Chi si ricorda quel bellissimo spot anni 80 con cui il grande Dan Peterson monetizzava la notorietà raggiunta come coach della Milano (da bere, appunto) di basket e telecronista della prima Nba che innamorò tutta una generazione? Era una marca di tè, e lo slogan era proprio uno dei tormentoni preferiti da Dan nei suoi commenti alle azioni di Magic Johnson piuttosto che di Larry Bird o Kareeeem Abdul Jabaaaar e il suo Gaancio cielooooo!
Seguo il tennis da ragazzino, me ne fece innamorare la classe immensa di un non-atleta come Panatta, ma ammiravo moltissimo anche il suo opposto, il finto gelido Borg, regolarista che vinse 5 wimbledon a fila dimenticandosi di esserlo. Si ritirò giovanissimo, l'orso svedese, e quando una decina d'anni dopo una serie di scelte sbagliate ivi compreso un matrimonio con una nota cantante calabrese lo spinsero a tornare sui campi a raccattare qualche spicciolo, lui che era stato forse il primo ad arricchirsi davvero con la racchetta, volle tentare di farlo impugnando la vecchia Donnay a impugnatura lunga, inventata a suo tempo per lui e il suo rovescio bimane. Solo che nel frattempo le racchette avevano subito una evoluzione così radicale che anche lui fosse stato quello dei bei tempi, fisico e testa e voglia e tutto quanto, sarebbe stato come affrontare con un fucile ad avancarica un alieno armato di disintegratore.
Già, le racchette. L'evoluzione dei materiali nel tennis è stata governata male, come se in Formula 1 avessero consentito i motori a reazione, o nel basket le scarpe a molla. Il risultato è stato una "selezione inversa" del tipo di giocatore, in qualche modo analoga a quella avvenuta per altre ragioni (il mancato o sbagliato aggiornamento regolamentare) nel calcio, a favore del "tutto fisico" e a scapito del "tutto tecnico". In un quadro del genere, poteva emergere solo un talento straordinario, uno baciato nella culla dal Dio del Tennis, che per una sorta di dialettica hegeliana riproponesse Laver o Rosewall, McEnroe o Panatta, Edberg o Becker, per finire al suo stesso idolo Pete Sampras, al gradino superiore di velocità di palla e di forza e resistenza fisica degli avversari. In cima a questa scalinata c'è appunto Roger Federer, l'unico top-player dell'ultimo decennio che lo sarebbe anche se, come forse sarebbe opportuno, i giocatori ATP fossero costretti a giocare con racchette di legno. Certo, campioni di tenacia come Nadal o Djokovic troverebbero il modo di essere della partita, ma basta: energumeni come Del Potro (e sto parlando del più forte del genere), che si è interposto tra Federer e il mito togliendogli a mazzate il Grande Slam, dovrebbero cambiare sport, punto.
Dopo anni di dominio assoluto, con l'avanzare dell'età e l'emergere dei mostri di cui sopra, gente capace chissà come di tirare più forte alla quinta ora di partita che non alla prima, il Nostro ha dovuto lasciare la corona la prima volta quattro anni fa, e due anni fa definitivamente, almeno secondo i suoi tanti detrattori: si, ne ha, ce n'è tanta di gente invidiosa che preferisce criticare modelli in cui non può identificarsi... Quando a fine 2011 Roger si è riaffacciato dalle sue parti vincendo un po' di tornei e poi il Master questi si sono affrettati a spiegare la faccenda col fatto che si trattava di competizioni dove si giocava due set su tre, adatti all'anzianotto talentuoso, e portavano a prova la disfatta in coppa Davis dove si gioca tre su cinque come negli Slam. Ebbene, eccoli serviti: con un'impresa paragonabile solo a quelle analoghe di Michael Jordan o Mohammed Alì, lo svizzero domenica scorsa si è preso il torneo di Wimbledon per la settima volta (record uguagliato), diciassettesimo Slam (record assoluto), e ripreso il numero uno (record assoluto di permanenza al vertice). Il tutto a quasi trentun'anni, età alla quale nessuno dei suoi avversari arriverà giocando, perlomeno a questi livelli. E con il solito fairplay, come si può ben giudicare da questa intervista.
Non dobbiamo stupirci, quindi, se c'è persino un vasto movimento culturale che seriamente utilizza questo immenso campione per fare filosofia: stiamo parlando oramai senza più alcun dubbio del più grande giocatore di tennis di tutti i tempi. Zitti e mosca: è così.
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Tra tre giorni il blog compie quattro anni, entra cioè nel suo quinto anno di vita. Come regalo, ogni anno, gli faccio fare un giro dall'estetista. Spero che ai miei (pochi) lettori piaccia questo nuovo restyling...
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