lunedì 18 novembre 2024

IL MAESTRO E' NELL'ANIMA

Chi ha la mia età, e forse anche qualche anno in meno, non riesce proprio a chiamare "Nitto ATP finals" quel torneo di fine anno che finché campa resterà il Masters, il torneo dei maestri, quello che alla fine decreta chi è il Maestro dei Maestri dell'anno solare. La circostanza che lo abbia vinto per la prima volta un italiano costituisce inoltre un evento di quelli della serie "pensavo di morire prima", perché gli ultimi decenni per un appassionato di tennis che dopo l'ultimo romano ha tifato uno svedese, un americano, un altro svedese (altri un tedesco), un altro americano, un croato, uno svizzero (altri uno spagnolo) e un serbo non lasciavano non dico immaginare, ma proprio sognare nel sogno più sfrenato, che sarebbe arrivato uno dei nostri, va beh più o meno, ad alzare (a coronamento di una stagione monstre) quel trofeo.

E invece.

Ora, niente di più facile che i giudici lo fermino per qualche mese, anche solo per farsi belli. Ma questo intanto ha accumulato tanto vantaggio in termini di punti che manterrebbe il primo posto anche se non giocasse l'Australian Open, e le posizioni di vertice potrebbe perderle solo se hanno il coraggio di un'interpretazione estremamente restrittiva e severa delle regole fermandolo per un anno intero. Ma per la loro immagine sarebbe controproducente peggio che l'assoluzione piena, ecco perché si inventeranno qualcosa a mezza botta.

Se fosse, il tipo è capace di approfittarne per riposarsi, aggiungere bagaglio tecnico, e ritornare più imbattibile di prima. Ma speriamo di no. Perché il ragazzo ha già pagato fin troppo un errore altrui che non avrebbe avuto modo di evitare, anche per il tipo di ragazzo che è: uno che addirittura attira parodie (viste un paio in TV esilaranti...) per la sua insistita umiltà. Senza peraltro dare adito al minimo sospetto che essa sia in qualche modo una posa affettata. Ecco perché gli dedico una delle mie canzoni preferite, che dà il titolo al post: perché uno così, maestro, lo è dentro prima che fuori, anzi possiamo dire che lo è diventato perché già lo era, nell'anima.

sabato 9 novembre 2024

LA NOTTE DEI LUNGHI CRISTALLI

Della serie "corti circuiti mentali significativi", l'espressione con cui intitolo questo post l'ho appena sentita al TG: il giornalista doveva parlare degli incidenti di Amsterdam in cui sono stati feriti alcuni tifosi israeliani, Netanyahu come al solito ha sciacallato esagerando un paragone con la notte dei cristalli, e a lui gli è risuonata in testa la notte dei lunghi coltelli (una resa dei conti tra nazisti in cui gli ebrei non c'entrano niente), e gli è uscita di bocca "la notte dei lunghi cristalli", che non vuol dire niente ma magari a lui è sembrato che i cristalli lunghi gli consentivano una maggiore enfasi di quelli corti. La cosa potrebbe essere rubricata come un banale lapsus, se non fosse un buon esempio invece di come funziona l'informazione oggi: veline, veline di veline, e uno dei pochi privilegiati che ancora prendono uno stipendio per fare il giornalista che le legge interpretandole con zelo tale che qualche volta gli scappa l'eccesso.

La sintassi però è sempre quella, anche quando gli errori marchiani non la scoprono. Lo abbiamo visto lungo tutta la campagna elettorale americana, conclusasi in questi giorni con l'inattesa (almeno da me, che commentando la candidatura della Harris ho previsto che una donna mezza immigrata e mezza nera poteva raccogliere una marea di consensi grazie alla propaganda modaiola e rimontare il disastro che stava apparecchiando Biden) e nettissima vittoria di Trump: per i nostri media, la democrazia è quella cosa in cui vincono i "nostri", se vincono gli altri è in quanto populisti, autocrati, o imbroglioni (rispettivamente ad esempio il primo Grillo, Putin e Maduro). Stessa cosa per gli atti di ostilità bellica: se li fanno gli altri sono guerre o attacchi terroristici, se li fanno i "nostri" sono azioni di legittima rappresaglia a difesa della democrazia e della libertà. E potremmo allungare la lista degli esempi con la pandemia, il cambiamento climatico, eccetera eccetera.

Tutte queste questioni non le ho citate a caso. Pur ritenendomi di sinistra-sinistra (tanto da aver sempre visto con diffidenza, dichiarata, ogni deriva verso il centro-sinistra, creazione del PD in primis), sono infatti decisamente contento che abbia vinto Trump. Intanto, è sempre meglio un "nemico" dichiarato che un falso amico, e gli schieramenti progressisti di tutto il mondo, con quello italiano a portare la bandiera sindacati in testa, sono decenni che fanno gli interessi "del padrone" fingendo di fare quelli del popolo. Un miliardario che vuole tagliare le tasse ai ricchi lo puoi combattere, quelli che fanno il gioco dei ricchi impoverendoti (mentre ti allisciano il pelo con diritti civili inutili se non si hanno quelli economici fondamentali) no. Ma c'è di più. Il mondo è ancora una volta a un passo dal baratro, e ce lo hanno portato esattamente gli azionisti di riferimento dei partiti sedicenti progressisti, democratici americani in testa. Ci sono loro dietro le primavere arabe, il colpo di Stato in Ucraina che dieci anni fa ha avviato le ostilità nel cortile russo, la leadership israeliana che si sente libera di perpetrare rappresaglie di proporzione più che nazista, il terrorismo climatico e quello pandemico, eccetera. Avergli tolto il giocattolo di mano, anche se chissà per quanto vista l'età del tycoon e l'aria che tira, dà qualche speranza in più al mondo.

Con qualche timore scaramantico, elenco le cose che potremmo vedere nei prossimi mesi grazie all'afflato democratico dei sudditi della periferia profonda dell'impero americano: pace in Ucraina, Israele che si dà una calmata, messa in pausa dei progetti di una nuova pandemia, abbandono dei folli progetti di cambiamento climatico (o come dicono loro del suo azzeramento) tramite misure empiriche che hanno l'unico sicuro effetto (e forse anche il loro vero obiettivo) nell'impoverimento collettivo. E forse anche un cambiamento di equilibri all'interno di quel progetto antidemocratico e antipopolare che chiamiamo Unione Europea, indotto dal cambiamento di linea dell'alleato più potente. Francamente, se si realizzasse anche solo la metà di questo scenario, poco mi importerebbe che sarebbe grazie a uno che mi sta antipatico e che ideologicamente costituisce un mio avversario politico. Che vi devo dire, sarà l'anzianitudine...

Intanto però un primo risultato lo abbiamo: le considerazioni chiamiamole così di speranza che ho appena elencato le ho già sentite qua e là anche in TV da qualcuno, come se stesse già serpeggiando il sentore che adesso finalmente si può di nuovo dare voce a narrazioni alternative da quella monocorde che impera da anni. Magari sentirò pure un giornalista al TG dire che paragonare una scaramuccia tra tifosi a un massacro di proporzioni storiche è una boutade indegna, e che i leader israeliani anziché raccattare qualsiasi cosa buona a giustificare i loro misfatti dovrebbero iniziare a chiedersi quanto dell'antisionismo (l'antisemitismo non c'entra niente, e pure i palestinesi sono semiti) crescente sia magari anche conseguenza della loro azione politica. No, dai, forse chiedo troppo....

venerdì 1 novembre 2024

VALENCIA INFELIX

Le immagini del disastro di Valencia le abbiamo viste tutti. Mentre scorrevano, inoltre, abbiamo tutti sentito i commenti dei cronisti, che quasi senza esclusione hanno intonato il coro del cambiamento climatico. Peggio, oramai il mantra viene recitato en-passant, col tono con cui si riportano le cose scontate, e quale che sia la portata dell'evento. Ad esempio, a proposito dell'Emilia pochi giorni fa, tutti i servizi intercalavano il racconto con l'inciso "ennesimo evento estremo causato dal cambiamento climatico" o simili. Tra un servizio e l'altro, a completare il terrorismo mediatico, l'intervista all'esperto meteorologo di turno, che recita lo stesso copione: temperature eccezionali per il periodo (l'estate di San Martino è un proverbio per caso), in otto ore le precipitazioni di un anno, crescita esponenziale degli episodi estremi, eccetera eccetera. La seconda parte del messaggio (devi comprarti l'auto elettrica e obbedire a tutti gli altri diktat, altrimenti sei complice del disastro che deriva dal cambiamento climatico a base antropica, l'uomo che aumentando la CO2 brutta e cattiva finirà per autodistruggersi) è sottintesa ma quando la tireranno fuori le cronache dalle alluvioni salteranno fuori come tante metonimie a darle il senso voluto.

Ci vuole una testa d'asino ben allenata per sfuggire a questa trappola, anche e specialmente quando la tragedia in cronaca ha davvero dimensioni tali da calamitarti davanti al teleschermo. Ma una voce dissonante ti scuote, qualcuno ha parlato di cementificazione, e allora te le ricordi, le immagini della nuova Valencia disegnata dalle archistar sullo sfondo del futuristico circuito motoristico sul mare. E vai a controllare. Salta fuori, ma solo perché la Rete nasconde ma difficilmente dimentica, un articolo del Manifesto del 2006 (quando ancora la sinistra-sinistra non si era allineata alla narrazione ufficiale). Si chiama Valencia infelix, incipit "una regione a cemento libero", leggetevelo. Poi magari leggetevi questo articolo dell'anno scorso in cui invece si elogiava lo stesso modello costruttivo perché "sostenibile", anzi esempio trainante di sostenibilità. Quindi fate due più due. Più altri due, aggiungendoci questo che ricorda l'alluvione del 1957, quando non c'era ancora il cambiamento climatico ma le alluvioni c'erano già, che fece forse ancora più morti di questa (il conteggio purtroppo è aperto) in una Valencia attraversata da un fiume che allora si decise di deviare per farlo scorrere 12 km lontano dalla città.

E la somma (aiutandosi leggendo quest'altro articolo) è: indovinate in quale zona si concentrano la maggior parte dei morti di oggi? Esatto, quella attorno al nuovo corso del fiume, dove una politica sciagurata, annullando gli effetti di uno degli ultimi afflati di una politica virtuosa, ha consentito e incentivato l'urbanizzazione "modernissima", con tanto di autostrada sulla riva (è quella che avete visto al TG). La conclusione logica sarebbe: non sappiamo davvero se ci sia un incremento statisticamente significativo degli eventi estremi dalle parti nostre, ma anche se ci fosse, non è sprecando risorse pubbliche e private per tentare di invertirlo (ammesso che sia possibile, anche se fosse davvero a causa antropica, senza un bel malthusiano suicidio collettivo, e poi bisogna vedere chi deciderà chi ne godrebbe i frutti, altro che "i nostri figli" come recita il sempre più insulso monitore dal Colle) che possiamo affrontarlo, ma investendo massicciamente per arrestare il degrado del territorio e dove serve azzerare gli effetti nefasti del suo stravolgimento degli ultimi decenni. E intanto, visto che ammesso che davvero gli eventi estremi stiano da noi aumentando restano ancora ben lontani di quelli a cui altre parti del mondo sono avvezze da sempre, adottare quei comportamenti. che ad esempio abbiamo visto in Florida pochi giorni fa, che allontanano dal pericolo per tempo le persone.

Ma questa conclusione, per quanto logica ci possa sembrare, con ogni probabilità non la vedremo mai attuata, nemmeno se eleggiamo un governo che promette credibilmente di attuarla. Chi decide davvero, infatti, non lo possiamo eleggere, e da un lato non consentirà mai investimenti in deficit sul territorio e dove altro serve (a noi: a loro e ai loro mandanti si) dall'altro ha tutto l'interesse a che - altro che metterci in salvo - veniamo travolti come topi mentre tentiamo di scappare quando ormai è troppo tardi e poi i TG a reti unificate mandino le immagini con sotto il commentatore che recita il mantra. La pandemia ha fatto scuola.

sabato 26 ottobre 2024

LO SPIRITO DELLE SCALE 2

Il cappello e la conclusione ve li andate a rileggere dal primo post della serie, se vi va. Qui, come promesso, continuo il mio elenco di situazioni in cui ha prevalso l'esprit d'escalier (quando, cioè la risposta giusta ti viene solo quando è troppo tardi per darla, perché hai chiuso la porta e stai già scendendo le scale...) alla prontezza di spirito, troppe, almeno nella mia vita:
  • quella volta che una macchina in coda mi lascia passare ma un motorino che come d'ordinanza si infila tra le auto in coda mi prende sul muso rompendomi una freccia, e la macchina non era mia, io avevo solo il foglio rosa, e non ho trovato di meglio che chiedere al motociclista di vedere la sua patente, senza peraltro nemmeno poi risarcire chi mi stava facendo esercitare con la sua macchina;
  • quella volta che ho rotto le scatole a tutti gli amici e conoscenti per fargli precomprare alcune copie del mio primo libro altrimenti non me lo pubblicavano, e in molti ne hanno ancora da qualche parte, anche tra coloro che non vedo e non sento da anni;
  • quella volta che il mio secondo e ultimo libro di narrativa, venti e rotti anni dopo pubblicato solo perché non mi hanno chiesto di precomprare niente, non avevo una copia da regalare a tutti quelli a cui avrei voluto e alla fine l'ho fatta pagare solo a chi avrei addirittura senz'altro dovuto;
  • quella volta che una mia ex mi fece citofonare da sua sorella che mi chiese di salire a casa per parlarmi, e aperta la porta mi piombarono in casa entrambe per andare a riprendersi le foto (spiegazione necessaria per voi giovani: erano gli anni 80, le foto erano solo stampate) della coppia, e io rimasi a bocca aperta e immobile, sopraffatto dallo stupore, finché non se ne andarono col maltolto, anziché cacciarle a calci dicendo di rivolgersi alla magistratura;
  • quella volta che per non mettermi una cravatta mi giocai la lode alla tesi di laurea (me lo dissero proprio), e almeno avessi avuto il coraggio di vestirmi straccione come mio solito, invece ero anche relativamente (e abbastanza ridicolmente) elegante;
  • quella volta che un amico lontano disse a me e a un altro amico vicino "venite a trovarmi" ma il mio amico vicino aveva una cosa da fare e non andammo, e chi ce lo doveva dire che non l'avremmo mai più rivisto....
Ve l'avevo detto, la maggior parte sono cavolate, i rimpianti e i rimorsi veri possono capitarci ma non sono maggioritari. Questo è un gioco, a cui rinnovo però, e perciò, l'invito a partecipare: me lo allungate, st'elenco?

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