Non pare vero, di sti tempi, di poter commentare non una ma ben due ottime notizie nello stesso giorno: la condanna di Berlusconi per il cd. rubygate e l'inaspettata elezione a Sindaco di Messina di Renato Accorinti, leader fondatore dei NoPonte. Parto da quest'ultima, perché è talmente epocale da meritare la copertina, e perché l'altra mi consente di lasciarvi con un video musicale.
L'area dello Stretto di Messina è forse la culla della civiltà italiana, ed è come condannata a rappresentarne per sempre la quintessenza, nel bene e nel male: reggini e messinesi hanno gli stessi pregi e difetti degli italiani, ma portati all'estremo. Sono dunque capaci di efferatezze inaudite come di colpi d'ala maestosi, di sguazzare nel fango mimetizzati come perioptalmi per decenni senza dare segni di insofferenza allo schifo che li circonda, ma anche di librarvisi sopra per intere stagioni senza essere raggiunti dagli schizzi. Dall'altra sponda successe qualche tempo fa con la sfortunatissima parabola di Italo Falcomatà, adesso è il turno dei cugini, capaci di capovolgere al secondo turno i risultati del primo eleggendo a Sindaco uno di loro, un puro animato da spinte ideali e coraggio, e l'augurio è che possa almeno eguagliare la portata della rivoluzione che fu la cosiddetta primavera reggina, e che abbia il tempo di consolidarne gli effetti onde evitare il cupo rinculo all'inverno più nero che ha caratterizzato la vita politica e sociale reggina negli ultimi anni.
Accorinti non ha voluto apparentamenti con nessuno, nemmeno col MoVimento 5 Stelle, ma la sua vittoria è figlia della stessa tensione ideale e delle stesse cause politiche profonde: lo scollamento della maggioranza dell'elettorato dai partiti esistenti. Messina è dunque un altro esempio, dopo le politiche di febbraio, del fatto che esiste una tale massa di elettori che per PD PdL e compagnia bella non votano più, che dove e quando ci sia qualcuno capace di mobilitarli, questo qualcuno ottiene risultati inaspettati. Lasciamo pure che i piddini esultino, dunque, per le amministrative (anche quando come a Roma vincono grazie a un candidato non espresso dal loro partito e che ne ha preso le distanze prima durante e dopo la campagna elettorale): alle prossime politiche la sorpresa potrebbe arrivare forte, e che la protesta sia di nuovo incanalata da Grillo è ancora la cosa migliore per la democrazia che ci si possa aspettare, finché non compaia un Accorinti nazionale. A chiarire che le priorità del Paese sono altre rispetto a quelle portate avanti da questa classe politica: niente più inutili mostri mangiasoldi come il Ponte sullo Stretto, la cosiddetta TAV in Val di Susa o il Muos a Niscemi, e coi soldi risparmiati così e con altre decisioni epocali come la rinuncia all'acquisto degli F35 e il ritiro immediato dalle missioni ignobilmente definite di pace si cominci a ricreare spazio per una spesa pubblica mirata a riavviare l'economia, cui dovrà immediatamente seguire la messa in discussione degli accordi europei per tornare magari proprio allo spirito di Messina abbandonando per sempre le teorie e le pratiche monetariste. La maggioranza degli elettori è questo che vuole e voterà per qualcuno solo se trova chi sostiene con coerenza questa linea (altrimenti non vota e lascia che i contendenti si disputino le poltrone sul nulla, contenti loro), anche se fosse un pluricondannato sputtanato.
Silvio Berlusconi lo sa e di conseguenza la sua linea, dopo che l'elenco delle sue condanne si è allungato promettendo di farlo ulteriormente nei prossimi giorni, non cambia: anche se io fossi definibile formalmente un delinquente (e ha ragione Dellefragilicose, il problema non è la sua condotta morale nei confronti delle donne magari minorenni, è il casino che ha combinato con la Questura di Milano e poi intimando ai suoi parlamentari di votare compatti la sua insostenibile tesi...), gli elettori sanno che uomo sono e se continuano a votarmi significa che vogliono a guidarli proprio uno come me. Si, forse è vero che gli converrebbe un buen retiro, che significherebbe che ha capito che è meglio abbandonarsi al proprio genio piuttosto che al proprio demone, ma quest'ultimo è più forte: è la megalomania, e forse sarà proprio quella a fotterlo. Ciò però non sarà sufficiente al PD per dominare il campo, checché ne pensino oggi i suoi esponenti, anzi: la fine politica di Berlusconi accelererà anzichenò lo scioglimento del partito-bestemmia e il reimpasto totale del quadro politico. Il che però, a pensarci bene, rende questa buona notizia una buona notizia doppia. Alla fine, Al Tappone ha fatto la fine di Al Capone, fregato per vie traverse: avevano ragione gli Elii, cavolo!
martedì 25 giugno 2013
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