venerdì 29 agosto 2025

IL SANTO

Tra le decine di messaggi di auguri che ho ricevuto per il mio compleanno, su faccialibro molti da sconosciuti, moltissimi da gente che non sento da anni e che si fa viva solo in queste occasioni in cui peraltro è il social network stesso che glielo ricorda, e alcuni da amici e parenti tra cui quelli che ci tenevano mi hanno contattato anche diversamente, il più strano è quello della mia banca, che mi ha mandato una mail con il podcast che vi linko, per cui oltre che il più strano è stato anche il più utile. Spero anche a voi: ascoltatelo, perché è interessante. Tanto che mi ha innescato una serie di ricordi, quindi questo post.

Una delle cose che svela o ricorda Barbero nel podcast, infatti, la riconosco nella mia memoria. Quando ero piccolo io, quindi qualcosa più di 50 anni fa, era da poco che al Sud si era cominciato a festeggiare i compleanni, ma solo dei bambini e coi nonni che erano contenti di avere un'altra occasione per regalare qualcosina ai nipotini ma intanto guardavano perplessi a questa "nuova usanza". Mio nonno, infatti, ci teneva a festeggiare l'onomastico, si, che poi in famiglia era una ricorrenza generale visto che in tre nipoti maschi siamo tutti Luigi come lui e poi il caso ci ha messo il suo aggiungendo mia mamma Luisa, ma il compleanno non gliene fregava niente e anzi a stento sapeva quando era, ammesso che la registrazione all'anagrafe fosse stata effettuata il giorno effettivo della nascita (per mia nonna sapevamo tutti che c'era uno sfrido di giorni, e la cosa era la regola non l'eccezione, figurarsi nei secoli precedenti quando non c'era l'anagrafe e il massimo erano i registri della parrocchia).

Sono certo che in molti vi siete riconosciuti nel primo capoverso, sia in quanto riceventi che in quanto emittenti di auguri social, e se meridionali anche nel secondo, specie se di una certa età come il sottoscritto. Che oggi ha compiuto sessantadue anni, ma mia nonna mi avrebbe detto "trasisti nte sissantatri", sei entrato nei sessantatre, ovvero stai vivendo da oggi il tuo sessantatreesimo anno d'età, che poi sarebbe il modo corretto per contare gli anni, se proprio dobbiamo fare questa cosa che alla fin fine è un pessimo affare.

sabato 23 agosto 2025

ANOTHER BRIC IN THE WORLD

Non mi dite che ci sono cose reali, altre realizzabili e altre ancora soltanto da libro dei sogni. E non lasciatevelo dire, specialmente se siete giovani. La Storia, infatti, non procede di moto uniforme e nemmeno regolare, ma a strappi quasi sempre imprevedibili: non lo capiamo, perché la guardiamo a posteriori, e immersi in una ideologia (sempre: da sempre la Storia la scrivono i vincitori) dedicata a rappresentare ciò che è accaduto come inevitabile e consequenziale successione di eventi. Vale per la vita sul pianeta (dal punto di vista probabilistico una botta di culo pazzesca, eppure gli umani non possono fare a meno di vederci il disegno di un dio) figurarsi per i rigagnoli di quel fiume che chiamiamo eventi storici.

Prendete l'Unione Europea: chi poteva prevedere nel 1944 che nemmeno sette anni dopo sarebbe nata la sua prima incarnazione (la CECA)? Il nazifascismo aveva appena iniziato a perdere la guerra che fino a un paio di anni prima sembrava destinato a stravincere (e se lo avesse fatto, tutta la narrazione che diamo per scontata non esisterebbe, e ne daremmo per scontata un'altra di segno opposto: coi terroristi filoamericani e filosovietici al posto dei partigiani, le plutocrazie a matrice ebraica sconfitte al posto delle democrazie liberali e liberatrici, ben altri Padri della Patria, eccetera), giusto alcuni privilegiati prigionieri politici confinati in un piccolo paradiso potevano immaginare e scrivere il Manifesto di Ventotene, che se fosse andata al contrario sarebbe stato un libercolo dimenticato e invece oggi è universalmente considerato la prima pietra della costruzione europeista (luogo comune rappresentato benissimo in quanto tale da Virzì nel sequel di Ferie d'agosto), e infatti addirittura lo è anche nel senso deteriore, dal momento che anticipa anche quelle infauste cessioni di sovranità che rappresentano il lato oscuro e antidemocratico della UE.

Oggi, chi sostiene che sia ampiamente dimostrato che la parabola politica della UE sia conclusa, viene immediatamente rintuzzato da chi invece è convinto che la sua curva sia una iperbole (sono tutti così, i "fedeli": pensano al loro credo come alla "fine della Storia" riscrivendo quest'ultima come tutta una premessa all'Inevitabile e Definitivo da quel credo rappresentato) come reietto, antistorico, disfattista. Se ci pensate, è esattamente come veniva descritto chi pensava che la parabola politica del fascismo fosse breve e magari lo dava in qualche modo a vedere (memorabile, ed efficace più di mille trattati, la scena di Troisi che cerca di piazzare le sue lozioni contro il dolore e la perdita di capelli...). Ebbene, era breve: vent'anni. Quella di Hitler durò ancora meno. Il socialismo reale, una settantina. La "prima repubblica", meno di cinquant'anni dalla Costituente a tangentopoli. Il grillismo, una decina in tutto dalle promesse di rivoluzione antiEuro all'abbraccio di Ursula a Gigino, calata di braghe pandemica compresa. Persino della mafia, che pure è talmente elastica da riuscire a reincarnarsi sotto qualunque regime (da quello latifondista borbonico ai piemontesi del Gattopardo, dalla dormienza sotto il Prefetto di ferro fascista alla decisiva collaborazione con gli Alleati, dall'andreottismo al berlusconismo passando per la stagione delle stragi e della Trattativa), si può dire come diceva Falcone che essendo un fatto umano ha sicuramente una fine. Perché non si può dire lo stesso dell'Unione Europea? Perché non si può immaginare che nei libri di Storia del futuro ci sia a mo' di lapide il trattato di Roma come nascita e un altro evento settant'anni dopo come morte?

Si perché qui non si tratta di Italexit o meno (cogli araldi del Potere, tra cui i più temibili sono quelli inconsapevoli di esserlo, che già si esercitano con la Brexit a descrivere come disastri i normali problemi intanto dimenticando i benefici), si tratta di distruggerla, l'Unione.

Nata in un contesto in cui l'Europa veniva da secoli di guerre le ultime delle quali immani ed estese a tutto il mondo, anche perché figlie di quel colonialismo che è (anche se molti se la raccontano diversamente) il padre della globalizzazione, l'Unione nelle sue varie incarnazioni deve il suo successo intanto alla promessa iniziale di fare da disinnesco alle ragioni economiche profonde dei conflitti tra gli Stati, poi alla promessa (che lo stesso Prodi ebbe a dichiarare illusoria, in un pentimento tardivo e di facciata) di fare da argine alla globalizzazione consentendo di fare massa critica in grado di difendere il modello di sviluppo europeo (in cui vanno compresi il welfare e i diritti economici, sociali e civili ad esso connessi). Ma già la sua espansione ad est mostrò che la guida era ultraliberista, preoccupandosi dell'unificazione dei mercati di merci e capitali noncurante del fatto che ricardianamente sarebbe conseguita anche quella del mercato del lavoro, con delocalizzazioni (a partire dalla 126 polacca) ed immigrazione interna al continente a fare da volano all'inevitabile livellamento salariale. Molti allora (tra cui, lo ammetto, il sottoscritto) hanno creduto che fosse un prezzo da pagare alla possibilità invece di proteggersi da unificazioni di mercato ben più devastanti, ma è sotto gli occhi di tutti (a Roma basta entrare in un bar, o cercare casa in certi quartieri) che fosse una pia illusione, e innescata da una colossale menzogna. La vera missione della UE è infatti togliere gradatamente ai suoi cittadini quei privilegi che si è dovuto accettare di concedergli come risarcimento ai disastri bellici, perché nell'ottica del capitalismo globale è inaccettabile che permangano, ma non è possibile levarli dall'oggi al domani, bisogna aspettare che muoiano quelli che li detengono e nel frattempo impedire che la democrazia nei singoli Stati costituisca un ostacolo portando al potere partiti o movimenti che intendano opporsi alle politiche economiche decise dalla UE, anzi al di sopra della UE stessa. Solo un artista visionario come De André ebbe la capacità di vedere e il coraggio di esprimere sotto metafora cosa stava succedendo, nel verso de La domenica delle salme che recita: "la scimmia del quarto Reich ballava la polka sopra il muro e noi che eravamo sotto le abbiamo visto tutti il culo", a crollo di Berlino fresco fresco, citando poi quella nuova piramide di Cheope che è il paradigma del Ponte sullo Stretto.

Anche a chi è convinto, o accettando il confronto fattuale si convince, della correttezza di questa analisi, il cosiddetto "vincolo esterno" appare spesso comunque ancora un male necessario, soprattutto vista la radicazione di malcostumi autolesionisti nell'animo italico, che avendo origine in secoli di dominazioni esterne non sono azzerabili con qualche decennio di virtù sempre eteroimposta. A questi, a voi se siete tra questi, è difficile opporre convintamente che ce la possiamo fare da soli, che avevano ragione Mattei e Pasolini, e quando ci ho provato a parole ho dovuto arrendermi. Come a quel webinar cui fui invitato a inizio pandemia in cui, quando citai l'esperienza svedese che intendeva risolvere la faccenda con dissuasioni e convincimenti piuttosto che con divieti e obblighi antidemocratici, mi venne risposto che "purtroppo gli italiani non sono svedesi" (sic!). 

Ma oggi mi imbatto in questo post de L'Antidiplomatico, che mi suggerisce una soluzione: pensiamo di aver ancora bisogno di un vincolo esterno? cambiamo vincolo esterno! Ce n'è uno molto più giovane della UE, che offre rispetto alla stessa tutta una serie di vantaggi:

  • è molto più grande, quindi come massa critica molto maggiore;
  • molti dei suoi Paesi sono destinati a dominare l'economia mondiale prossima ventura;
  • alcuni di essi sarebbero quelli da cui l'UE diceva di volerci difendere, mentendo o comunque fallendo;
  • a differenza della UE, non contempla istituzioni sovranazionali in grado di imporre agli Stati membri di disattendere più o meno completamente il mandato elettorale democraticamente affidato ai rispettivi governi, al punto di consentire, senza particolari problemi, a qualsiasi stato membro di uscire, come ad esempio (per sua disgrazia, ma questa è solo un'opinione) all'Argentina;
  • include lo Stato europeo più ricco di materie prime e risorse naturali, che è meglio avere come alleato che come nemico (in una guerra raccontata quotidianamente con selve di bugie, a cominciare dalla data di inizio che è in realtà quella dell'inizio di una reazione a una offensiva occidentale partita anni prima).

Della serie: meglio essere un altro mattone di un muro nuovo solido e in crescita, che una pietra fondativa di un cumulo di macerie. Come dite? si tratta di una posizione diciamo così largamente minoritaria, senza alcuna speranza? Eh, ma - dicevamo - la Storia non procede di moto uniforme e nemmeno regolare, ma a strappi quasi sempre imprevedibili...

domenica 17 agosto 2025

CIAO PIPPO

Avrete le scatole piene di coccodrilli su Baudo, da ieri sera, con tanto di interviste su interviste (questa di Heather Parisi degna di grande attenzione) ai tanti VIP che lo conoscevano, molti dei quali vantando, non si sa quanto sinceramente ma è matematicamente impossibile che sia vero per tutti, una stretta amicizia col dipartito, e molti dei quali ipocritamente dichiarando una sorpresa impossibile per un uomo di quasi novant'anni da qualche tempo peraltro assente dalle scene. Non avendo nemmeno un episodio con un qualche riflesso sul mio privato, non posso aggiungerne uno mio come talvolta ho fatto con altri personaggi famosi venuti a miglior vita.

Riflessi no ma riflessioni si, però, perché il presentatore, che ci teneva a questa etichetta anche se nel suo caso era più che mai riduttiva, ha accompagnato tutta la mia esistenza, fin da bambino, come quella di chiunque abbia una certa età, al punto da percepirlo come superato fin dall'adolescenza. Era insomma assurto allo status di Entità: sapevi che c'era, in qualche modo era un parametro, e come tale ha permesso di scartare mentalmente tanti che hanno provato senza successo a emularlo o addirittura superarlo nel mestiere, della serie "se questa è la novità, aridatece pippobbaudo!".

Insomma, avrebbe meritato interesse da un qualche studioso, come fu per Bongiorno, e chissà se non ci sia da qualche parte un qualche saggio che renda giustizia al suo "sottrarsi" come metodo per far risaltare ospiti e scoperte. Alla generazione di mia figlia, che non l'ha mai visto in azione e non può capire, farebbe bene leggerlo, se mai leggesse qualcosa.

Il saluto del titolo glielo faccio fare da uno (Lucio Dalla) a cui il coccodrillo personale a suo tempo lo feci, che a un certo punto nel finale di una canzone quel saluto lo fa, e chissà se quel Pippo era proprio Baudo o meno. Tra l'altro, è uno dei pezzi contro la guerra più efficaci mai usciti, quindi è di estrema attualità.

domenica 10 agosto 2025

HIC SALTA

Il modo di dire, che forse se lo ricorda solo chi ha l'età mia e ha fatto le scuole in un certo modo, eoni prima delle nefaste prove Invalsi, è tratto da una favola di Esopo in cui un atleta sborone sosteneva di essere stato capace di saltare da una gamba all'altra del Colosso erto all'ingresso del porto di Rodi, ma gli veniva risposto "hic Rhodus hic salta", qui è Rodi qui salta, ovvero dimostra adesso coi fatti quello che dici di valere.

Mi è venuto in mente, anche se non c'entrava nulla, mentre saltavo dalla barca nella finta baia di San Giorgio, ma questa ve la spiego dopo. Gli è che mi concedo, una delle rare volte, un post leggero, la condivisione di un paio di riflessioni di viaggio, prima di riprendere con i miei post di argomento serio e tono incacchiato. Rodi, chi ci era stato venti o anche dieci anni fa me l'ha raccontata come bellissima, per cui attribuisco le mie impressioni a una deriva recente. E sono:

  • un posto pieno zeppo di turisti quasi tutti italiani e di locali tutti uguali per fare mangiare quasi sempre le stesse cose o bere idem o noleggiare auto o moto o farsi mangiare la pelle morta dei piedi da pesciolini o stonarsi di musica assordante e di alcol magari davanti a una nuda che balla - l'ho scritto senza punteggiatura perché rende meglio l'idea non perché mi atteggio a Saramago;
  • un posto dove tutto quanto sopra costa come in Italia (e mica so fessi, questi che ti dicono una faccia una razza mentre ti abbracciano, campano di questo e i fessi siamo noi);
  • un posto dove se possono ti danno la sòla, come diciamo a Roma, e qui veniamo alla spiegazione promessa qualche riga indietro.

Un'escursione in una settimana ce la vogliamo permettere? e permettiamocela! La migliore: verso la coloratissima isola di Simi, ultimo avamposto dell'Unione Europea così vicina alla costa turca che l'operatore telefonico ti fa pagare il roaming. Ma come scegliere tra decine di offerte in ogni angolo di strada e spiaggia? Barca lenta veloce o velocissima, con sosta e bagno nella impareggiabile baia di St. George raggiungibile solo via mare o senza, con passaggio davanti al monastero di nonmiricordochi dall'altra parte dell'isola o senza, con due o tre ore di sosta nell'abitato principale? Dei venditori prescelti, una coppia, il marito aveva provato a dirci, in un italiano incomprensibile, che in quella baia le barche grandi non possono entrarci quindi tanto valeva scegliere una combinazione che non prevedeva il tuffo, ma la moglie, in un italiano perfetto, con un gesto che dava ad intendere non ascoltate quel poveretto qua la baracca la porto avanti io, ci ha venduto il tour completo. Quando abbiamo realizzato che quel mucchio di sassi lungo venti metri dove avevano attraccato era solo adiacente alla bellissima baia promessa, che da li peraltro manco si vedeva, eravamo tutti già in acqua a sbollire la rabbia assieme al calore accumulato nella traversata. Io, pensando, più che al cavaliere Antonio Trevi che vendeva a un turista americano la fontana di famiglia, alla settimana bianca organizzata fuori stagione dal fido Filini per l'ufficio sinistri al completo. Vadi lei, Fantocci!

Ah, e a parte un paio di calette deliziose e una spiaggia che appare solo in bassa marea a separare la parte con le onde a quella col solo vento peraltro fortissimo e quindi piena zeppa di vari tipi di surfisti, niente che sia all'altezza delle coste sicule sarde o della jonica reggina. Della serie "n'atra vota, statti aa casa!".

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