giovedì 19 febbraio 2015

HO SCRITTO GIA' UNA LETTERA...

La mappa (tratta da questo blog, dove è in versione interattiva) mostra i Paesi in
cui l'Isis è già attivo, o almeno attivamente supportato. Facciamo guerra a tutti?
Dopo, è facile dire il classico "l'avevo detto io", è prima, che bisogna dirlo, sennò ti meriti uno sberleffo alla Jannacci...
Se lo hai detto prima, e quello che avevi detto è puntualmente successo, ora magari sto attento a quello che dici, magari ci pigli anche stavolta...
La Libia non è solo un ginepraio da cui tenersi fuori il più possibile, magari come dice Bertani processando in fretta il figlio di Gheddafi assolvendolo con tante scuse e rimandandolo in patria ben rifornito di soldi e armi a riprendersela, la Libia è un ginepraio che abbiamo contribuito a creare noi, che minaccia di risolversi in ogni caso a nostro danno, guerra o pace che sia, perché forse fin dall'inizio il vero obiettivo dei manovratori era sucarsi l'Eni una buona volta, e chi si mette in mezzo non fa una bella fine, vero PPP?
Il paradigma non è nuovo, tutta la politica neocolonialista dell'Impero e delle sue province vi è improntata: finchè un tiranno ci è funzionale è un baluardo della democrazia o almeno della civiltà, quando non lo è più cominciamo a foraggiare armare addestrare i tagliagole che lo soppianteranno, e quando questi ci saranno riusciti se riescono ad imporre un ordine vediamo se ci è funzionale e ricominciamo il giro, altrimenti abbiamo una buona scusa per un intervento diretto. E con questo, abbiamo raccontato la storia recente di Iran, Afghanistan, Iraq, Tunisia, Egitto, Siria, Libia, e con qualche variante altro mezzo mondo. Se poi volete ancora credere alle favole, c'è il cattivo di turno e bisogna andare a bombardarlo, ma per non crederci più basta ascoltare Piero Pelù, non serve rileggersi Gramsci...
Fidatevi del vostro blogger, ecco cosa scriveva quando questa storia è cominciata:
  • La cosa che stride di più della vicenda libica vista da qui, è come gli stessi media che compattamente pochi mesi fa commentavano incuriositi e benevoli le visite del leader Gheddafi a Roma con tanto di tenda amazzoni e hostess reclutate in loco con extra in caso di conversione omaggiato dal nostro premier con tanto di baciamano e riconoscimenti formali di status storico/politico, quegli stessi media oggi parlino dello stesso soggetto come di un sanguinario dittatore punto. (27 febbraio 2011)
  • Gheddafi se è un tiranno adesso lo era anche sei mesi fa, quando veniva ricevuto con tutti gli onori; a me è stato sempre antipatico (come Saddam) ma non è un buon motivo per avallare un attacco militare ed eventualmente una deposizione violenta con tanto di esecuzione sommaria (come per Saddam, una macchia indelebile sulla nostra patente di civiltà). (23 marzo 2011)
  • La guerra alla Libia non è che per caso è una guerra all'Italia, e in particolar modo alle sue modalità storiche di accaparramento delle sue risorse naturali, con offerte ad eccesso di ribasso che avevano il doppio effetto di sbaragliare la concorrenza e creare uno sfrido per abbondante nero dagli usi italici consueti? (7 maggio 2011)
  • La vittima di oggi [...] sarà l'ardua sentenza dei posteri a dirci se era più o meno dittatore di altri, mentre la cronaca dei prossimi mesi ci dirà già se abbiamo liberato la Libia o l'abbiamo schiavizzata: con Gheddafi era il primo stato africano per aspettativa di vita livello di istruzione condizione femminile e altri indicatori di benessere, vediamo se resta così o segue la parabola irachena. (21 ottobre 2011)
L'abbiamo visto. Cerchiamo di non andare oltre, a una parabola vietnamita magari. Facciamocelo ricordare da Battiato in duetto con Giuni Russo, che brutta fine può fare un idiota da quelle parti, non dal conduttore di un telegiornale...




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