In questa foto di Berengo Gardin (fonte), oltre che la testimonianza di una città colpevolmente abbandonata, l'essenza stessa della Politica nel suo senso più vero |
Come era lecito prevedere, l'Italia, non potendo imboccare la via francese per l'assoluta latitanza di un pensiero politico di sinistra all'altezza, si incammina sul percorso greco della frammentazione esasperata e dell'ingovernabilità, con un unico fattore a salvarla, checché ne possa dire il Presidente della Repubblica più sciagurato e incompetente della nostra storia (tutti hanno fatto rimpiangere Pertini, lui persino Cossiga): il movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Il commento più intelligente di queste ore, come tale anche breve, è infatti questo di Debora Billi: dobbiamo al comico genovese (io continuo a chiamarlo così fino a quando si ostinerà a fare spettacoli a pagamento oltre che comizi) se non abbiamo ancora imboccato una deriva autoritaria stile anni 20/30 del secolo scorso, se cioè la cosiddetta antipolitica, che non esisterebbe se la politica facesse il suo mestiere anziché occuparsi esclusivamente di arraffare e depredare, non trovasse ad incanalarla un movimento con un programma politico serio (e condivisibile, peraltro direi obbligatoriamente da una forza di sinistra che voglia essere degna di essere definita tale) capace di attrarre persone serie. Prima di lamentarsi di Grillo, non è nemmeno necessario fermarsi a immaginare che senza di lui (grazie alla sciagurata linea politica del PD, che a differenza dei socialisti francesi lascia libero il campo della critica a questa UE) potremmo avere Forza Nuova al 10 per cento, basta ricordare che con un peso del genere è da vent'anni che condiziona l'Italia un movimento di antipolitica buzzurra ignorante e razzista, quella Lega Nord peraltro talmente incoerente da aver governato per anni con uno che per anni ha definito mafioso e amico dei mafiosi, da aver cavalcato il giustizialismo per poi scoprirsi ladrona come e più degli altri e in combutta persino con la 'ndrangheta.
A proposito di terremoto, se qualcuno ha ancora dubbi sul fatto che la gestione dell'evento aquilano sia stata la peggiore in tutta la storia italiana, che peraltro poteva già contare di perle del settore come il Belice o l'Irpinia, prima si faccia un giro delle new towns berlusconiane e del centro ancora abbandonato, poi vada a vedere il risultato del PdL a L'Aquila: è così imbarazzantemente basso che consente all'UdC e al suo progetto centrista, bastonato pesantemente in questa tornata, l'unico risultato decente, un candidato al ballottaggio, sia pure probabilmente perdente.
Questa fortissima scossa dovrebbe essere più che sufficiente a che il PD, se avesse dei leader con un minimo di intelligenza politica, cambiasse finalmente linea, capendo quello che è evidente da anni: che deve recuperare i voti dove ci sono, tra le milioni di persone deluse dalla politica, tra cui quelli che si buttano nella cosiddetta antipolitica sono ancora una minoranza, mentre la maggioranza (un terzo degli aventi diritto: il primo partito! in Italia mai successo...) resta proprio a casa. Oggi il segretario del PD dovrebbe:
- lanciare segnali inequivocabili di apertura al Movimento 5 stelle (in alcuni punti - energia, beni comuni, legge elettorale, norme anticorrotti in politica, ad esempio - aderendo al suo programma);
- rimangiarsi precipitosamente il si al fiscal compact e raggiungere Hollande nel fronte anti-Merkel dandogli forza, avendo capito che (al contrario di quanto affermato dal monopensiero monetarista e da tutti i soloni della politica nostrana, Napolitano in testa) ridiscutere il progetto UE oramai è l'unico modo per salvarlo, anche perché non è ancora detto che il neoleader francese possa e voglia mantenere le promesse;
- abbandonare finalmente la rincorsa alla Lega sul terreno del federalismo, che tanto è costato al Paese in termini di moltiplicazione dei centri di spesa e diminuzione di controllo sugli stessi, magari sposando una linea come quella suggerita qui da Bertani: abolire non solo le province ma anche le regioni, accorpando queste ultime in poche macroregioni in funzione politico/economica non burocratico/amministrativa, e i Comuni in Comprensori laddove non fluiscano nelle finalmente realizzate Aree metropolitane;
- avendo finalmente imparato a leggere i risultati elettorali, guardare a sinistra, e non solo all'alleanza con IdV e Sel, anche e soprattutto ai milioni di elettori potenzialmente di sinistra che oramai non votano più, la cui esistenza è stata dimostrata in maniera lampante ad esempio dai referendum di un anno fa - abbandonando l'equivoco di voler tenere dentro più anime incompatibili (tanto il Grande Centro si farà, il fallimento del cosiddetto Terzo polo accelererà questo processo, e gli ex-margheritini prima o poi ci finiranno dentro) e con esso l'emerita stronzata delle primarie (che fin qui sono servite solo a dimostrare, e Palermo è l'ultima controprova di enne, l'insipienza dei vertici del PD tramite la sconfitta dei loro candidati);
- andare da Monti e Napolitano e dire: da oggi o si fa come diciamo noi (cioè come Hollande) o ritiriamo la fiducia al governo dei cosiddetti tecnici - e prepararsi al voto a giugno o comunque il prima possibile (per ridurre al minimo gli effetti di quasi certi attacchi speculativi).
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