sabato 5 aprile 2025

BISOGNA TORNARCI A FREDDO

Che la percezione dello scorrere del tempo sia una cosa alquanto stranuccia è cosa risaputa. Ad esempio, in questi giorni cade il terzo anniversario della fine dello stato di emergenza Covid e ci sembra ieri, mentre lo stato di emergenza stesso è durato poco più di due anni e ci è sembrato, e ci sembra ancora a pensarci, una infinità. Ecco perché è il caso di tornarci adesso: da un lato è passato abbastanza tempo da poterci dire le cose da una distanza che consente forse di fare la tara alle tifoserie, diciamo così, dall'altro è ancora abbastanza attuale da provocare al pensiero il classico brividino alla schiena (anche se per ragioni diverse tra fedeli e non fedeli del Verbo Pandemico); in mezzo, o se preferite di lato, c'è che a prescindere se sia stato fatto apposta o meno il paradigma collaudato in quel periodo è ancora qui tra noi e minaccia di essere riutilizzato per ragioni (apparentemente, si dimostrerebbe) diverse.

Ecco dunque una serie di punti che potremmo dare per consolidati, su quanto è successo nel fatale biennio:

  1. non era la peste bubbonica, e nemmeno l'Asiatica o la Spagnola, ma un'epidemia con uno scostamento della curva delle "normali" vittime delle influenze annuali che può essere giudicato grande (guardando ai valori assoluti; guardando alla persone anche una sola in più è una tragedia) o meno (guardando alle serie storiche percentuali da abbastanza distante da vedere che è stato solo un increspamento della curva), ma di certo non ha niente a che vedere con le grandi pandemie della Storia;
  2. l'affermazione secondo cui il punto precedente sarebbe vero solo per effetto delle contromisure prese, tra cui i cosiddetti vaccini, è priva di fondamento, dal momento che né restrizioni né somministrazioni di sieri hanno fermato i contagi prima del naturale declino della curva, e se lo hanno agevolato è stato in misura non verificabile e non rilevante, e i protocolli di cura e profilassi alternative ai vaccini sono stati per volontà politica precisa praticamente inesistenti (e quelli esistenti, sorti spontaneamente qua e là, o fermati o privati di eco);
  3. la relativa inefficacia e la documentazione invece di nocività (per quanto proditoriamente e insistentemente insabbiata) dei sieri sperimentali sono talmente autoevidenti da rendere francamente imbarazzanti le giustificazioni posticce subito strombazzate (e indimostrabili) della serie "si però hanno ridotto i sintomi", e alla fine da aver fatto pessima pubblicità a un concetto, quello di vaccinazione, che è un altra cosa e ha avuto storicamente ben altri risultati (pur avendo storicamente un margine naturale di pericolosità tale da avere storicamente scoraggiato, fino a pochi anni prima del Covid con la Lorenzin, l'obbligatorietà delle somministrazioni);
  4. la proclamazione dei cosiddetti lockdown (terminologia carceraria: lapsus o autodenuncia?), sia generali che in zone denominate "rosse" sulla base del rapporto tra positivi (a tamponi non in grado di identificare i malati ma solo a evidenziare la presenza di anticorpi - o non ricordate nemmeno la differenza tra "sieropositivi" e "malati di AIDS"? eppure quest'ultimo, proprio come il Covid, è una "sindrome", cioè un insieme di sintomi, non una "malattia" in senso stretto) e posti letto in terapia intensiva disponibili in ogni area territoriale, è stata un esperimento sociale frutto come minimo della precisa volontà politica di agire sul numeratore di quella frazione (implicante la libertà personale di tutti i cittadini e la rovina economica di intere categorie di essi) diminuendolo piuttosto che sul denominatore aumentandolo (attrezzando costi quel che costi, cioè facendo ricorso ad indebitamento pubblico, nazionale o europeo non importa, tutti i presidi ospedalieri che servivano), nascondendosi dietro quei vincoli di bilancio (che ci hanno impoveriti tutti) di cui ci si sarebbe dimenticati in sede di PNRR e quel tabù degli eurobond che fa particolarmente rabbia vedere messo in discussione oggi invece per le armi;
  5. visto quanto sopra enumerato, la messa in discussione delle libertà individuali fondamentali, subordinandole a un concetto così facilmente manipolabile come quello di "salute pubblica" come peraltro i costituenti (freschi degli abusi del nazismo) avevano attentamente evitato di fare (ma con una Corte costituzionale a nomina politica, non c'era da sperare nella sua azione di salvaguardia), fino ad in pratica revocare l'habeas corpus, si rivela per quello che è: una prova generale di un nuovo modello di sudditanza, utile a definitivamente superare i concetti non più utili di democrazia e libertà - dello stesso novero è l'istituzione del Green Pass a soppiantare la libertà di circolazione e assieme il diritto ad esercitare la propria professione in qualunque modo lo si sia guadagnato: fummo in pochi a comprendere che era la fase di test di un impianto che una volta accettato poteva essere riutilizzato per qualsiasi altra ragione, e lo vedremo presto con l'ambiente e magari pure con la guerra.

Accettando anche solo la metà, ed anche solo in parte, di questi ragionamenti come plausibili, si potrebbe e dovrebbe mettere in stato di accusa una intera classe politica (e non dite che non si può fare, con tangentopoli si è potuto), e comunque chiedere scusa e giurare "mai più". Invece, come abbiamo appena delineato alla fine del punto 5, siamo pronti per il Green pass 2.0: sull'inseparabile telefonino, una patente a punti di sensibilità ambientale per togliere dalla circolazione chi non si riesce a convincere a disfarsi della macchina a gasolio (perché razionalmente pensa che è buona e ancora nuova, consuma poco, e impatta meno tenerla che comprare due tonnellate nuove di metalli cristalli plastiche e minerali rari, ma contro l'ideologia la razionalità ha sempre vita dura), non accetta di dover rifare il mutuo quasi estinto per adeguare la propria casa alle assurde normative europee o non avendone la possibilità non accetta di disfarsene svendendola e finendo i propri giorni nei loculi in affitto di stile europeo che stanno fiorendo in ogni dove, non smette di fumare o di adottare un qualsiasi stile di vita che potrebbe ricadere come spesa sanitaria sulla collettività, è meno che zelante nella raccolta differenziata, o magari di nuovo non sottostà a un trattamento sanitario obbligatorio pseudovaccinale o di natura diversa.

Con l'Intelligenza Artificiale che, lungi dall'essere imbrigliata (solo i vecchi brontoloni come me ritengono indispensabile che lo sia), entra oramai anche nelle applicazioni di uso più frequente e generalizzato di ogni device, a sedurre ogni recalcitrante magari anche solo titillando la più banale pigrizia, e intanto a perfezionare esponenzialmente la grande raccolta di dati personali sensibili e caratteristici iniziata da tempo, nessuno potrà sfuggire. E purtroppo, a questa velocità, nemmeno noi sessantenni abbiamo speranza di morire prima di vedere questa oscena distopia realizzata, a meno di morte prematura ovviamente.

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