizione contraria alla guerra in Vietnam, posizione a un certo punto talmente vasta che incise sulla realtà politica e oggi la diamo quasi per scontata, ma ai tempi in molti pagarono con la libertà personale il coraggio di sostenerla. Con conseguenze spesso peggiori di quelle che subirono Mohammed Alì e - per dire - Gianni Morandi. Si può dire che a un certo punto la quasi totalità della generazione dei "figli" disapprovava l'imperialismo dei padri. I quali spesso infatti rimproveravano loro di "sputare nel piatto in cui mangiavano", perché il tempo e il modo di studiare e leggere libri, a cui dovevano anche solo la possibilità di maturare un'opinione diversa, era frutto proprio ed esattamente di quel surplus di risorse che solo l'imperialismo poteva consentire di mantenere. Certo è che il capitalismo (e non serve postulare nessun "grande vecchio", bastano le forze sistemiche) non poteva permettere che quell'andazzo continuasse .
La mia generazione, infatti, fu l'ultima a beneficiare dei rivoli del libertarismo della precedente, e la prima su cui fu sperimentato il cosiddetto "riflusso", poi attuato con tanto di etichetta a partire da quella immediatamente successiva. I ragazzi degli anni 80 non vestivano più "a caso" come noi (io con un paio di jeans ci facevo tutto l'anno, per dire - e si: erano "belli" anche sporchi e laceri - e con un eskimo tutto il liceo e oltre) ma "casual": renderli "target" di "marketing" fu il primo passo. Ma i Fiorucci e i Monclair erano ancora niente: arrivò l'era della TV commerciale, cui la RAI fu "sistemicamente" costretta a uniformarsi o soccombere, poi quella dei reality e dei talent, poi quella degli smartphone e dei social. Dove se esprimi un pensiero in più di tre righe sei irrilevante. Ieri, potevamo pure pensare che in fondo stavamo invecchiando, e fin da quando esiste la scrittura si trovano esempi di anziani che stigmatizzano i giovani (o tempora o mores!), quindi tacere per non tradire la nostra in fondo invidia perché il futuro era loro e non nostro. Oggi, risulta lampante che tutto quel processo non era che preparatorio di quello che stiamo vivendo adesso. Risultato: non c'è una voce (e se c'è io non l'ho sentita, e io sono uno che ancora va in giro col lanternino ad esempio a cercare sul web nuove proposte musicali) che esprima una critica alla gestione della pandemia o all'espansionismo USA e UE verso est, insomma una voce dissonante, specialmente tra i giovani. E anche tra i meno giovani, perché tutto il processo sopradescritto, che potremmo etichettare per comodità di "rincoglionimento estensivo e progressivo", ha riguardato quasi tutti, fino ad includere la mia generazione e oltre. Insomma vedrete molti cinquanta/sessantenni entusiasti, quando si tratterà di passare dal QRcode sul cellulare al chip sottopelle, mentre ai ragazzi sembrerà addirittura del tutto naturale.
Insomma, è un coro. Fino a ieri di tamponi, zone colorate, statistiche a cazzo, vaccini magici che non immunizzano ma riducono i sintomi, andrà tutto bene, eccetera. Oggi di no alla guerra, Putin nazista, Russia fuori dalle Olimpiadi e da ogni altra competizione a squadre (ma presto anche individuale, a meno di abiura), io sto con l'Ucraina, eccetera. Pensieri semplici, naturalmente inadeguati a descrivere o anche solo lontanamente comprendere situazioni complesse. Ma al suddito 2.0 questo solo è consentito di nutrire ed esprimere. Tanto quelli ancora capaci di concepire pensieri complessi, o anche solo di leggere senza stufarsi quelli altrui, magari comprendendoli e divulgandoli, sono in via di estinzione. E non so nemmeno se, a riuscire ad "infettare" col morbo del pensiero un figlio, oggigiorno, alla fine gli fai un favore.
So, però, qual è l'unico rimedio a mia disposizione, e che consiglio a chiunque altro: tenersi alla larga, ma proprio con scrupolo, da ogni tipo di informazione mainstream, sia televisiva che via social. Deposta anche ogni minima finzione di pluralismo, è oramai, tutta, equivalente ai cinecomunicati dell'Istituto LUCE, a sentire i quali la guerra la stavamo sempre li li per vincere. Qualcuno diceva che in guerra la prima vittima è la verità: di certo tutto quello che vi raccontano è falso, o deformato per piegare la realtà alle tesi preconfezionate cui dovete credere, a cui dovete obbedire, per cui dovete combattere. Vi ricorda qualcosa, compagni? Mettetevi un'altra maglietta gialla e blu, poi guardatevi allo specchio: ecco che fine ha fatto il vostro antifascismo, a difendere il diritto dei nipotini dei nazisti a entrare nella Nato anche se sono alla frontiera russa e nel loro territorio ci sono aree storicamente russe, a costo di non potervi più permettere tra poco né di spostarvi in auto né di scaldare casa. Vi raccomando, seguite i link e leggete gli articoli a cui puntano, e se ai vostri amici di sinistra non basta, fategli leggere anche questo da un sito proprio marxista.
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