Doveva essere qualche tempo che mi girava in testa, visto che è bastato un innocente post su Facebook di un'amica a farmelo venire fuori: Valentina a un certo punto ha scritto qualcosa come "ma le strade senza uscita viste dall'altra parte sono strade senza entrata?", ed io senza pensarci le ho risposto qualcosa come "no, dall'altra parte si vede un muro e basta, è per questo che bisogna abbattere tutti i muri, a cominciare da quelli dentro di se, perché magari dall'altra parte c'è una strada".
Il fatto è che, come Mr Pink di Roger Waters, tutti noi dal momento che entriamo in relazione con la società veniamo da questa, attraverso le sue Istituzioni (che hanno questa funzione precisa, di autoriproduzione della società stessa) - scuola, chiesa, gruppo dei pari, e innanzitutto famiglia, indotti a costruire attorno a noi stessi un vero e proprio muro, dentro al quale la maggior parte di noi cresce e muore senza nemmeno avere la coscienza della sua esistenza (e qui Roger deve qualcosa a Platone...). Solo alcuni di noi si rendono conto di viverci dentro, alcuni tra questi di esserselo costruito da sé, e tra questi pochi hanno il coraggio di tentare di abbatterlo e pochissimi la forza e la fortuna di riuscirci.
Prendiamo una sola di queste istituzioni (l'esempio vale per tutte), la famiglia, perché sempre più spesso è di drammatica attualità. Quando siamo piccoli e fragili, e abbiamo paura del mondo com'è ovvio che sia, la presenza rassicurante di papà e mamma ci aiuta a sopravvivere, e nel contempo ci mette in testa il mattoncino che "la famiglia è un porto sicuro in cui rifugiarsi". In realtà come dimostrano infiniti (ce n'è uno per ogni Fondazione) miti "Romolo-e-Remo style", e milioni di orfani di adottati e di bimbi cresciuti da zii e nonni, conta avere adulti che ti amano e che ti proteggono, non rileva nulla che siano i tuoi genitori biologici, che siano di sesso diverso (come si scoprirà se e quando finalmente alle coppie omosex si darà la possibilità di legalizzare la loro unione e adottare o avere bambini) e che scopino tra loro (come si vede benissimo in tutte le coppie di "separati intelligenti", purtroppo la minoranza). Invece, il pregiudizio a favore della cosiddetta famiglia tradizionale, fortissimo in particolare in società come la nostra così pervasivamente controllate da un'altra istituzione, potentissima anche perché sa benissimo come si prende e tiene il potere (anche sfruttando le sinergie con le altre istituzioni, cioè...) come la Chiesa cattolica, ha creato e crea milioni di infelici costretti a vivere sotto lo stesso tetto con due genitori che si odiano o si sopportano magari cornificandosi di continuo, o da quando è possibile sballottati tra due genitori che si sono separati e si fanno la guerra magari strumentalizzandoli, e questo se sono fortunati e non ci scappa il morto. Quando invece anche la stessa statistica, dato che oltre la metà dei matrimoni finisce in separazione, e la maggior parte di quelli che durano (come peraltro era anche prima della legge sul divorzio) sono infelici, dovrebbe spingerci a considerare "normale" la situazione in cui un figlio si cresce da buoni amici, ciascuno avendo o meno partner diversi più o meno duraturi (ché un rapporto deve durare quanto dura l'amore, non un giorno in più né uno in meno, questo dovrebbe dire il catechismo), e fortunata ed eccezionale la situazione "famiglia che dura una vita in amore ed armonia".
Il sistema imperante, in pratica, ci spinge fin da ragazzi a cercare una cosa che sarà quasi impossibile trovare, e a credere di averla trovata anche quando (quasi sempre) non è vero, e poi a difenderla come se fosse davvero quello che è solo nella nostra fantasia di bambini impauriti, reagendo come tali se la si perde. Ora, se per noi adulti si tratta di faticosamente rimuovere cinte murarie secolari, ai nostri figli sarebbe ora finalmente di insegnare a non costruirselo affatto, il Muro di cui sopra. Quindi, prepararli: da piccoli a considerare normale ciò che davvero lo è, come appunto avere due genitori con due vite che ti allevano lo stesso con amore e dedizione, e da adolescenti a esplorare se stessi e gli altri senza idee precostituite, confrontandosi in tutti i linguaggi (sesso compreso e d'altronde non solo quello), pronti ad accogliere l'amore come un meraviglioso incidente che più dura meglio è ma spesso non dura. In altre parole, prepararli a vivere la vita nel solo equilibrio che davvero si può raggiungere vivendo: quello dinamico.
Per chiarire ciò che intendo offro due metafore, a scelta:
- la famiglia tradizionale e le istituzioni in genere sono come un treppiedi, per sperare che stia in equilibrio bisogna tenerlo fermo e su un terreno bello piano, e non sempre è sufficiente: basta un po' di vento, o qualcuno che lo sfiori passando accanto. Tu fotocamera ti ci piazzi sopra, e se sei capace di ruotare su te stessa vedi quello che c'è attorno, altrimenti nemmeno, solo l'angolo davanti a te che ti consente l'obiettivo. Vuoi mettere invece a montarti sul manubrio di una bicicletta, magari una mountain bike? Quanto più mondo inquadri, da questa situazione di equilibrio, ben più stabile a patto di continuare (quasi) sempre a muoverti?! E certo, bisogna pedalare, ma se alla vita togli la fatica, siamo sicuri che (eccerto, senza esagerare...) valga ancora la pena di viverla?
- la vita è il mare, tu sei un materassino o una barca a vela classe America's Cup? è importante capirlo, perché nel primo caso devi restare sotto costa, e se solo si increspa uscire a rischiare di sgonfiarti al sole, nel secondo invece puoi andare anche in oceano, e più c'è vento più ti diverti, e solo una burrasca tale da farti scuffiare o spezzarti l'albero può fermarti, ma fino ad allora quanto mondo hai visto! e quando è finita puoi sempre dire "perché, i materassini non muoiono?".
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