Quando si dice 2 pesi e 2 misure... |
- qualche anno fa un imprenditore gioiese rileva la gloriosa società di basket, per l'ennesima volta risorta dalle sue ceneri un paio d'anni prima, e ne programma il ritorno alle categorie che gli competono;
- nel farlo, in un contesto economico talmente depresso da non perdonarne nessuno, commette alcuni errori, il più grande dei quali fidarsi di un management che tenta una forte accelerazione delle ambizioni (più volte definita "alzare l'asticella") che si rivelerà presto fallimentare nel rapporto costi/benefici, nel duplice aspetto economico e sportivo;
- gli strascichi di quella esperienza, una volta voltata pagina, sono difficoltà economiche aumentate, rispetto a quelle già alte di base, per gli anni a venire;
- tra queste, o forse a causa di queste, la difficoltà a reperire dagli istituti di credito del territorio la fideiussione di 100mila euro necessaria a perfezionare l'iscrizione, e prevista a tutela dei tesserati della società stessa che possono escuterla in caso di mancati pagamenti;
- in mancanza della stessa, l'imprenditore di cui sopra versa di tasca i 100mila, poi a stagione avviata trova la fideiussione, la presenta a chi di competenza, che gli restituisce il danaro;
- l'anno successivo l'anticipo non serve: lo stesso intermediario gli procura il rinnovo della fideiussione;
- intanto, una più oculata gestione dell'aspetto sportivo porta alla costruzione di una squadra di vertice spendendo una frazione dei soldi sprecati negli anni precedenti;
- durante il trionfante campionato di quella squadra, emerge che tutte e due le fideiussioni presentate sono false;
- l'imprenditore si dichiara truffato, denuncia l'intermediario presso il giudice ordinario, e intanto riversa i 100mila che si era ripreso l'anno prima: in questo modo, i tesserati, che pure sono sempre stati più o meno puntualmente pagati tanto che non hanno mai escusso la fideiussione (reclamata invece impropriamente da terzi creditori, altrimenti il caso non sarebbe mai venuto fuori), non avrebbero mai avuto un solo giorno di "scopertura";
- gli organi del basket italiano, già colpevoli di non aver controllato la regolarità del documento al momento della presentazione né la prima (punto 5) né la seconda volta (punto 6 - e attenzione che se al punto 6 hanno la scusa, sia pur fragile, che in quei giorni devono controllare i documenti presentati da tutte le squadre, al punto 5 avrebbero potuto facilmente respingere il documento e tenersi i 100mila), a questo punto scelgono di restituire i soldi all'imprenditore e deferire lui e la società - si, così espongono i tesserati proprio al rischio da cui avrebbero dovuto proteggerli, ma la circostanza non viene rilevata da nessun illuminato osservatore;
- non potendo chiedere l'esclusione della squadra dal campionato (prevista in sede di presentazione dei documenti e non adesso, e comunque foriera di ricorsi a cascata di quelle squadre che avevano sconfitto sul campo la compagine reggina), decidono per una super-penalizzazione equivalente in pratica a una retrocessione, illegittima in quanto non prevista dalla norma, ma in spregio a ciò confermata in tutti i gradi di giudizio;
- la squadra, sul campo terza in classifica e con un rendimento recente tale da far presupporre che nei playoff avrebbe lottato almeno fino in fondo per la promozione in A, si ritrova così ultima in classifica e retrocede;
- il terzo grado di giudizio viene programmato per una data per cui i giocatori, se avessero voluto restare nel progetto per l'anno successivo in caso di verdetto favorevole, sarebbero stati fortemente penalizzati nel trovare una nuova squadra - ciononostante, in molti lo aspettano prima di andar via;
- in tutto questo i tifosi, specie quelli del tifo organizzato, anziché fare quadrato attorno alla dirigenza che li aveva bene o male condotti dalla B2 alle soglie della A, si sono distinti da subito e continuativamente per darle addosso, sia pur restando accanto ai giocatori fino alla fine, al punto che non sorprende (almeno non a me) che l'imprenditore gioiese alla fine decida di mollare cedendo il titolo sportivo di B a un soggetto che si presenta da Barcellona Pozzo di Gotto;
- quest'ultimo soggetto, fallito per motivi peraltro prevedibili il progetto di portare la squadra al di là dello stretto, decide, avendo già sotto contratto alcuni giocatori, di tentare di attuarlo al di qua, rinominandolo di nuovo con le insegne e i colori della mitica Viola;
- per farlo, chiede il sostegno del tessuto imprenditoriale e politico reggino, raccogliendo la consueta latitanza del primo e il tipico ostentato appoggio (che presto scoprirà solo apparente) del secondo;
- in tutto questo, riesce a formare un organico di primo livello, in grado di riportare subito la squadra in serie A2, come si vede subito dalle prime partite di campionato;
- solo a questo punto, misteriosamente, emergono degli ingentissimi crediti delle amministrazioni pubbliche nei confronti della vecchia società, di ammontare tale che il budget previsto per una B di vertice (e a dire il vero, ancora non reperito dal soggetto in questione, tanto da far emergere dei sospetti di legame con la vecchia proprietà che spingono al boicottaggio il tifo organizzato di cui sopra) viene più che triplicato dai debiti con Comune e Città metropolitana relativi rispettivamente al Palasport e al "pianeta Viola" (struttura che storicamente ospita foresteria campi di allenamento e management);
- il soggetto, nonostante i proclami (una volta in più dimostrando che un'ottima comunicazione di una realtà non corrispondente mostra presto la corda e allora ha l'effetto opposto), a questo punto mette la società in mano al Sindaco e taglia la corda;
- i giocatori e il tecnico, mai pagati, restano a Reggio solo grazie a una colletta dei tifosi, mentre in parallelo alcuni imprenditori reggini formano un comitato con l'obiettivo di traghettare la società verso una possibile nuova proprietà;
- intanto, viene nominato un commissario liquidatore che possa consegnare la società agli eventuali nuovi proprietari oppure accompagnarla al fallimento definitivo;
- il comitato, intanto, trova le risorse per concludere la stagione tra cui un inatteso main sponsor biennale;
- la squadra nel frattempo continua ad andare bene, nonostante i 3 punti di penalizzazione rimediati per alcuni pagamenti tardivi (tra cui dei 30mila necessari in mancanza di fideiussione - siamo in B, sono di meno), nonostante un paio di sconfitte imputabili al clima non certo serenissimo, e nonostante un giocatore (per ora, uno solo) abbia deciso di accettare le offerte di un club dal futuro meno incerto e soprattutto nel presente pagante stipendi.
Ma qualunque cosa ci riservi il futuro, la vicenda lascia pesanti interrogativi. Vediamone alcuni:
- punto 18 - i crediti sono reali? se si, non si poteva e forse doveva cedere a titolo gratuito l'uso delle strutture al vanto sportivo della città, anziché racimolare crediti da far valere però solo al momento che avessero ritenuto più propizio? non è così? e allora perché per anni e anni non si è preteso riscuoterli dall'imprenditore gioiese? non è reato, per un amministratore pubblico, non farlo? e perché dopo accogliere il compratore siciliano alla festa del Partito, in Comune, eccetera, lasciargli fare i proclami che ha fatto, senza comunicargli subito l'esistenza dei crediti stessi? e ora che c'è un liquidatore, come si pensa di aggredire il patrimonio societario per avere soddisfazione di somme così ingenti? o si aspetta una cordata amica per sostanzialmente abbuonarglieli (punto 24) e fare finire tutto a tarallucci e vino? qual'è, in definitiva, il ruolo che la politica ha avuto e ha nella vicenda?
- punto 2 - osservando le peripezie della Reggina di questi ultimi mesi, risolte solo in extremis, c'è da credere o alle coincidenze o da iniziare a essere superstiziosi?
- punti 4/14 - non è possibile che un imprenditore rischi, per una somma relativamente modesta che peraltro ha versato sia subito prima che subito dopo quindi poteva benissimo lasciare lì durante invece di presentare fideiussioni false, di vanificare investimenti pluriannuali decine di volte più ingenti: questa è secondo me una prova logica inoppugnabile che sia stato davvero truffato (tra l'altro, il giudice ordinario non si è ancora pronunciato: e se si pronunciasse in tal senso?). Ma se anche fosse stato costretto dalle circostanze a rischiare di perdere tutto facendo l'impiccio, perché altrimenti la squadra veniva radiata a luglio 2016, com'è possibile che i reggini siano gli unici tifosi italiani a dare addosso a chi mantiene la loro squadra, mentre il mondo dello sport italiano è zeppo così di esempi di proprietari molto più scorretti e molto meno dediti al futuro societario che però vengono difesi all'estremo e spalleggiati oltre il lecito dai tifosi e dai cittadini tutti?
Anche questo è Reggio Calabria, città un tempo capace di fare le barricate e fronteggiare i carri armati, oggi al massimo di racimolare un mese di stipendio ai giocatori con una colletta (punto 20) senza nemmeno capire di stare facendo da spalla alle manovre tutt'altro che chiare di non si sa chi. L'argomento, se non credete a me, è riportato anche dal bollettino odierno degli ex-ultras, a supporto della propria decisione di rimanere ancora aventiniani. Se la diagnosi in parte ci accomuna, però, ci divide nettamente la terapia: io al posto loro avrei difeso a spada tratta Muscolino, semmai inscenando proteste clamorose presso FIP e Lega, e se anche la cosa non avesse avuto risultati lui forse non avrebbe lasciato, e se poi nonostante il mio sostegno avesse lo stesso venduto allora avrei aiutato il compratore Coppolino, almeno ad aprire gli occhi. E oggi starei, e infatti sto, a sperare che arrivi anche per noi un Gallo, ma va bene qualunque altro volatile, a chiudere le pendenze e investire sul Mito. Perché ci sia sempre in campo una Viola per cui, magari tenendosi nel cuore il disprezzo per quelli che hanno giocato e giocano col suo destino, soffrire ed esultare.
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