martedì 26 febbraio 2013

QUALCOSA DI SINISTRA

Fassino nel 2009: "Se Grillo vuol far politica, fondi un partito,
si presenti alle elezioni, e vediamo quanti voti prende!
".
Quando si dice la lungimiranza....
La migliore metafora che ho sentito è di un mio amico calciofilo: Bersani si è comportato come quegli allenatori che a fine primo tempo vincono tre a zero e allora tolgono tutti gli attaccanti e danno ordine di buttare palla in tribuna e fare melina, poi sul tre a due mettono la punta di riserva ma col centrocampo lasciato agli avversari ciò allunga la squadra e peggiora le cose, cosicché se gli dice bene finisce tre a tre, sennò perdono. Ecco, al PD ieri è andata bene. Benissimo, visto che a un certo punto pareva certo che Berlusconi avesse la maggioranza relativa al senato e avesse messo la freccia per il sorpasso alla camera. In quel caso, la parola fine sul partito-Frankenstein sarebbe stata un esito obbligatorio, così è solo una delle strade che si aprono davanti al gruppo dirigente democratico: se cedono alla tentazione della grande coalizione, che quel demonio di Silvio ha già sventolato loro sotto gli occhi, tra sei mesi / un anno, quando si rivota, vengono entrambi spazzati via da un M5S che potrà puntare alla maggioranza assoluta. Ma un'altra strada c'è, anche se c'è da scommettere purtroppo che miopi come sono non la vedono: proporre a Grillo, non dico la Presidenza della Repubblica, un governo di scopo a durata prefissata, diciamo due anni, che attui quei 4 o 5 punti del programma del suo Movimento che sono o avrebbero dovuto essere anche nel programma del PD:
  • legge elettorale maggioritaria a due turni (è l'unica che ha i pregi del proporzionale assicurando la governabilità),
  • piano energia basato sulle rinnovabili la microproduzione e la distribuzione a network,
  • piano di piccole opere di risanamento e recupero del territorio (finanziato dalla rinuncia agli F35 alla TAV alla Expo 2015 e a tutte le altre grandi opere),
  • reddito di cittadinanza (finanziato dal venir meno di altri obsoleti ammortizzatori sociali),
  • sostituzione dell'IMU con una patrimoniale progressiva,
  • taglio vero dei costi della politica diretti (ad imitazione di quello autoimpostosi dai grillini) ed indiretti (accorpamento piccoli Comuni, Province solo sedi di Prefettura senza organi elettivi e bilanci),
  • legge sul conflitto d'interessi e legge sul riordino del sistema televisivo
  • ritiro da tutte le missioni cosiddette di pace ed utilizzo dei risparmi sulla Difesa per la scuola pubblica.
Insomma, un'offerta che Grillo non può rifiutare: ti attuo gran parte del tuo programma in cambio della rinuncia al referendum sull'Euro, che però sostituisco col farmi carico come Italia della leadership di tutta quella parte di Europa che ha interesse a chiedere un pesante cambio di rotta delle politiche monetarie dell'Unione e se non lo ottiene imporre un Euro2 svalutato del 30/50 per cento in parallelo all'Euro tedesco.
Questo spiraglio, questa scelta obbligata, è frutto di un risultato elettorale che posso vantarmi di essere stato tra i pochi a prevedere: sono mesi che vado scrivendo che il PD, a furia di dire che avrebbe governato con Monti  non solo se non avesse avuto una maggioranza sufficiente al Senato ma anche se l'avesse avuta, rischiava di non averla nemmeno con Monti. E sono anni che vado scrivendo che il PD è una scelta sbagliata a monte, frutto dell'idea che si vincano le elezioni cercando di rosicchiare voti al centro, infondata se non sei in un bipartitismo perfetto e voti a maggioritario uninominale puro. Oggi se ne accorge pure chi ha continuato a votarli ritenendo Grillo una pericolosa deriva antidemocratica, ieri eravamo in pochi a dire che se lasci le tematiche di sinistra incustodite sul marciapiede qualche passante che le raccoglie e le valorizza prima o poi arriva, e badate che Grillo non ha sfondato solo perché arginato da Berlusconi con le sue uscite sull'Imu e la Bce prestatrice di ultima istanza (due delle tematiche di sinistra di cui sopra). Per cui agli amici che ancora oggi dicono che votando Grillo abbiamo scippato la vittoria al PD, in attesa di un'analisi seria dei flussi elettorali (ma già da qui e da qui si può desumere che Grillo ha pescato da più parti, non bastasse la logica) rispondo che il primo partito alla camera è il M5S (con la prassi del vecchio proporzionale toccherebbe a Grillo il primo mandato esplorativo di governo, per dire...) e che semmai è il PD, rimettendo in gioco Berlusconi per avergli regalato il ruolo di ammazza-Monti, che ha prima perso una partita vinta e poi impedito il trionfo del Movimento. E ripeto, sono mesi che le dico, queste cose, non adesso a posteriori che sarebbe facile; anzi, quando ho iniziato ancora parlavo dall'interno del centrosinistra, sperando cambiasse rotta. Un po' come ha fatto Grillo stesso, che per anni, da quando presentò una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma elettorale rimasta colpevolmente ignorata per due legislature, da quando tentò di presentarsi alle primarie del PD venendo respinto brutalmente (da quelli che oggi pretendono di dargli lezioni di democrazia), tentò di portare le istanze del suo movimento nel centrosinistra prima di arrendersi e fondare un Movimento autonomo (portandolo da zero a primo partito in tre anni...).
Sentite cosa rispondeva Fassino ai tempi a chi gli chiedeva ragione dei consensi del comico genovese, sentite. E' questo il livello di intelligenza politica nel centrosinistra italiano, e questa clamorosa sconfitta è una meravigliosa occasione di rinnovamento generazionale profondo (profondo: Renzi compreso, se ne andasse con Monti appresso al suo giuslavorista di riferimento Ichino), specie ripeto specie perché in questa sconfitta c'è uno spiraglio. Giovani democratici, vi prego, costringete il vostro segretario e premier in pectore a imboccarlo, altrimenti anche a voi presto capiterà come a tanti altri adesso di percepire il voto al M5S come l'unica possibilità per chi pensi ancora sia necessario dire e fare qualcosa di sinistra.

venerdì 22 febbraio 2013

LO TSUNAMI ARRIVA A ROMA

Il mio indimenticato amico Beppe usava il soprannome "Tsunami" per quelle persone vulcaniche e irrefrenabili ma in fondo simpatiche, chissà se avrebbe votato il suo omonimo Grillo anche lui, adesso.
Oggi 22 febbraio 2013 Beppe Grillo riempirà piazza San Giovanni a Roma anche se piove, e senza il Concertone non lo fa nessuno da anni, altro che "scippo di una piazza storica della sinistra". Gli altri, tutti gli altri, chiuderanno la campagna elettorale chi in un piccolo teatro, chi a casa perché sta poco bene, chi in periferia. Chissà, forse si vergognano, forse non hanno più niente da dire, forse hanno acquisito la consapevolezza di avere comunque già perso. Come ultima risorsa, mandano le truppe cammellate dei giornali a scagliare, forse perché a libro paga forse anche no, contro Grillo e i grillini accuse prese da un ben preciso bouquet: Grillo è poco democratico, il suo programma è vago e inattuabile, il Movimento 5 Stelle toglie voti al centrosinistra e impedirà il tanto atteso trionfo degli eredi del PCI, e cose del genere. Come se fosse democratico votare per la terza volta con una legge elettorale tale che in pratica tutti (e al 90% senza neanche incertezza sui nomi) gli eletti sono nominati dalle segreterie nazionali dei partiti, come se gli altri schieramenti avessero programmi seri (la vicenda lettere di restituzione dell'IMU è paradigmatica) e precisi (avete capito qualcosa del programma del PD, chi l'ha letto, tranne il fiscal compact, cioè il pareggio di bilancio obbligatorio col vincolo di rientro entro il 60% del rapporto debito/PIL, cioè almeno un decennio di salassi a un paziente già anemico?), come se tutti gli studi di flussi elettorali non dimostrino che il M5S raccoglie la stragrande maggioranza dei consensi dall'astensionismo (leggi: gente stufa e schifata dalla politica) e molti più ex lega e PdL che ex PD. Chi perde tempo a fare le pulci al programma di Grillo non solo omette di considerare che questo esce discutibile ma intatto da un processo da cui tutti gli altri uscirebbero a brandelli, ma dimentica che la sovranità limitata a cui tutti allegramente, il PD in testa, ci hanno consegnato lascia ben poco ad un programma politico, e Grillo non solo si prende questo poco ma si allarga pure un bel po'. E soprattutto che il portato più importante del M5S è l'aspetto etico e di messa in discussione della politica come mestiere, come "svolta" dicono a Roma. Non cascateci: questo è il momento di stare con Grillo come nel 1992 era il momento di stare coi giudici di Mani Pulite, e se allora gli italiani hanno commesso il delitto di abbandonare i loro salvatori per rifugiarsi sotto i sogni zozzi del loro emulo fuorilegge per vocazione, stavolta non devono scordare quella lezione, stavolta dobbiamo restare con Grillo e il suo movimento per tutto il tempo necessario a che la rivoluzione civile (senza le maiuscole, Ingroia non c'entra, anche se forse potrebbe rientrarci) si compia.
Infatti, l'unica obiezione degna di considerazione l'ho letta su suggerimento di un amico, e riguarda la fragilità intrinseca dell'onestà. A lui rispondo che si, che ci ho pensato anch'io che potrebbe essere che i parlamentari del M5S una volta eletti si facciano "comprare" da altre formazioni dove non debbano lasciare parte dei loro compensi e tutti i rimborsi elettorali, e dove non devono ritirarsi dalla vita politica dopo dieci anni al massimo. Ma se ciò è possibile per gli sconosciuti eletti dai grillini, allora è certo, e abbiamo avute troppe prove di ciò, per i troppo noti eletti dagli altri. Per cui si, è vero che ci sono giovani onesti anche tra i militanti di Rivoluzione civile, PD e SEL, e sono moltissimi, ma è vero a maggior ragione che questi sono sicuramente presi in giro e strumentalizzati dai capi dei partiti in cui credono, mentre i grillini soltanto forse. Vedremo. Intanto, se gli altri partiti, anche fosse solo per imitazione o strumentalmente, cedono ad alcune delle parole d'ordine del M5S, come l'azzeramento dei rimborsi elettorali e il taglio delle retribuzioni ai politici (e il tetto massimo alle pensioni, magari), o come la limitazione a 2 mandati di ogni carriera politica, avremmo trasformato il Paese. E se il sogno è che il centro montiano non raccolga abbastanza senatori da costringere il PD, se vuole governare, a chiedere l'appoggio esterno a Grillo, che ha già detto che voterà sulle singoli questioni secondo il suo programma, e si tratta di un sogno tutt'altro che irrealizzabile secondo gli ultimi sondaggi, la realtà è che avremo tanti, non sappiamo esattamente quanti ma abbastanza da ritenere che non potranno essere comprati tutti, battitori liberi in Parlamento a raccontarci gli inciuci dal di dentro. Una rivoluzione, a cui se voti 5 stelle potrai dire ai tuoi nipotini di avere partecipato. Altro che voto utile.
Per chi ancora non è convinto, e per chi ha bisogno di argomenti a suffragio della sua convinzione, ecco alcuni approfondimenti di altri blogger di varia estrazione che hanno sostenuto e sostengono il M5S in questa campagna elettorale, e ci spiegano perché:
  • il comandante Nebbia, che ci spiega anche perché Grillo non è andato in TV e ha fatto benissimo;
  • Lameduck 1, ovvero perché Grillo è i Tartari e gli altri sono come i militari asserragliati nella fortezza Bastiani, e 2, ovvero perché bisogna votarlo e comunque non votare scheda bianca semmai nulla;
  • Mazzucco, ovvero come e perché Grillo si è trasformato diventando credibile;
  • Barnard, che non sostiene apertamente Grillo (ma solo per dispetto personale, secondo me) ma ci spiega mirabilmente quale futuro ci attende se votiamo chiunque altro o non votiamo (come sembra suggerire un Odifreddi che perde sempre più colpi);
  • Weisbrot, che da The Guardian ci parla di Correa ma se sappiamo leggere bene è come se ci parlasse di Grillo, ci dicesse che cambiare è possibile.
Cambiare è possibile, se il 24 e il 25 voti per il Movimento 5 Stelle; con qualsiasi altra scelta è sicuro di no. A me questo basta, a voi?

martedì 19 febbraio 2013

LA LEGGE DEL MENGONI

Alla fine dura talmente tanto che anche distrattamente, anche un pezzo qua uno la, le canzoni di Sanremo te le senti, magari non tutte, anche tu che la tele non la vedi quasi mai, anche tu che hai un concetto di musica per cui non eri tra i contestatori di Degregori "commerciale" al Palalido forse solo perché eri piccolo. Scopri allora che quella quintessenza della mediocrità (era un discreto imitatore, il resto della carriera lo deve solo alla innata capacità di zerbinaggio bipartisan) col nome e cognome enigmistico (cambio di consonante) si è fatto affiancare degnamente. No, non sto parlando dell'ex graffiante Lucianina, che a forza di limarsi le unghie ora può entrare pure nel salotto buono e salire sulle poltrone di pelle con il solo brivido che in quanto gatto le può rovinare, che passa appunto quando ti ricordi, e le cose che dice te lo ricordano, che ora fa solo finta. Sto parlando di Mauro Pagani, e non so nemmeno se è una scelta di Fabiofazio o di chi per lui: se il direttore artistico è uno che ha scritto a quattro mani con De Andrè il miglior LP forse della musica italiana ogni tempo, forse del mondo negli anni ottanta, e da quando ha lasciato la PFM ha messo lo zampino in quasi ogni progetto musicale di rilievo della musica italiana degli ultimi 40 anni, rilanciando gente come Ranieri e Vecchioni e trasformando Arisa in una cantante vera, è da presumersi che il livello medio delle canzoni sia piuttosto elevato anzichenò.
E infatti così è stato, solo che non è il livello medio che passa alla storia, sono i vincitori che si ricordano (e manco tutti), e a contrario quei perdenti che hanno clamorosamente vinto dopo, come Vasco o Zucchero o Dalla o Celentano. Ecco allora che all'albo d'oro si aggiunge tale Marco Mengoni, a completare un quinquennio dove il filotto di provenienti dai talent show è stato rovinato dalla vittoria inspiegabile di Vecchioni due anni fa. La cosa si spiega col meccanismo di scelta del vincitore, in cui il peso del televoto (pur ridotto rispetto ai massimi) è tale che solo una giuria di qualità compatta e intelligente può ribaltare la classifica, e evidentemente non era il caso di quella di quest'anno.
Il fatto che anche persone insospettabili ti rispondano, quando tu obietti che sto Mengoni non solo canta canzoni impresentabili ma nemmeno sa cantare, che però ha una bella voce, e magari aggiungono che è ora di smetterla di considerare l'emersione dai talent show come un peccato originale inespiabile, rende solo più amara la constatazione della distanza tra la "musica che gira intorno" e quella che girava prima del regime televisivo. I talent non sono l'effetto, sono la causa, del problema. La loro sintassi è quella della televisione generalista in genere: abbassare il livello culturale dei votanti per vanificare la democrazia, quindi colpire nel mucchio e fare ascolto, e il resto non conta. Quindi, nessun rischio è accettabile. Quindi, le canzoni sono tutte identiche. Quindi, se devi distinguerti deve essere per un vezzo, un birignao, una sguaiatezza nel cantare. Per una Arisa che si affida a Pagani per liberarsene e crescere, 100 meno intelligenti restano nel cliché. Tanto il talent muove le fila del televoto, finché si può anche disonestamente, poi magari anche pagando, tanto il ritorno è garantito: se i tuoi vincono a Sanremo, il prossimo anno ci sarà il doppio della fila di gente convinta che il tuo show sia l'unico canale rimasto di promozione nel campo dello spettacolo, e così via in un circolo vizioso che non avrà fine, hai voglia a ripetere ste cose da anni come un vecchio babbione. E anche il gusto muore, sennò i Modà dovrebbero linciarli, le folle, non osannarli.
E' inutile la presa di distanza intellettuale di un Odifreddi, non ci resta che accettare questa deriva, rifugiandoci nella nostra discografia privata. Se pensate che Elio non so quanti X-Factor ha all'attivo, e pare che lo stesso Vecchioni sia tra i papabili ad affiancarlo, la debacle è completa.

martedì 12 febbraio 2013

CE LO CHIEDE L'EUROPA

Quando l'Europa ci chiede sacrifici,
ottemperiamo subito, quando ci chiede
di correggere una normativa assurda di
stampo confessionale, addirittura facciamo
ricorso: ora che lo abbiamo perso, la fanno
una legge laica sulla procreazione assistita?
Oltre alle dimissioni del Papa, e persino con un qualche nesso logico con esse, c'è un'altra notizia in cronaca che si presta parecchio a fare da pretesto a considerazioni più generali: la bocciatura definitiva in sede di Corte europea della normativa italiana che vietava il ricorso alla diagnosi preimpianto in caso di fecondazione assistita. Il nesso logico, sta nella limitazione della sovranità dello Stato italiano causata dalla pervasiva contiguità di uno Stato piccolissimo che egli ha sconfitto e include ma da cui è da allora dominato, in vari modi più o meno diretti: il Vaticano, che fa si che in molti punti anche meno drammatici e assurdi della suddetta legge 40 il nostro ordinamento sia improntato a uno stampo confessionale piuttosto che laico come dovrebbe essere. Le considerazioni generali, stanno nel rapporto irrisolto tra Unione Europea e Stati componenti, specialmente Italia, in particolare nella asimmetria tra le cessioni di sovranità nei vari campi.
"Ce lo chiede l'Europa", in virtù di questa asimmetria, diviene di volta in volta un dogma irrinunciabile, ad esempio parlando di moneta e di vincoli di bilancio, o un comando genitoriale burbero ma facile da disattendere, ad esempio parlando di diritti civili (tra cui senza dubbio rientra quello a una procreazione responsabile e sana) e reddito di cittadinanza, a seconda di quanto suggerisce il proprio interesse all'opportunista politico nostrano di turno. Più esplicitamente, negli ultimi decenni, dal berlusconismo in poi (e il PD figlio del berlusconismo è: senza il nemico comune le sue due anime non avrebbero mai nemmeno pensato di allearsi, altro che unirsi, tanto è vero che adesso con il Cavaliere agli ultimi fuochi la componente centrista ex-Margherita è già quasi tutta migrata nello schieramento montiano, e Bersani farebbe bene a prenderne atto, riprendersi la S di sinistra, e cacciare gli ultimi democristiani, insomma annullare l'operazione-PD), l'Europa è stata presa a pretesto ogni volta che serviva una forza maggiore dietro cui nascondere i propri misfatti (le privatizzazioni selvagge, le mani nelle tasche dei soliti noti, una deflazione feroce che concentra la ricchezza nelle mani di pochi e impoverisce tutti gli altri), mentre è stata bellamente ignorata ogni volta che non rispondeva alle esigenze predatorie di una classe dirigente da Norimberga.
Mentre scrivo mi rendo conto che l'accostamento "legge 40 - Euro" funziona anche come metafora. Ammettendo per un attimo la buona fede di Prodi e degli altri padri dell'Euro, per non voler fare i complottisti ad ogni costo e anche perché così il ragionamento vale ancora di più, questi devono aver pensato una roba del genere: in Europa ci sono troppe differenze culturali economiche e sociali perché degli Stati Uniti possano nascere spontaneamente come è successo in America, occorre una inseminazione artificiale, un fattore che costringa alla virtù chi come l'Italia è affetto da una serie di vizi strutturali. Così si decise di mandare avanti l'unione monetaria, confidando che quella fiscale economica e politica andassero a rimorchio, come a dire la gravidanza procedesse e nascesse un figlio sano. Si omise però la diagnosi preimpianto, cioè tutta quella serie di analisi empiriche che avrebbero suggerito, forse, che l'embrione da impiantare non era la moneta, che bisognava cominciare da qualcos'altro, o perlomeno fare seguire a ruota l'impianto da misure di sostegno alla puerpera. Eppure le teorie di supporto c'erano, e se è vero che in quegli anni erano dimenticate in tutto il mondo non solo in Europa, è anche vero che oggi in Usa e Giappone hanno ripreso piede, e solo da noi si continua nel solco ottuso del monetarismo, vissuto dogmaticamente come una religione appunto. E c'era pure l'esempio pratico, e proprio in Germania: quando Kohl impose il cambio 1:1 tra Marco dell'est e Marco dell'ovest, accompagnò la misura draconiana con una serie impressionante di aiuti in deficit (e con una bella mano dai partner europei) che riportasse i parametri economici, ed etici, dei territori ex DDR abbastanza vicini a quelli dell'ex BRD in meno di un decennio. E infatti un decennio l'Euro ha retto, e ha fatto benissimo il suo mestiere: è incalcolabile il beneficio di avere pagato praticamente gli stessi interessi sul debito pubblico dei tedeschi ("avere avuto uno spread bassissimo" oggi si direbbe) avendo tutti i fondamentali economici ed etici nettamente peggiori, intanto pagando le materie prime con una moneta forte. Ma non avendo fatto niente sugli altri versanti, era appena ovvio che alla prima crisi la speculazione finanziaria, che ricordo sempre non sono omaccioni brutti e cattivi ma algoritmi di computer velocissimi, avrebbe attaccato i punti deboli di un bimbo che è come se fosse nato senza sistema immunitario.
Esco di metafora e la ridico in piano: avendo una formazione culturale di sinistra, non posso non pensare che la soluzione ideale alla crisi sia uno Stato europeo con una Banca centrale sottoposta in ultima analisi alle scelte politiche sovrane dei suoi cittadini, e sia in grado di emettere moneta sovrana ogni qualvolta lo ritenga necessario per raggiungere il suoi obiettivo primario, la piena occupazione dei suoi cittadini o comunque una vita dignitosa per ognuno, con il controllo dell'inflazione come obiettivo secondario funzionale al primo (oggi quest'ultimo è il solo obiettivo della BCE, da raggiungere al costo di ucciderci tutti per fame). Sarebbe quindi opportuno che questa istanza venisse portata avanti dal principale partito di centrosinistra del mio Paese, in concertazione con i suoi analoghi degli altri Paesi. Dal momento che debbo constatare che il primo aderisce invece supinamente alla teoria monetarista dominante, e nell'assemblea apposita della socialdemocrazia europea non viene fuori niente di sostanzialmente diverso, non posso dare torto allora a chi ritiene che questa unione solo monetaria è un aborto e occorre recuperare la sovranità monetaria dell'Italia. Si tratta di una semplice deduzione logica, che Berlusconi ha furbamente seguito inserendo nel suo programma proprio la BCE prestatrice di ultima istanza e lasciando intendere con le battutacce sullo spread che questa Europa non l'ha voluta lui ed è sempre pronto a portarci fuori. Peccato che una lira moneta sovrana in mano a un criminale tangentista porterebbe rapidamente l'inflazione alle stelle e scatenerebbe la speculazione (lo spread non è esclusiva dell'area euro, è un differenziale tra due tassi, due qualunque tassi confrontabili), portandoci in poco tempo alla bancarotta. Va bene, la dico meglio: non basta avere moneta sovrana, bisogna anche avere un sistema-Paese in cui la corruzione sia a un livello fisiologico. Due fattori, avere uno solo dei quali crea problemi, e solo averli entrambi li risolve. Quindi, poiché però da noi permangono e prosperano i vizi strutturali in termini di etica economica e politica, che il berlusconismo incarna e ha esaltato e innalzato a sistema, occorre che questo recupero di sovranità (a qualunque livello avvenga, europeo o nazionale) segua o almeno sia accompagnato in Italia da un'azione pesante e durevole in termini di moralizzazione e lotta alla corruzione alla mafia al sommerso eccetera. E i due fattori assieme nel programma elettorale li ha solo il Movimento 5 Stelle, c'è poco da fare: non è colpa mia se sono monotono.

lunedì 11 febbraio 2013

NON POSSUMUS

Eh si: un Papa si può dimettere, e può
essere eletto Papa chiunque, anche un
frate eremita o un politico meritevole.
Secondo voi chi sotto sotto, almeno in

sogno, ci sta facendo un pensierino?...
La notizia è di certo epocale, e dunque questo post verrà buon ultimo nel mare di notizie e di commenti che affollano la Rete (e il mondo dell'informazione in generale) dalla tarda mattinata, come può esserlo una cosa che accade per la seconda volta in oltre duemila anni. Tanto che a molti suonerà nuovo, oggi, scoprire che già una volta, secoli addietro, vi fu un Papa dimissionario, e per questa buona ragione tutti i commenti di cui sopra citano, a margine della notizia delle dimissioni di Benedetto XVI, la storia di Celestino V, alias Pietro Morrone, eremita abruzzese eletto da un conclave in cerca di un Papa di transizione che "molla" dopo soli 4 mesi, e quindi il libro di Ingazio Silone che la riportò all'attenzione dei contemporanei, "L'avventura di un povero cristiano".
Il titolo di questo post non c'entra niente con questa rinuncia, riferendosi invece storicamente a una ferma presa di posizione di un suo tristo predecessore a chi metteva in discussione il suo potere temporale (i suoi successori furono politici più abili, e riuscirono ad ottenere molto più potere di prima...). Ma la locuzione è così fortunata che è stata usata e abusata da tanti, e a me piace pensare che Ratzinger si sia reso conto di non potere più fare  con dignità un mestiere così impegnativo, in ciò dimostrandosi molto migliore di chi ha rimpiazzato, un tipo sopravvalutatissimo che ha oscenamente mostrato la sua malattia prima di ricorrere a una morte dolce (eutanasia, in greco) ma nascosta, sia mai venga in mente a noi mortali qualunque che è una cosa che si può fare.
A commento della notizia oggi molti citano il recente bel film di Nanni Moretti, che speriamo non sia stato così profetico anche ne Il Caimano, in cui un eccezionale Michel Piccoli rinuncia al trono appena eletto, dandosi "alla macchia" nei meandri della Capitale. A me invece è venuto in mente un episodio del bellissimo Signori e signori buonanotte, in cui uno strepitoso (come spesso era, sempre quando era diretto da Magni) Nino Manfredi simula una malattia terminale abbastanza a lungo da convincere il conclave fosse perfetto per una breve parentesi durante la quale gli equilibri politici avrebbero avuto il tempo di sbloccare l'impasse, per poi rivelarsi "guarito" e iniziare il pontificato con la condanna a morte dei cardinali maneggioni. Non lo so, mi sembra di buon augurio, ve lo posto tutto.

venerdì 8 febbraio 2013

NORMALE A CHI?

Il giorno dopo la boutade di Silvio sulla restituzione dell'IMU, entrando in ascensore trovo due colleghi che discutevano di politica, uno dei due conoscendomi mi fa a bruciapelo "tu che ti occupi di comunicazione, cosa pensi di Berlusconi a proposito di questa uscita?". In pochi secondi, la risposta sintetica più sensata mi è sembrata "è un genio", e non avevo ancora letto Giannulli. Ma l'esigenza di spiegarla e precisarla mi è rimasta, ed eccoci qua.
La teoria insegna che nella comunicazione "da uno a molti", e a maggior ragione in quella di massa, essendo difficile e costoso prevedere come si pone l'uditorio rispetto a quello che hai da proporgli, la cosa migliore è immaginarselo distribuito secondo una classica curva "a campana", o "di Gauss": a partire da un numero sufficientemente grande, infatti, è talmente probabile che i "riceventi" si distribuiscano in questo modo che questa curva si chiama "distribuzione normale". Guardatela, significa che a meno di fattori che la distorcano se io tento di persuadere 100 persone ne avrò ad esempio 30 del tutto incerte sul da farsi, 25 incerte ma propendenti al si, 25 incerte ma propendenti al no, e 10 e 10 che qualunque cosa io faccia e dica mi daranno sempre e comunque ragione e torto. Se la curva è più oblunga, i numeri saranno diversi (che so, 34 28 28 5 e 5), ma la sostanza non cambia: se non voglio perdere tempo, i miei discorsi non saranno rivolti a quelli che hanno già deciso aprioristicamente, bensì a quelli da convincere, con maggiore predilezione per quelli del tutto incerti che sono di più.
L'applicazione in politica di questo schema richiede qualche aggiustamento: intanto i fattori distortivi ci sono eccome, e se non ci sono si tenta di crearli a proprio favore e a danno dell'avversario (di maniera che la sua curva si deformi verso gli sfavorevoli e la nostra verso i favorevoli), poi trattandosi di comunicazione di massa sono stati nel tempo sviluppati una serie di sistemi per avercela, un'idea della distribuzione reale dell'uditorio, poi data la posta in palio in genere i persuasori non risparmiano sulle risorse da spendere per guadagnare consensi, ma soprattutto infine c'è da considerare il fattore più peculiare e aleatorio, quelli che hanno deciso di non votare per nessuno, che è come se fossero momentaneamente "usciti dalla stanza" ma potrebbero tornare in ogni momento e incidere sul risultato finale anche pesantemente.
Berlusconi, o chi per lui, ha fatto un ragionamento semplice semplice: se sono a terra nei sondaggi è perché molti di quelli che mi votavano hanno deciso al momento di non votare, io non ho speranza di recuperare consensi a sinistra, dove non mi voterebbero neanche sparati, ma nemmeno più al centro, dove Monti con Fini e Casini ha organizzato un polo che attrae i moderati che mi hanno votato per tutto questo tempo però adesso con tutte le cacchiate che ho fatto non mi votano più. Quindi non perdo tempo coi fanatici contro, ma nemmeno adesso più con gli indecisi o gli incerti contro, semmai mi attivo col mio solito personaggio per riconvincere gli incerti a favore e soprattutto vado a pescare in quel grosso numero di fanatici a favore che oggi non vota ma se dico le cose giuste torna a farlo e mi riporta su abbastanza da impedire un governo PD-SEL sicuro e magari anche uno PD-Monti. Ecco perché è perfettamente azzeccata la mossa del rimborso dell'IMU, quella del condono tombale, ma anche quella del Mussolini ha fatto cose giuste - tutte cose smontabili semplicemente con un minimo di ragionamento logico, ma farlo è completamente inutile: erano messaggi indirizzati a chi non usa il raziocinio, per votare, aveva deciso di saltare un giro e grazie a queste uscite ci sta ripensando. Sono pochi, magari, ma in una situazione dove alcune regioni in bilico decideranno se PD-SEL avranno la maggioranza al senato o meno, potrebbero essere decisivi. Chapeau!
Dall'altra parte, invece, stiamo assistendo a una serie di errori da manuale, uno dietro l'altro. Va bene che il PD stesso nasce da uno di questi errori, ma qui si esagera! Il ragionamento semplice semplice che tanto il governo Monti doveva mollare per scadenza della legislatura tra pochi mesi, ma era talmente odiato che a farlo cadere due mesi prima si intascava un dividendo elettorale senza rischiare di passare per irresponsabili (come sarebbe stato a non sostenerlo un anno prima), non si poteva proprio farlo prima che lo facesse un Berlusconi a quel punto quasi cotto? Eh, no, bisognava concentrarsi sulle primarie di coalizione, aperte al democristiano Renzi contro gli stessi regolamenti che ci si era dati e che voleva vi partecipassero solo i segretari dei partiti componenti. In termini gaussiani: parlo solo ai fanatici a favore, e mi scordo non solo degli indecisi (dando fiducia a Monti che giurava che non sarebbe entrato in gioco ad accaparrarseli, fiducia quanto ben riposta si è visto), ma anche dei milioni di incerti a favore che hanno deciso di votare chi, a differenza del PD, almeno qualcosa di sinistra la dice, o di non votare affatto. Con un minimo di intelligenza politica, questi semplici accorgimenti avrebbero consentito di mantenere la distanza indicata nei sondaggi (ancora un mese fa superiore al 10%, oggi la stessa Repubblica la da al 5), e forse vincere anche al Senato, e se poi purtroppo non ci si riusciva, allora e solo allora annunciare che obtorto collo ci si accingeva a governare con Monti. No, questi è da tre mesi che quasi ogni giorno in un modo o nell'altro ci ricordano che l'alleanza dopo il voto è praticamente decisa, e i parziali dietrofront suonano tanto più ridicoli quanto più si susseguono le riaffermazioni di fedeltà a questa europa monetarista e al suo scagnozzo in loden. E poi, se uno nato e cresciuto in una cultura di sinistra, che ritiene Costituzione alla mano che l'unico dogma attorno a cui tutti gli strumenti dell'economia devono girare come variabili debba essere la piena occupazione e non la quantità di moneta, non vi vota più, vi lamentate?
Insomma, abbiamo da una parte uno specialista della comunicazione di massa specializzato in competizioni elettorali (e manifestamente incapace a governare, vabbè) e dall'altra una massa di ignoranti della materia specializzati in gestione delle posizioni di potere e quindi da un lato inamovibili dall'altro inadatti a crescere e prendere la guida del Paese avvicinandolo a quella socialdemocrazia che pure dovrebbe ispirarli. Se la campagna elettorale durasse un mese in più, ci sarebbe da scommettere un euro sul sorpasso. Siccome ci siamo quasi, finirà con ogni probabilità con la più totale ingovernabilità. Paradossalmente, a dispetto di tutte le analisi superficiali che piovono addosso a chi proprio non ce la fa più a votare per questo partito-aborto, da parte di commentatori sia professionisti sulla stampa che dilettanti su facebook, la salvezza per il centrosinistra potrebbe arrivare proprio dal Movimento 5 Stelle, che se continua questo trend sarà l'unico schieramento con abbastanza senatori da consentire a PD-SEL di governare senza il PDL, mentre i montiani non basteranno e Bersani si troverà di fronte all'alternativa tra un nuovo governo tecnico in continuità con l'attuale, con Berlusconi dentro e nuove elezioni tra sei mesi o un anno, e un governo con Grillo, magari in appoggio esterno subordinato all'adozione di alcuni dei punti più importanti del programma del suo movimento, dall'accoppiata ambiente/energia al no-TAV, dal reddito di cittadinanza alla messa in discussione dei dogmi del monetarismo, fino ad un attacco mirato alla finanza dei derivati, passando per una riforma della politica che la trasformi da carriera a servizio temporaneo e ne riduca pesantemente il costo per la collettività. E così sarà dimostrato quello che Grillo continua a dire da anni: la sua cosiddetta antipolitica non è invece che l'ultima chance di salvare la politica o meglio la democrazia. Il suo populismo di facciata è l'unico antidoto al populismo di sostanza di Berlusconi, il suo movimento l'unico argine alla deriva autoritaria che ha preso l'Europa dell'Euro e a quella reazionaria che potrebbe seguire a un peggioramento della crisi se non si cambia di 180° tipo di contromisure. Caduto Grillo, arriverà Hitler, a raccogliere i disperati lasciati sul terreno da altri 5 anni di ottusa austerità.
...
Approfondimenti:
  • Spinelli, ovvero il perché Berlusconi sta rimontando trovato scartando le false correlazioni statistiche delle analisi superficiali;
  • Miclavez, ovvero il come e il perché le proposte di Berlusconi sono fattibili, spiegato dimenticando il come e il perché invece non lo sono: i "superpoteri" della MMT in mano a un criminale portano al fallimento, solo dopo una "rivoluzione civile" che incida sull'animo italico profondo si potrebbero usare;
  • Grillo, ovvero come e perché una comunicazione politica efficace può anche fare a meno di un'analisi ponderata (che resta altrove, ad esempio nel programma, ma quello non se lo legge nessuno e chi arriva a farlo fa parte di una esigua minoranza di persone che decidono in base a un'attenta disanima razionale, e quando arrivano a leggerlo probabilmente hanno già deciso), e le confutazioni logiche come si dice a Roma je rimbarzano, anche perché tutti fanno le pulci a Grillo perché trovargliene fa notizia ma se usassero la stessa tecnica con gli altri ne troverebbero di elefantesche;
  • Obama, ovvero tutta la distanza tra degli Stati uniti con una politica monetaria corretta e degli Stati disuniti con una scorretta;
  • Colonna, ovvero sempre più accademici e teorici prendono le distanze dal monetarismo, tanto che alla fine resterà solo il PD a difenderlo.


martedì 5 febbraio 2013

DÌ LA COSA GIUSTA

Cliccando sulla vignetta si carica l'originale a tutta pagina
pubblicata su Il fatto quotidiano, ma attenzione! può far
anche ridere, ma sicuramente fa piangere...
Anche se basterebbe leggere la vignetta qui accanto di Stefano Disegni per capire tutto, oggi mi lancio in un breve compendio di storia contemporanea, capitolo Seconda repubblica, paragrafo Partito Democratico. Il PD nasce come idea nel giro di Prodi, ed era un'idea giusta: c'era una legge elettorale maggioritaria, per quanto imperfetta, il che significa che le elezioni le vince quella coalizione che si presenta unita e riesce a conquistare i voti al centro. Infatti, nel 1994 il centrosinistra di Occhetto sommato ai centristi di Segni (uno dei promotori del maggioritario, che poi si presenta come schieramento terzo: un capolavoro di intelligenza logica prima che politica, non c'è che dire!) aveva più voti del centrodestra di Berlusconi, ma vinse quest'ultimo, nel 1996 invece Forza Italia e Lega sommati avevano più voti dell'Ulivo ma si presentarono separati e vinse (di poco) Prodi grazie all'alleanza (quanto precaria si sarebbe visto presto) con Bertinotti. Chi non mi crede vada a farsi i conti sul sito del Ministero dell'Interno, i dati ci sono ancora, fattostà che Berlusconi capì la lezione e blindò la coalizione nel 2001, e la capì così bene che nel 2006, di fronte a sondaggi svantaggiosissimi, cambiò la legge elettorale in extremis introducendo lo schifo con cui voteremo anche tra pochi giorni, un proporzionale a liste bloccate e premi di maggioranza bizzarramente diversi tra le due Camere grazie a cui: sappiamo in anticipo almeno il 90% dei nomi degli eletti (designati dalle segreterie nazionali dei partiti), ed è difficilissimo che una coalizione abbia la possibilità di governare durevolmente e con calma, come si è visto. Con un meccanismo del genere, solo un'idiota poteva accelerare il processo di creazione del Partito Democratico: col proporzionale prendono più voti liste separate e coalizzate che non un partito unico, perché pesa più il meccanismo di identificazione elettore/partito che non quello di scelta del meno peggio tra i candidati che possono essere eletti che invece funziona molto di più col maggioritario. In realtà, una legge elettorale che contempera i due meccanismi e con essi i due principi di rappresentatività e governabilità c'è: è il maggioritario a doppio turno che nei Comuni infatti funziona benissimo dal 1993, ma il governo Prodi era troppo fragile per riuscire a cambiare la legge elettorale, per cui c'era una sola cosa da fare: rimandare sine die la creazione del PD. Infatti Veltroni, proprio mentre il Cavaliere veniva abbandonato da quasi tutti i suoi alleati e persino la divisissima maggioranza prodiana avrebbe potuto infliggergli il colpo di grazia, accelera sul partito-frankenstein e dichiara prontamente, in teoria a tre anni dal voto, che la nuova creatura in ogni caso avrebbe corso da sola alle elezioni. Era il dicembre 2007, a gennaio giustamente Mastella fa cadere il governo, subito dopo Berlusconi recupera tutti i figliol prodighi e straccia malamente Uolter, che a questo punto avrebbe dovuto mantenere la promessa di andarsene in Africa e invece è ancora qua, lui e tutti i suoi epigoni. Bersani e Renzi in testa, che continuano a credere che le elezioni si vincano puntando a rubare l'1 per cento di elettori centristi alla destra, anche ora che al centro c'è un partito in grado di prendere ben più dei consensi che raccoglieva la Margherita (dalla cui unione coi DS nacque il PD), anziché a recuperare parte di quel 20/30 per cento di elettori di sinistra che tra partitini sotto soglia e astensionismo sono lì a smadonnare perché un governo sostenuto dal partito erede di quello che li difendeva li sta massacrando in nome dell'Europa.
Questa voragine era talmente grande che dentro vi è potuto crescere dal nulla un Movimento da 15/20 per cento, e ricoalizzarsi dietro a un magistrato un partito da 5%, e pensate ancora ci sono milioni di persone che non hanno deciso cosa votare e potrebbero persino votare PD, se dal PD venisse almeno un segno, una parola credibile, una cosa giusta. Adesso, coi sondaggi a picco per via dell'affaire MPS, una roba venuta fuori ad orologeria d'accordo ma se non c'era niente non veniva fuori niente e invece le responsabilità ci sono eccome, arriva il patetico quanto tardivo tentativo di recupare "parte" (sia mai si annullino del tutto, qualcuno potrebbe incacchiarsi...) della spesa prevista per i caccia a favore di "scuole e ospedali", patetico: e la TAV? e i quattro livelli di decentramento politico oramai solo utili a mantenere quattro livelli di classe politica parassita? la Lega e il suo federalismo, non erano avversari politici? perché non dire chiaro e tondo se andiamo su noi le Regioni le aboliamo, le Province le lasciamo come organi amministrativi senza potere politico né quindi organismi elettivi, e i centri di spesa disseminati in cinque livelli li razionalizziamo a due? e l'IMU alla Chiesa e alle fondazioni bancarie? e una patrimoniale? possibile che da quando Nanni Moretti implorò D'Alema di dire qualcosa di sinistra, il vizio baffetto lo ha passato a tutto il suo schieramento?
E non serviva nemmeno ricominciare a dire cose giuste tanto tempo fa: bastava avere l'intuito politico di capire che Berlusconi faceva il morto ma non lo era, annullare quella pagliacciata chiamata primarie (fatte in un clima di "chi vince va a Palazzo Chigi", ricordàtelo bene!), e sfiduciare da sinistra Monti prima che il Caimano potesse farlo da destra, rubando alla sinistra persino alcuni degli argomenti.
E già perché il condono tombale sarà un marchio di fabbrica della ditta Evasori Ladri & co. di Craxi Berlusconi e figli, ma l'IMU sulla prima casa non è che bisogna restituirla, non bisognava proprio metterla. E lasciare a Berlusconi argomenti keynesiani (dunque "socialdemocratici", ma già: nel PD sono tutti convinti monetaristi dunque liberali di destra) come la BCE prestatore di ultima istanza o il fronte comune con i PIIGS per ammorbidire le posizioni tedesche minacciando altrimenti l'abbandono di gruppo dell'Euro, è un paradosso prima che una bestialità politica che non si poteva non pagare.
In Italia l'adesione a un partito è vissuta spesso come una fede calcistica: aprioristicamente e indiscutibilmente. Ma spesso non è sempre: chi ragiona con la logica quando c'è da decidere le sorti del proprio Paese, che è come dire chi fa il proprio dovere di cittadino nel partecipare alla vita politica, è minoritario ma esiste. Esistiamo, e abbiamo tutti abbandonato il PD per rifugiarci (pur mantenendo uno spirito critico) negli unici schieramenti il cui programma contiene cose di sinistra: il Movimento 5 Stelle e poi (purtroppo, perché almeno al Senato è un voto "inutile" con questa legge elettorale) Rivoluzione civile. L'argomento con cui in genere veniamo attaccati, che così facendo rischiamo di privare il centrosinistra di quella vittoria netta che attende da sempre, è ribattibile perfino troppo facilmente: questo PD non è centrosinistra, è in impasse di parole e di idee, si prepara in ogni caso a governare nel solco di (e alleato con) una destra estrema e sanguinaria (di sangue del popolo), e se lo farà non sarà in mio nome.
E ora, per chi ancora ce la fa a leggere, alcuni approfondimenti:
  • Lauraetlory, ovvero un divertente tragico pezzullo sulla generazione dei 45/50enni, i "troppi", quelli che forse saremo gli ultimi ad avere avuto un lavoro fisso e una pensione, quelli che forse devono "passare" prima che i giovani possano risollevarsi;
  • Befani, ovvero come usare il risvolto dell'impianto teorico di Weber per spiegare la correlazione statistica tra cattolicesimo e corruzione;
  • Robecchi, ovvero persino nell'universo-Repubblica c'è chi dice ancora cose di sinistra, ovvero è ora di smettere di parlare di meritocrazia (ci avete rotto i cosiddetti, ormai lo abbiamo capito che è un trucco dei nepotisti) e tornare a parlare di uguaglianza;
  • Carnevali, ovvero come sopra (è sempre Micromega), ovvero come e perché l'uscita della crisi è verso sinistra, e comincia dal parlare di sviluppo anziché di crescita;
  • Di Paci, ovvero un po' di numeri sui danni che il ventennio berlusconiano ha fatto ai conti di questo Paese;
  • Carchedi, ovvero una satira horror/fantapolitica sui trent'anni seguenti la vittoria di Berlusconi alle elezioni prossime venture;
  • Baldrati, ovvero una satira un po' utopica un po' distopica sullo scenario opposto, l'instaurazione della Nuova Repubblica Popolare Italiana e le sue tre leggi fondamentali (arrivateci, a leggerle, vi prego);
  • Giannulli, ovvero usiamo il caso Mps per introdurre l'ergastolo per i reati finanziari più grossi;
  • Zibordi, ovvero premesse giuste e conclusione sbagliata, ovvero la globalizzazione è un problema ma l'Europa unita potrebbe farle da argine più che i vecchi Stati nazionali, se non fosse costruita partendo dal tetto (la moneta) anziché dalle fondamenta (l'economia reale e la piena occupazione);
  • Di Cori Modigliani, ovvero la guerra delle Christine, ovvero come l'Argentina sta dimostrando che un'altra strada c'è e una sinistra che si rispetti dovrebbe almeno studiarsela.

lunedì 4 febbraio 2013

LUNEDÌ SPORT

Quando ancora il calcio non aveva debordato fino ad occupare tutti i palinsesti e per questa via tutti i giorni della settimana, e le partite si giocavano solo la domenica, molti quotidiani avevano un picco di vendite il lunedì grazie ad un inserto sportivo spesso più corposo del resto del quotidiano. Oggi è talmente raro che si concentrino in una sola domenica più eventi sportivi epocali, che la cosa merita una piccola deviazione dal percorso di sostegno alla campagna elettorale del Movimento 5 Stelle che ho dato al mio blog per tacitare la mia coscienza di cittadino facendo quello che credo il mio dovere e forse l'unica cosa in mio potere.
Tifosi italiani e francesi si divertono e bevono assieme
sugli spalti dell'Olimpico
Se fosse l'inserto sportivo di un Controinformoperdiletto di carta, dunque, il Lunedì Sport di oggi avrebbe come titolo principale l'impresa dell'Italia del rugby contro la Francia all'esordio del 6 nazioni 2013: seppur raramente, era già capitato, l'ultima volta solo due anni fa, di battere i transalpini, ma stavolta l'impresa è da segnalare intanto perché i francesi sono vicecampioni del mondo in carica, ma soprattutto perché nei giorni scorsi gli azzurri, tecnico e giocatori, si erano lasciati andare a dichiarazioni trionfalistiche tanto inaudite quanto temerarie. Apparentemente, temerarie, si può dire adesso, sperando che finalmente si cominci a giocare questo glorioso torneo, a cui siamo ammessi solo da tre lustri, per vincerlo e non solo per evitare il famoso "cucchiaio di legno" che spetta a chi arriva ultimo a zero vittorie. Visto com'è fatta l'italica gente, infatti, un clamoroso successo è l'unica chiave per dare a uno sport la popolarità necessaria a orientare i gusti e le scelte dei preadolescenti, e quindi la base statistica per una sua affermazione duratura: successe nel tennis con Panatta e nello sci con Tomba, e con effetti per fortuna permanenti con la pallavolo. E se un'italrugby vincente spezzasse il quasi-monopolio calcistico nelle preferenze dei nostri bambini, pensate un po' miglioreremmo alla lunga anche come popolo, dato il portato valoriale immensamente più sano rispetto ai cugini del calcio; nella palla ovale infatti gli arbitri si contestano poco da sempre e da qualche anno si avvalgono pure della prova televisiva, se qualcuno resta a terra è sicuro che non ce la fa ad alzarsi e la partita continua e gli altri giocano girando attorno a lui e a chi gli sta prestando soccorso, se qualcuno commette una netta scorrettezza non visto dagli arbitri ma visto dal proprio allenatore è quest'ultimo che lo toglie dal campo, a fine partita a tutti i livelli si va a bere o mangiare assieme (il cosiddetto "terzo tempo"), e ci si potrebbe dilungare ben oltre ma per capire basta andarci una volta e sperimentare le tifoserie mischiate e "abbevazzate" (per una saggia - e tranquilla - deroga al divieto di vendita di bevande alcoliche al pubblico di eventi sportivi) prima durante e dopo la partita.
L'esultanza di Fabio Fognini, la "giovane" promessa azzurra
(le virgolette sono perché alla sua età Borg si è ritirato)
Il secondo titolo ovviamente spetterebbe all'impresa dell'Italia del tennis contro la Croazia, che supera un turno nella "serie A" di questa antichissima competizione a squadre dopo 15 anni di cui oltre dieci in seconda e terza serie. Diventato, come dicevo, sport di massa grazie a Panatta negli anni 70, il tennis italiano non troverà più, da allora, un talento così cristallino a fungere da esempio da emulare per la fantasia di un ragazzino, ma alcune scelte recenti della Federazione (in primis l'iniziativa di dotarsi di una rete TV propria che trasmette in chiaro h24 anche se magari non i tornei dello Slam in diretta) e l'appeal di alcuni campioni stranieri hanno fatto si che si invertisse la tendenza che vedeva la sua pratica soccombere all'aggressione subita dal calcetto dagli anni 80: per un gestore, convertire alla pedata un tennis court significa incassare per ogni ora da 5 a 10 volte tanto, a patto che sia possibile (e in Italia è possibile) trovare 10/12 signori panciuti votati alla distruzione dei legamenti crociati o all'infarto più facilmente che 2 appassionati tennisti. Ma la statistica non è sufficiente a spiegare la decennale mancanza di campioni veri nel tennis nostrano, e in tal senso è illuminante la contemporanea emersione di alcune donzelle (Pennetta Schiavone Errani) che hanno a turno raggiunto la top ten (per il numero uno, ci vuole pure una mano da madre natura....) e vinto e rivinto come Nazionale: questo è uno sport individuale tra i più feroci, per prevalere a qualsiasi livello occorre quasi più maturità di testa che doti fisiche e tecniche più o meno allenate, e quindi l'italico bamboccione ha meno chances di emergere - le donne qualcuna in più, per indole atavica essendo meno dipendenti dal "calore" familiare... Neanche la squadra di oggi ha campioni, e non so se ce ne siano l'orizzonte, ma se la Spagna può, in virtù di un'organizzazione decente, sfornarne tanti da giocarsela anche quando è costretta a schierare la terza linea, non si vede perché l'Italia non potrebbe fare altrettanto.
Daje!
La terza pagina, quella per antonomasia di commento culturale, sarebbe dedicata al taglio di Zeman da parte della Roma, non fosse altro perché da queste righe lo avevo salutato con entusiasmo. La vox populi del calciofilo assiduo vuole che l'allenatore boemo sia inadatto a vincere trofei di primo livello, al massimo serie minori con squadre di soli sconosciuti motivati e disposti a seguire le sue eresie, ma, a parte che allora non si capisce perché lo abbiano preso se erano convinti di aver allestito una rosa che un mister più pragmatico avrebbe portato allo scudetto, il problema del calcio è secondo me esattamente nel fatto che salvo rare eccezioni la capacità di esprimersi a livello esteticamente eccellente vi è disgiunta da quella di fare risultato. Con l'esito che oramai le affollatissime scuole italiane selezionano all'inverso, e scarterebbero non solo un Rivera ma anche un Messi se eccedesse nel dribbling piuttosto che imparare il pressing o l'arte della simulazione. Il tutto nasce dall'assurdo ibrido tra due universi inconciliabili: il professionismo estremo di un giro di soldi impressionante anche ora che è calato e il dilettantismo estremo delle retrocessioni e dell'importanza vitale del risultato e della classifica. Il modello dello sport professionistico funzionante c'è, ed è quello statunitense, dove ci sono le franchigie, non si retrocede, e ti diverti un mondo anche se la tua squadra non vince anche perché sai che magari sta preparandosi con tranquillità a vincere tra tot anni. In questo modello, Zeman sarebbe a sua volta un modello, e tutti gli altri allenatori vorrebbero assomigliargli.
Il terzo ragazzino in piedi da sinistra, "abbronzato" come suo padre
Joe che troneggia accanto a Kim Hughes (pivot monumentale come
in Italia se ne sono visti pochi), è un giovanissimo Kobe Bryant
che muove i suoi primi passi nel basket nei pulcini della Viola
Potrebbe bastare, ma alle volte il caporedattore riesce a trovare lo spazio per un trafiletto su un argomento che magari interessa più a lui che ai suoi lettori, e questa è una di quelle volte. Di Paolo Valenti si seppe che era tifoso della Fiorentina solo dopo morto, tanto era stato obiettivo in tanti anni di conduzione di 90° minuto, del sottoscritto non si potrà dire la stessa cosa, anche se di un'altra Viola si tratta, e di un altro sport. La Viola Reggio Calabria nella sua storia cestistica non è nuova ad imprese mirabolanti: prima ed unica squadra calabrese ad avere raggiunto la serie A di basket, che manterrà per 23 anni consecutivi sfiorando più volte le semifinali scudetto e lanciando decine di campioni di prima grandezza tra cui un certo Manu Ginobili, per disputarla realizzò in autonomia un palasport in un paio di mesi, è sopravvissuta a un paio di fallimenti, e una volta riuscì a salvarsi e sfiorare i playoff dopo aver perso le prime 13 partite consecutive. Stavolta, tornata in terza serie dopo essere risorta un paio di anni fa tra i dilettanti, ha perso 8 delle prime 9 partite, poi ha cambiato allenatore e ne ha vinte 9 delle successive 12, l'ultima delle quali in casa della seconda in classifica portandosi a soli 4 punti dalla zona playoff per tornare in seconda serie. Parlo così delle "serie" perché è in corso l'ennesima incomprensibile riforma dei campionati per cui pare che l'anno prossimo ci saranno sotto la serie A una Legadue gold e una Legadue silver, con possibilità per entrambe, ma calanti, di promozione in prima serie. Magari non ce la farà ad andare tra i gold, ma la Viola è tornata, e non è il primo momento di buio totale per Reggio Calabria in cui la sua fiammella è uno dei pochi punti luce accesi.
Ed ora, come si diceva nei vecchi TG, la parola alle immagini: vi lascio col video, in inglese che è più bello, degli highlights di Italia-Francia del 3 febbraio 2013, Stadio Olimpico in Roma, dalle parti del Mito.



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