sabato 26 marzo 2022

RADIOCIXD 54 - ALBUM CONCERTO

Gli album dal vivo ormai da tempo "suonano" almeno come quelli in studio, tanto importanti sono diventati nell'era dei singoli e delle raccolte (o se preferite delle playlist) a cui li accomuna l'offerta di un "pacco" di brani noti quindi attraenti e da cui li distingue il "vestito nuovo" degli arrangiamenti. Ma nell'era dei computer la cosa è quasi scontata, la fase di ritocco informatico in postproduzione essendo oramai preponderante rispetto all'esecuzione materiale, sul palco o in studio che sia.

Negli anni 70 invece ancora un live era la registrazione dal vivo durante uno o più concerti, più o meno come veniva veniva, risultando da un lato immediatamente avvertibile la minore qualità del suono, e dall'altro quasi palpabile la sensazione di autenticità e unicità. In questo album famosissimo e iconico, infatti, Guccini e i Nomadi sono degli amici che si ritrovano assieme a suonare sul palco, e si sente. Anzi, si vede pure fu registrato anche il video delle stesse esecuzioni, solo senza i (fantastici) parlati e con la scaletta diversa, e si trova ancora facilmente sul web, tanto che ve lo ripropongo in coda al posto dei singoli tube.

Narra la leggenda, infatti, che il giovane Francesco non si iscrisse subito alla SIAE, per cui i suoi primi brani se li intestarono amici della futura Equipe84 (band che per prima inciderà Auschwitz) o dei Nomadi (che poi, chissà forse anche per risarcirlo, quando lui finalmente si registrò come autore incisero un paio di album di canzoni sue, ben prima di questo qui). Il disco di cui parliamo oggi, quindi, non è solo archeologico per noi adesso, lo era anche per quelli che ci suonarono ai tempi, essendo una ventina d'anni che si "praticavano". E si sente.

Lo spirito con cui va riascoltato è dunque quello con cui ci si accosta da dietro a un divano in cui siedono alcuni vecchi amici che sfogliano delle loro vecchie foto, sfottendosi a vicenda per non commuoversi: curiosità divertita, commozione, e comunque ammirazione per quello che sti vecchi rimbambiti erano capaci di fare da giovani.

Le canzoni, infatti, quasi tutte meritatamente arcinote, sono così belle e mature che ci si scorda (o se non lo si sapeva non ci si crede) che a suo tempo le scrisse un ragazzo di vent'anni. Per cui come al solito vi snocciolo la tracklist commentata, si, ma pigliatevi il tempo di guardare e ascoltare il video in fondo, che supera la mezz'ora di poco.

  1. Canzone per un'amica -  La motorizzazione di massa era al di là dal venire, e già il ragazzo ci cantò quasi in soggettiva un tragico incidente autostradale (il primo titolo del brano, per fortuna presto cambiato, fu "In morte di S.F."). A chi non la conoscesse se ne sconsiglia l'ascolto guidando, o perlomeno si avvisa di approcciarla pronti a reprimere l'istintivo moto di entrambe le mani verso i maroni, non fosse altro onde evitare di diventare - avendo lasciato il volante - materiale buono per una riedizione aggiornata (che poi chissà chi la scrive, e voi nemmeno la ascoltereste). In questo commento ho adottato appositamente uno stile gucciniano (quello che lui ha sempre usato nelle lunghe affabulazioni dal vivo tra un brano e l'altro, col bicchiere di vino in mano), anche perché la canzone gli è così cara da averci sempre invariabilmente aperto tutti i concerti (che sempre e invariabilmente poi chiudeva con La locomotiva).
  2. Atomica - Anche questo brano ebbe un suo primo titolo, con l'attributo "cinese" che poi cadde, a generalizzare il discorso, estendendolo di validità. Di quanto, purtroppo, basta guardare qualsiasi telegiornale per toccarlo con mano. Ai tempi, Guccini dichiaratamente sperava che questo ed altri brani su guerra e dintorni fossero già diventati obsoleti, chissà cosa pensa oggi che sono attuali ancora cinquant'anni dopo.
  3. Noi non ci saremo - E' talmente "da Nomadi" questa canzone, che sentirla con l'inconfondibile contributo vocale del compianto Augusto Daolio (purtroppo pertanto impossibile da rimpiazzare, come dovettero constatare Carletti e soci tra un tentativo e l'altro: la tecnica è una cosa, la personalità un'altra) è impagabile. Segnalo però (e perciò) un'altra versione notevole di questo brano, dovuta a un altro artista dalla personalità marcatissima: Giovanni Lindo Ferretti coi CSI.
  4. Per fare un uomo - Anche qui Daolio ci mette del suo. Citazione da poster: "E cade la pioggia e cambia ogni cosa, la morte e la vita non cambiano mai; l'inverno è tornato, l'estate è finita, la morte e la vita rimangono uguali".
  5. Primavera di Praga - Altro brano purtroppo condannato a ritrovare sempre in qualche modo attualità. Dietro l'angolo, però, c'è sempre il rischio di fermarsi al parallelo più semplice e intuitivo. Per evitarlo, ricordo che quei ragazzi "comunisti" cui Guccini scrivendo questo pezzo in pratica diede voce stigmatizzando i carri armati sovietici per le vie di Praga (in occidente li vedremo solo a Reggio Calabria due anni dopo, come faccio raccontare a uno dei protagonisti del mio Sushi marina...) erano i fratelli minori di quelli (tra cui il futuro bipresidente Napolitano) che plaudivano ai carri armati sovietici per le vie di Budapest. Oltre che i nonni di quelli che oggi accettano supini l'associazione di idee comunisti-Putin dimenticando quella nazisti-Zelensky.
  6. Dio è morto - Ho un vago ricordo da bambino di una Hit parade radiofonica in cui veniva citato questo brano ma poi non veniva mandato, ma forse è la classica ricostruzione postuma a partire dalla storia - vera! - di questa canzone: censurata dalla RAI (forse senza nemmeno sentirla fino alla fine, evidentemente) e invece passata da Radio Vaticana col beneplacito di Paolo VI in persona, cui pare piacesse parecchio.
  7. Canzone del bambino nel vento (Auschwitz) - Anche per questo brano valgono due cose già dette per altri: è purtroppo sempre attuale, e purtroppo spesso in modo travisato. Ci sono infatti due modi di ricordare questi eventi, con o senza riferimento alla "giornata della memoria": quello sbagliato, e purtroppo molto più diffuso, è cristallizzare gli ebrei nella parte dei buoni e i nazisti in quella dei cattivi (curiosamente, però, facendo salvi i tedeschi anche quando attuano mire imperialistiche attraverso la loro UE e i nazisti persino sedicenti tali quando fanno comodo alle stesse mire come quelli ucraini), quello giusto è ricordare che sempre tutti corriamo il rischio di rientrare tra i gassati come tra i gassatori, tra quelli che passano per il camino come tra quelli che attizzano il fuoco. Come dimostra persino la storia e la cronaca dello Stato di Israele.
  8. Noi - Ovvero, quando una generazione possedeva e coltivava una sua identità, e pensava fosse suo diritto e dovere usarla per cambiare le cose. Dopo, "il sistema", forse avendo imparato la lezione, ha scientemente sistemato le cose in modo che questo fenomeno sociale non si ripetesse mai più, sennò col cavolo che chiudevano in casa o costringevano alla rovina economica, poi a vaccinarsi e a munirsi di patentino verde, dei ragazzi che avevano lo zero virgola zero qualcosa di probabilità di avere danni seri da un presunto virus letale.
  9. Statale 17 - Nel pistolotto introduttivo (mannaggia, speriamo che nel video ci sia...) tra le risate si apprende il retroscena dell'amicizia cui si deve tutto l'album: anni di divertimento "povero ma bello" ambientati lungo una via Emilia che sembra la Route66 (infatti "tra la via Emilia e il west" si chiamerà il live successivo), tra millecento che si vorrebbero Pontiac e personaggi dai nomi che gli tarpano destini alla Kerouac e alla James Dean. Comunisti che sognavano l'America, scrivendo testi politici su ballate dylaniane o talkin' blues. Che tenerezza, boia d'un mond lader!

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