Guardate questa meravigliosa foto: ci sono mia mamma e mia zia, credo non ancora cognate, a passeggio in riva al mare con una terza amica, a fine anni 50 o primi 60. Il loro tenore di vita ai tempi era di una modestia tale, in termini assoluti, che chi ce lo ha oggi è inquadrato in fascia di povertà: mia nonna Carmela (si, si, quella delle ricette), ad esempio, aveva cresciuto quattro figli in una casa popolare (di quelle date dal duce ad affitti calmierati alle famiglie dei terremotati del 1908 - certo, era un modo di comprare i consensi, ma almeno pagando bene, e mio nonno intanto è rimasto sempre socialista, il posto in ferrovia glielo hanno tolto, la casa no) di 40 metri quadri scarsi, dormivano tutti nel soggiorno (chiamiamolo così). So bene che non vi sto raccontando né mostrando niente di originale: chiunque abbia voglia e modo di scavare nella propria famiglia troverà delle foto e delle storie così. Storie di persone venute fuori da una guerra terribile, tutte sfiorate dalla morte tutte colpite dalla miseria, che vivevano una vita povera ma degna, e non perché tutto è relativo e confrontavano il loro presente al recente passato, no: perché avevano la cosa più importante, la speranza, anzi la fiducia, che il futuro sarebbe stato migliore, la certezza che chi si impegnava (e si, magari con un po' di fortuna e/o un po' di furbizia) poteva puntare a qualcosa di meglio. Esattamente quello che i nostri giovani non hanno più.
La foto l'ha messa su Facebook mio cugino Gino (nota per giovani non terroni: al sud i cugini sono, o forse bisognerebbe dire erano, spesso omonimi, e a grappoli, coi nonni) qualche giorno fa, e questo post è rimasto da allora in attesa di essere completato con dati, commenti, confronti, chiose sul contemporaneo, e gli immancabili link di approfondimento. Ma non era il caso, perché invece va bene così: chi vuole capire capisce.
Riguardate la foto. Sono tre ragazze bellissime. Hanno tragedie inenarrabili alle spalle e altre ad attenderle davanti. Ma sono felici, da far piangere. E ci stanno prendendo a schiaffi.
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