Quando uscì So, Peter Gabriel aveva 38 anni. Pare che tutti noi diamo il meglio tra i 25 e i 40 anni, ma (a causa di una serie di distorsioni della società che peraltro si stanno ancora - e notevolmente - ampliando) la cosa si nota meglio nei musicisti |
Sto parlando di Peter Gabriel. Se avete meno di 30 anni, o voi si ma avete figli partner parenti amici sotto quella soglia, e non lo conoscete bene, dovete rimediare: vi darà nuovi parametri per la valutazione della qualità della musica che ascoltate. L'ideale sarebbe in tour, io quello del 93 al palaghiaccio di Marino lo classifico come il migliore spettacolo musicale dal vivo cui abbia mai assistito (guardare per credere), e dico spettacolo e non concerto perché con Gabriel si usano da sempre gli occhi almeno quanto le orecchie. Ma quest'anno in Italia non ci viene, eppoi questo tour la novità sembra essere proprio la mancanza di effetti scenici stupefacenti, perlomeno la loro presenza non nella misura consueta. Ragion per cui vi tocca andare al cinema.
Per pochi giorni, infatti, è in programmazione in alcune sale un docufilm tratto da questa tournée, che per carità può anche non piacere ai nostalgici dell'energia che passava Peter quando era meno anzianotto, ma proprio per il media scelto si rivela particolarmente adatto a quella funzione divulgativa cui vi ho chiamato dianzi. Della serie, si soffre per non poter urlare e saltare mentre la musica e le scene ti avvolgono, ma in compenso si vedono primi piani di dita e si ascoltano cesellature di arrangiamenti fino a comprendere la mole di lavoro che sta dietro a ogni singolo suono quando i musicisti sono gente seria. Roba che dopo averlo visto penserai anche tu, fratellino, che i talent show sono posti dove si incentivano omologazione e sciatteria e si disincentivano creatività e precisione.
Non è solo perché Levin Katche Sancious e Rhodes sono tornati sul palco dopo 25 anni vestendo tute da operai, quindi, che ho storpiato il titolo di questo post.
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