venerdì 27 maggio 2011

IDEOLOGIA E POST-IDEOLOGIA

Il titolo è esattamente quello della sua nota su Facebook, che l'amico Michele Diodati mi ha concesso di pubblicare su questo blog, e che segue integralmente. Di Beppe Grillo io penso da tempo dica troppe cose, per cui tra le tante giuste non può non scappargliene ogni tanto una sbagliata. Tipo le dichiarazioni su Pisapia che hanno ispirato questo attacco di Claudio Fava, peraltro figlio di uno dei "santi laici" vittime della mafia celebrati dallo stesso comico genovese in uno dei suoi scaricatissimi calendari. Io non concordo con i tratti più estremi di questa presa di posizione, Grillo non è un gattopardo e le sue analogie con Berlusconi sono poche e superficiali, semmai mi trova più concorde la critica più ragionata di Scanzi sul Fatto: specie quando ricorda tutti i peccati del centrosinistra che hanno creato lo spazio dove prospera il Movimento a 5 stelle, e quando lamenta il mancato scioglimento del nodo sul ruolo di Grillo stesso. Comico o politico? Quando la sua discesa in campo era ancora al di là da venire, ma non il suo impegno politico che data moltissimi anni addietro (quando fu cacciato "da tutte le televisioni del regno" per una battuta sui socialisti...), lo vidi in un teatro all'aperto: pagai una bella cifra, piovve e lo spettacolo durò mezz'ora o poco più, ma si guardarono bene dal ridarci anche solo parte dei soldi del biglietto (poi dice che uno fa le battute sui genovesi...). Oggi che rilasci comunicati politici a ripetizione, mi spiace Beppe ma io non ti pago più: vieni in piazza, fai un comizio, e chi vuole ti sente gratis. Oppure torni a fare politica in senso lato, e se vogliamo ancora più nobile, come facevi una volta (che scassavi luddisticamente i computer sul palco: la coerenza non è una virtù, siamo d'accordo, ma ciò vale sempre), e allora puoi ancora farti pagare come un Paolo Rossi qualsiasi.
A proposito di comunicati politici, proprio dal commento al numero 43, di pochi giorni fa, parte la nota di Michele, cui passo la parola...
...
Scrive Beppe Grillo:
(...) I partiti non sono tutti uguali, ma sono tutti partiti. Intermediazioni tra il cittadino e la cosa pubblica. Sovrastrutture senza valore aggiunto, se non per sé stesse. I politici sono immuni a qualunque crisi. I partiti sono il passato, saranno cancellati dalla Storia, lo percepiscono e reagiscono negando la realtà. (...) Non hanno capito nulla del cambiamento, ne sono esclusi. Lo spirito dei tempi lascia dietro di sé la politica fatta con i soldi. Il futuro è post ideologico e una nuova generazione sta prendendo coscienza di sé e del precipizio finanziario, sociale, economico creato dall'attuale sistema. Cambiare il sistema e emarginare chi l'ha creato e consentito è l'unica scelta. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Secondo me Grillo dice una cosa giusta e una sbagliata. Quella giusta è che bisogna eliminare, o almeno cambiare radicalmente, l'attuale sistema partitico. Il sistema vigente consente infatti ai gestori dei partiti di essere un'oligarchia quasi onnipotente, in grado di fare leggi a proprio uso e consumo, di usare a proprio piacimento immense risorse economiche stornate all'utilità pubblica, di tenere sotto scacco i media e le autorità di controllo, in modo da perpetuare all'infinito il proprio potere, senza alcun beneficio - anzi con gran danno - per la collettività.
La cosa sbagliata è invece quella di credere in un futuro "post-ideologico", senza partiti, in cui la gente si aggrega solo in base a valutazioni utilitaristiche e a circostanze occasionali. Fino a un certo punto, questa idea può anche essere sensata, almeno dal punto di vista del cittadino elettore: mi piace il tuo programma politico, ti voto; non mi piace, voto un altro.
Ma chiunque presenti un programma politico è solo apparentemente "post-ideologico", per usare l'espressione di Grillo. C'è sempre una visione del mondo, sia pure implicita, dietro un programma, non solo calcoli di utilità economica e pratica. Essere contro il nucleare e a favore dell'acqua pubblica, per esempio, non è solo una conseguenza dell'incidente di Fukushima e dei guai in cui sono incorsi i comuni e i paesi che hanno privatizzato in passato la gestione dell'acqua (la Bolivia, per esempio). È piuttosto la scelta di chi pensa che il mondo non debba essere un'arena di interessi privati in conflitto, da regolare per mezzo di compromessi tra oligarchie capitalistiche, ma un luogo che appartiene a tutti e che nessuno ha il diritto di gestire come una proprietà privata, e magari di distruggere, perché grazie ai soldi è diventato azionista di maggioranza dell'energia o dell'acqua.
In breve, io penso che l'ideologia, intesa in senso buono (cioè non come paravento per fare i propri comodi), sia un bene e non un male. Il vero grande limite della politica contemporanea è proprio l'ostentata mancanza di ideologia, in cui destra e sinistra sembrano pienamente concordi. Le concessioni della politica al Vaticano, per esempio, i no al testamento biologico e ai Dico, appaiono puramente strumentali: mezzi per avere il sostegno dei cattolici e soprattutto delle gerarchie ecclesiastiche. Poi nel privato, soprattutto a destra, orge, doppie e triple famiglie violano qualsiasi principio cristiano. Lo stesso vale a sinistra, dove la paura di perdere consensi fa fare concessioni sulla giustizia sociale, la laicità e i diritti individuali che disgustano semplicemente chi crede ancora nei valori ideologici della sinistra.
Perciò credo che Beppe Grillo su questo punto sbagli e che i politici dovrebbero anzi avere il coraggio di presentare programmi che spieghino chiaramente agli elettori quale è la visione del mondo e l'idea di futuro che c'è dietro ogni proposta politica. A furia di voler cancellare le ideologie, ritenendole rimasugli del passato, si rischia di creare solo una grande confusione e le condizioni ideali per far vincere la corruzione e l'interesse privato. Senza un ideale da proporre e senza una visione del futuro, la politica è svuotata della sua stessa essenza.
Michele Diodati

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