La migliore email di auguri per il nuovo anno mi è arrivata da Gemma Serena, che da troppo tempo manca tra le firme di questo blog: in allegato il calendario 2012 del cambiamento, ricco di chiarimenti approfondimenti suggerimenti pratici sul tema della decrescita felice. A proposito, ancora qualche giorno fa rimarcavo l'urgenza di trovare un'etichetta che sostituisse la parola "decrescita" che contenendo una connotazione negativa evoca tutta una serie di significati secondari cattivi che compromettono la sua efficacia come etichetta del movimento di rinnovamento politico e sociale che solo ci può salvare, hai voglia ad affiancargli l'aggettivo "felice" e a snocciolare precisazioni che arrivano via emisfero sinistro, cioè eoni dopo che il messaggio evocativo ha raggiunto l'emisfero destro facendo i danni.
Nel denunciare l'esigenza senza proporre soluzione, facevo l'errore di tradire sia la mia formazione culturale e politica, sia la mia proverbiale forza a Trivial in Geografia. Un articolo di ieri sul Fatto mi ha bacchettato la prima dimensione, facendo scattare la seconda: l'etichetta è PROGRESSO, l'immagine evocata è quella della bellissima bandiera del Brasile, che forse non tutti sanno che contiene l'invocazione (positivista!) a "ordine e progresso" al centro di tutto.
A differenza di altre come "sinistra" o peggio "comunismo" o peggio ancora "socialismo", la parola "progresso" può vantare uno sputtanamento debole e datato, e oggi è solo semplicemente dimenticata, dato che pure a sinistra gli si preferisce un'impossibile "crescita" e talvolta un'incomprensibile "sviluppo" (termine neutro che prende valore a seconda dell'aggettivo che lo accompagna, e quindi può essere benissimo negativo). Invece nel termine "progresso" è implicita una e solo una semplice idea: se c'è, le cose vanno meglio di prima. In altri termini, è un concetto qualitativo, e può benissimo includere situazioni in cui dal punto di vista quantitativo c'è una diminuzione. Ecco che una decrescita felice può sostanziarsi in un progresso, un calo delle spese militari (a cominciare dalla rinuncia parziale o totale all'affare dei caccia) pure, una diminuzione del reddito accompagnata da aumento di tempo libero a parità di possibilità di accedere a servizi e socialità pure, investimenti nel campo dell'energia di minore ammontare ma migliore allocazione (e se è possibile in Bangladesh...) pure. E stiamo parlando di tutte cose che farebbero calare il famoso PIL, quindi aumentare il famoso deficit, quindi aggravare il famoso debito: è o non è abbastanza per alimentare un movimento politico che abbia tra le sue parole d'ordine l'abolizione di questi parametri per misurare se stiamo bene o meno? Lo vogliamo capire o no che questo termometro serve solo al medico, il sistema bancario/finanziario, che attraverso la sua imposizione geniale ha trovato il modo di piazzarsi al nostro capezzale e tenerci perennemente moribondi per campare a nostre spese?
Ordine e progresso, per la miseria, o non ricominceremo mai a coniugare i verbi al tempo futuro. Il che parlando di Brasile non può che dirsi meglio in musica...
martedì 10 gennaio 2012
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