domenica 2 settembre 2018

COMUNQUE FORZA VIOLA

Ho il brutto vizio di non credere alle storielle che mi raccontano, l'ultima volta che mi hanno fregato è stato al catechismo, e non è durata tanto se pensate che al liceo ho preso ottimo in religione proprio perché disputavo con un prete intelligente (nell'ora che molti credenti preferivano trascorrere altrimenti, come minimo in cortile) di questioni teologiche da versanti opposti (mi dicevo ateo, crescendo mi è venuto anche pudore verso questa etichetta che è pur sempre di natura fideistica).
Forse anche per questo, la comunicazione l'ho studiata quando ancora non si usava, e dopo ampi giri ho finito per camparci; imitando quel filosofo mi dichiaro ben conscio di essere ben lungi da conoscere la materia a fondo, ma tra quelle due o tre cosette che tengo a mente c'è questa: la comunicazione per quanto ottima alla lunga non può sostituirsi alla sostanza delle cose su cui verte, e se questa è pessima o inconsistente prima o poi si mostrerà per quello che è, e allora la comunicazione ottima sarebbe stato meglio non farla, anzi risulta controproducente mostrando per contrasto la realtà ancora peggiore di quello che è.
E' vero anche l'opposto, però: se fai cattiva comunicazione, puoi compromettere l'andamento di una realtà a prescindere della qualità di quest'ultima.
Sto di nuovo parlando di basket, a un mese dell'ennesima rinascita del mito Viola Reggio Calabria, perché mentre la nuova società pareva convincere tutti, finalmente con una comunicazione svolta in modo altamente professionale (la vecchia era agli antipodi, in materia), una vocina mi diceva che c'era qualcosa di stonato, in sottofondo, e proprio in questi giorni è esplosa la grana del rapporto coi club storici del tifo neroarancio, che si chiamano fuori perché finalmente, in un serrato faccia-a-faccia, avrebbero scoperto che tra i finanziatori, seppur esterni, della nuova compagine c'è nientemeno che il vecchio proprietario. Bene hanno fatto i tifosi a costringere il nuovo patron Coppolino a una seppur parziale svelatura degli altarini, male fanno secondo me a trarne la conclusione di tirarsi fuori, come male hanno fatto a dare addosso al vecchio proprietario Muscolino nella nota vicenda anziché fargli quadrato attorno.
Continuo a pensare, infatti, che entità e modalità della penalizzazione siano stati un monumento all'ingiustizia sportiva italiana, e che un bravo tifoso davanti a un presidente che il primo anno non avendo trovato una fideiussione ha cacciato i soldi di tasca, e il secondo li ha ricacciati a magagna scoperta (ne fosse o meno conscio: non poteva certo dirlo, e l'alternativa era la non ammissione al campionato, ma avendo versato i 100mila prima e dopo viene da chiedersi: perché non lasciarli li, senza rischiare di vanificare i propri investimenti milionari?), ha il dovere di pensare che ha ragione a reclamare di essere stato truffato, e di pretendere che le istituzioni sportive salvaguardino la squadra (semmai punendo lui) anziché di fatto cancellarla.
Ora, so bene di stare sostenendo una posizione impopolare e largamente minoritaria, la maggior parte dei tifosi pensando fino a ieri che la vecchia società era pessima e la nuova invece, ma gli ultimi sviluppi mi spingono a fare un ragionamento ulteriore. Non dico che sia vera, anzi affermo che non ho alcun elemento di conoscenza diretta che possa suffragarla nemmeno come ipotesi, ma voglio lo stesso raccontarvi una storia, ragionando "per assurdo".
C'è il proprietario di uno storico club sportivo del meridione che, anche grazie ad alcune stagioni sciagurate e sfortunate, ha accumulato abbastanza debiti da non riuscire a trovare chi gli faccia uno straccio di fideiussione di 100mila euro. Per iscrivere la squadra, caccia i soldi di tasca. Poi qualcuno gliela fa avere, non gli pare vero, si ripiglia i soldi. Ma appena scopre che il documento non era valido, riversa i soldi al governo dello sport. Oppure, lo sapeva, ma piuttosto che fare radiare la società ricorre per il secondo anno al fideiussore farlocco: è meno probabile (perché non cacciare i soldi come l'anno prima, e come qualche mese dopo, allora?) ma non cambia la sostanza delle cose, insiste perché vuole rientrare degli investimenti, ed è convinto che i suoi dirigenti abbiano finalmente imbroccato la strada giusta, e con la promozione in A, o anche solo la valorizzazione dei carneadi che saranno presto campioni, ce la farà. FIP e Lega glielo impediscono. Ricorre tre gradi, gli fissano le date in modo tale che anche vincesse si ritroverebbe senza squadra, lui vorrebbe ripartire dalla B, poi qualcuno gli consiglia di vendere la società, ripartire dalla C con la Scuola Basket, e intanto ricorrere al TAR, giustizia va fatta. Ma in entrambi i casi ci vuole il sostegno della tifoseria, che non c'è. Allora ha una pensata. Può fare finta di venderla, la squadra. E si rivolge a uno bravo, veramente bravo, proprio nel settore fin qui più trascurato. L'idea è semplice: si cede il titolo a una società di una città dove proprio un campionato di basket a questi livelli per un po' di anni non si può fare, perché è vietato dai regolamenti. Così, la scelta di fare la B a Reggio da parte della nuova società arriva dopo che la tifoseria aveva toccato con mano la sparizione, o la ripartenza dalla C con una nuova società dal nome glorioso che però è in ritardo su tutto. La stessa cosa, vista dall'alto è sotto e vista dal basso è sopra. Si pianifica un campionato di vertice, si fanno le cose bene. Magari si fa pure il ricorso al TAR per riavere la A2 (anche se si continua a non trovare chi ti presti uno straccio di fideiussione - in B sono solo 30mila - e quindi si deve versare l'importo alla FIP in denaro). Intanto, per dissimulare chi mette i soldi, oltre alle tattiche dilatorie, si mettono in scena anche il dissidio con la SBV, la querelle per logo e sito, eccetera. Fino alla "tana" del tifo organizzato, e oltre. Ora, ammesso e non concesso che questa storia di fantasia sia proprio la verità, io dico: e allora? Non sarebbe la controprova che quell'imprenditore sta continuando a fare di tutto e di più per la propria impresa, che guardacaso è la nostra squadra del cuore? Io dico di si. E dico che questa squadra merita ora più che mai il sostegno pieno e incondizionato dei propri tifosi. Questo, se fosse vera questa ipotesi estrema, figurarsi se invece ad essere vera è proprio quella dichiarata, di un semplice partner commerciale a livello giovanile (e ci si sbriga magari a dire chi sono i finanziatori).
Ripeto: Cestistica Piero Viola, Nuovo Basket Viola, Scuola Basket Viola, Team Basket Viola, Viola 1966, qualunque sia la società, se c'è una squadra neroarancio che si chiama Viola e gioca a Reggio Calabria, bisogna sostenerla. Anche se il proprietario si fa truffare, anche se ricorre al falso pur di non sparire, anche se a un certo punto non avesse trovato di meglio che una messa in scena, anche se invece è vero che è proprio un altro. La sua storia è come la pagina wikipedia: una. Unica. E può vantare tra le mille altre cose di avere dato al mondo del basket uno dei suoi campioni più grandi, che a 41 anni proprio in questi giorni ha annunciato il suo ritiro sui social, non prima di aver rammentato proprio i suoi primi passi reggini nel basket europeo.
Insomma, comunque Forza Viola. qui non si muore mai.

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