martedì 27 marzo 2018
16 - OUR PERSONAL HERO
Tra tanti racconti nati da canzoni mie, qui c'è n'è uno che prende spunto da una altrui. Si tratta di un brano (anzi, di due che vanno ascoltati di seguito: Calabuig e Sette meno uno) che mi ha sempre colpito, tra l'altro dell'album forse migliore della carriera di Roberto Vecchioni, e più che per quello che racconta per quello che lascia di non detto, da immaginare prima e dopo. Ed è proprio quello che ho fatto, mettendolo nel sogno di un giovane astronauta scozzese, nel capitolo sedici di Chi c'è c'è.
16 - OUR PERSONAL HERO
Ognuno di noi ha un eroe personale, qualcuno con cui si identifica nella fantasia, come Woody Allen con Humphrey Bogart in quel vecchissimo film. La maggior parte si sceglie un eroe bello, forte e invincibile, una persona esistente o esistita, famosa o meno, o comunque un personaggio della storia, della letteratura o della musica, o una leggenda. Poi c'è chi se ne inventa uno, magari proprio perché non ne trova uno abbastanza bello, forte e invincibile per i suoi gusti. Io invece non solo me lo sono creato di sana pianta (salvo spunti subconsci, ovviamente), ma me lo sono fatto perdente. Solo, pieno di dubbi, e perdente.
Si chiama Anthony MacIntosh, è scozzese come me, e come me è un giovane signore molto al di sopra della media nella scala sociale. Ciò nel suo mondo di due secoli fa significava essere un nobile, mentre nel mio è essere uno scienziato così ricco e famoso da essere prescelto per il programma Exodus, l'unico omosessuale dichiarato su 21 soggetti; anzi, dovrei dire: nonostante abbia dichiarato da tempo la mia omosessualità.
Il fatto che io sia un allievo di Hawking credo sia stato decisivo: non potevano, o non hanno voluto, prendere lui, ufficialmente per via del suo pesantissimo handicap fisico e della sua vecchiaia, perciò se avessero individuato il loro astrofisico in uno dei miei meno brillanti ma eterosessuali colleghi avrebbero scoperto troppo i loro scopi riproduzionisti. Che però sono apparsi subito palesi a tutti, e a molti giustificatissimi, e quindi si sarebbero potuti risparmiare di mandare anche questo unico finocchio tra le stelle.
Io dal canto mio ho accettato sforzandomi di applicare in questa sede quello che nella vita comune ho imparato a fare naturalmente, quasi d'istinto, e che tutti dovrebbero fare sempre con tutti quando si è fuori contesto: non considerare i miei gusti sessuali. Essere un uomo a cui piacciono altri uomini non è molto diverso da essere un uomo a cui piacciono le bionde piuttosto che le brune, le bimbe piuttosto che le tardone, o le morte piuttosto che le vive. E nessuno si è mai preoccupato dei gusti sessuali di un altro "etero" prima di assumerlo o eleggerlo; invece se ha gusti "omo" la questione diventa rilevante eccome, come se il mondo non fosse oramai sovrappopolato ed il problema riproduttivo quindi niente più che un ricordo ancestrale.
Già, quante altre stronzate sono state commesse nella storia ubbidendo ad un impulso ancestrale: la difesa della razza, della nazione, della famiglia. Concetti che sono come gli insiemi infiniti in matematica: le loro parti non si distinguono dal tutto. Sono di più i numeri pari o quelli dispari? E i numeri pari o tutti i numeri? Così se sei di quella razza allora sei quella razza, se colpisco uno della tua famiglia non è solo per arrecarti il dolore della sua perdita ma è proprio lo stesso che ammazzarti, tanto è vero che lo faccio anche se sei già morto. Nei razzisti, nelle faide, nei sessisti, o meglio ancora nel razzista nel mafioso nel sessista che c'è dentro ognuno di noi, c'è come un corto circuito tra i due emisferi del cervello, quello della logica e quello dell'immaginazione.
La logica asimmetrica, quella per cui ad esempio se A è parte di B allora per ciò stesso è cosa diversa da B, cioè quella per cui noi possiamo distinguere e comparare, come dire raziocinare parlare pensare scrivere, è solo una piccola crosticina su un mare di magma mentale che funziona con un'altra logica, simmetrica, per cui la nostra sintassi non ha significato alcuno. Se A è parte di B allora B è parte di A, e allora A è B: la parolina non, anche se io la penso, non arriva nel profondo della mia mente, non vi è comprensibile. Lì esistono solo immagini e idee, non preposizioni o particelle, e se evoco un'immagine con l'ordine di non pensarla ecco che l'ho pensata, come quando sto perdendo una partita importante e mi dico non ti innervosire e quindi mi innervosisco, o sto a dieta e mi dico non mangiare la torta e la torta ormai mi è entrata in testa e non sto bene finche non la mangio.
Il bello è che senza questo magma non potremmo fare libere associazioni, sogni, scelte complesse in ordine a problemi senza soluzione logica, insomma non potremmo esistere. E' il nostro hardware, il nostro linguaggio macchina; la cultura, la logica, l'apprendimento non sono altro che il software, i programmi. A questo punto diventa fondamentale interfacciare le due cose con un sistema operativo il migliore possibile, come il NIP-OP che oggi va per la maggiore, cioè creare un'altra logica, una bi-logica che ci permetta di ragionare di una cosa di cui non si può per definizione ragionare, un linguaggio intermedio che ci possa fare intuire come funzioniamo dentro la testa, e descriverlo con una buona approssimazione. Sperando che ciò ci aiuti a risolvere i problemi che questo universo sommerso che siamo noi ci pone.
Per esempio, io prendo una bottiglia con su scritto BIRRA. Istantaneamente dal mio cervello logico parte l'ordine di cercare tutti i files inerenti ai concetti di bottiglia e birra, e dall'altra parte saltano fuori anche tutti i ricordi connessi, comprese le sensazioni di piacere o disgusto collegate. L'insieme complesso di queste sensazioni, unito ad altre informazioni sul tipo di birra che leggiamo sull'etichetta o sulla temperatura che fa o sulla sete che abbiamo, ci fa prendere una decisione che può essere più o meno logica, ma che necessita di comportamenti consequenziali per essere attuata: comprare la bottiglia, stapparla, berla. E' un groviglio di interazioni tanto difficile da descrivere quanto delicato da tenere in equilibrio.
Per questioni più importanti della vita reale, il problema con le etichette è che spesso non vengono messe con la precisione imposta dalle leggi del mercato alimentare. Così appena vedo uno zingaro i files collegati che saltano fuori sono SPORCO e LADRO, e magari provo la stessa sensazione spiacevole di quella volta che mi hanno rubato le ruote della macchina, anche se non so se è stato proprio uno zingaro o un altro. E allora cambio strada, se incrocio uno zingaro, quasi senza accorgermene. Magari quello è proprio un ladro, e ho fatto bene. Ma magari no.
Ora, io non so cosa la gente possa avere in archivio, sotto l'etichetta OMOSESSUALE, ma già le parole con cui veniamo appellati in tutte le lingue e gli idiomi del mondo ci riportano appunto ad un tempo in cui la specie per sopravvivere selezionava necessariamente in favore di quelli che si eccitavano non appena vedevano una donna. Parlo di milioni di anni fa, probabilmente. Ma quanto dentro e quanto a lungo hanno influito sul piano culturale certe predisposizioni "naturali"?
Poco conta che esse siano naturali solo fino a un certo punto, dato che esse si sono instaurate relativamente di recente, col patriarcato, che notoriamente ha preso il sopravvento sul matriarcato (quello sì naturale) quando la scarsità delle risorse rispetto al rapporto popolazione/ambiente ha favorito la lotta fra gruppi e quindi la forza fisica come mezzo di selezione. La donna, non adatta alla guerra ma depositaria della maternità, doveva essere asservita e controllata. Suo figlio, se maschio, le apparteneva solo fino a quando il fisico non gli avesse consentito di lavorare e poi di combattere, per conto di un padre che soltanto il controllo sociale poteva certificare come suo; se femmina, fino a quando non fosse divenuta a sua volta abile ai fini riproduttivi, per cui sarebbe stata venduta al suo nuovo proprietario. Se omosessuale (o deforme, o handicappato), era destinato ad un ruolo marginale, nelle società migliori, ed in altre soppresso.
Naturale o meno che fosse, ciò aveva un suo animale senso, ai tempi. Ma quante di queste scorie ancestrali hanno resistito per millenni nelle società umane di qualsiasi impostazione etico-politico-religiosa che fossero? E quante resistono ancora? Fino a quando era uno scandalo che una coppia etero non si sposasse e non avesse figli? Ieri, avant'ieri? E domani? Ed io, io: se non sapessi tutto ciò che so, mi avrebbero imbarcato? E cosa faranno di me se e quando sbarcheremo, se le mie conoscenze astrofisiche si rivelassero superflue? Mi promuoveranno "gran sacerdote" e si inventeranno che quelli che vorranno seguire la mia carriera dovranno essere casti? Mi inventerò sciamano, o buffone? Mi costringeranno ad accoppiarmi con una donna? Ed io, quand'anche acconsentissi per puro senso del dovere verso la specie, di chi mi innamorerò mai più?
Sir Anthony MacIntosh non era omosessuale. Forse. Cioè: può darsi pure che lo fosse, ma in certe epoche ed in certe condizioni non si poteva neanche contemplare una simile evenienza, forse neanche di fronte a se stessi. Fattostà che il mio eroe personale era scontento. Scontento di quella moglie che gli era stata promessa bambina e gli aveva dato tre figli praticamente negli unici rapporti sessuali completi della sua vita, atti sessuali e non atti d'amore, figli cresciuti dalle governanti e mai amati, come fossero cosa altrui. Scontento di quei banchetti senza fine, con tutta quella selvaggina morta che appunto sapeva di morte, di putrefazione, dietro a quel fragrante gusto del primo boccone. Scontento delle chiacchiere a corte, dei giullari che pure erano probabilmente le persone migliori di quel consesso. Scontento delle cacce alla volpe, quello strano rito in cui si accompagnava a persone senza cuore, senza anima, senza colore, ... vuote, ecco, vuote.
Fu così che un mattino, durante l'ennesimo foxtrot, fu visto allontanarsi nella nebbia, come stesse seguendo una buona pista. E forse era vero, forse stava seguendo per la prima volta una pista tutta sua, stava seguendo davvero se stesso. Ma esisteva un posto per uno come lui a quel tempo? E che gli successe, dopo che sparì alla vista? Si uccise? Si creò un eremo e vi si fermò per sempre? Scappò con una "strega", come venivano chiamate a quei tempi le donne che fossero appena un po’ più libere delle altre? Non lo so. L'ho inventato io e non lo so. Nessuno lo sa. La mia storia finisce che "non si seppe mai più nulla di lui"
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