domenica 3 novembre 2019

TANTI PICCOLI BERRETTINI

Ormai è ufficiale: l'Italia avrà dopo 41 anni un suo rappresentante al "masters" di tennis, come tutti giustamente continuano a chiamarlo a dispetto delle denominazioni ufficiali. Il lasso di tempo ne fa una notizia da prima pagina, quindi lo avete già sentito. Ma su questo blog, chi mi segue sa perché, non si può non parlarne.
Molte delle considerazioni che si possono fare, infatti e però, le ho già fatte poche mesi fa, a proposito della vittoria di Fabio Fognini a Montecarlo: basta rileggerle. Ma ce n'è qualcuna che si può aggiungere, o su cui si deve tornare.
  • Nel post di aprile citavo Berrettini più che Cecchinato come speranza che l'exploit del "fogna" non restasse isolato, anche se allora il primo era oltre il 50° posto e il secondo ancora vicino alla top 20 (ma era facile prevedere che il siciliano non ripetesse la semi 2018 al Roland Garros, meno magari che entrasse in una spirale così negativa come quella in cui è entrato dopo), perché intuivo vedendolo giocare, e non ero il solo perché bastava capirne un po' di tennis (anche se nessuno avrebbe osato una previsione di impennata così rapida), che sul ragazzo si poteva puntare (e vedrete che anche gli altri due che citavo non saranno da meno: sicuramente Sinner, diciottenne che da allora a oggi ha guadagnato forse duecento posizioni entrando in top100 e certamente onorerà la wild card alle Next Gen finals di Milano andando ben oltre la comparsata, ma anche Musetti ha un tennis bellissimo anche se deve ancora crescere tanto sia di fisico che di testa).
  • Quest'ultimo fattore è invece proprio quello che faceva intuire le potenzialità di "berretto", e che più ne rimarca la distanza da qualsiasi altro giocatore italiano forse addirittura di sempre. La facile battuta che viene è che come gestione mentale, sia in partita che in ottica azione su se stesso per migliorare e poter ambire a una migliore carriera, Matteo non sembra italiano, meno che meno romano. Si, c'è Andreas Seppi che deve al suo atteggiamento mentale molta parte dei suoi risultati, molto buoni e duraturi, a dispetto di mezzi tecnici e fisici buonissimi ma non eccelsi, ma lui è altoatesino quindi culturalmente è "tedesco". E lo stesso si può dire di Sinner, che pure ha tutto davanti: è bellissimo sentirgli dichiarare che gli US Open sono "il primo slam" che vorrebbe vincere, serio, come uno che è certo che ne vincerà più di uno. Ora, che queste caratteristiche si riscontrino in un ragazzo del sud (o c'è qualcuno che intende sostenere che Roma non sia una città meridionale?), e gli abbiano già consentito di raggiungere le finali ATP ad un'età in cui di solito i tennisti italiani devono ancora sbocciare (quasi tutti, anche le fantastiche ragazze di pochi anni fa, hanno raggiunto il loro top dopo i 27 anni... e a pensarci bene se fosse vero anche per lui lo potremmo vedere al vertice, una volta ritiratisi i 3 cannibali), è una splendida notizia che potrebbe essere foriera di bellissime cose per il nostro Paese: una sua emulazione avrebbe ricadute in ogni campo, non solo su quelli da tennis, relegando l'icona dei bamboccioni nei cassetti della storia. Vedete quante ragioni per fare il tifo per lui, che magari superi i suoi predecessori vincendola, almeno una partita al masters...
  • Sempre in quel post approfittavo dell'occasione per ricordare la straordinaria vittoria in coppa Davis di quell'Italia (Panatta Barazzutti Bertolucci Zugarelli), che portò al tennis tanti che ancora oggi siamo ancora praticanti. Lo rifaccio adesso, ma la ragione non è che anche con questi ragazzi oggi abbiamo chance di vittoria (e le abbiamo): la nuova Davis ha una formula sciagurata, e non può fare che una frazione della presa popolare della vecchia (della serie, non per forza tanti soldi portano a qualcosa di buono...). La ragione è che è tornata purtroppo d'attualità la situazione politica del Cile, che tanta parte aveva avuto allora a fare entrare nel mito la nostra impresa sportiva. E ogni occasione è buona per esercitare la memoria storica, senza cui ogni popolo è destinato a perdersi. Avrete anche voi sentito delle imponenti manifestazioni di piazza in Cile, anche voi restandone spiazzati: ma la dittatura non era finita parecchi anni fa? La dittatura si (per quanto non mi stancherò mai di ripetere la lezione del professor Chiodi di Scienza della politica: la democrazia non intacca la formula del potere, la dissimula soltanto, e meglio del comunismo), ma i suoi presupposti no: il Cile di Pinochet (insediato con un golpe l'11 settembre, evidentemente la data piace ai servizi segreti americani...) fu il terreno su cui i Chicago boys sperimentarono il neoliberismo estremo, poi applicato in tutto il mondo Italia compresa, qui attraverso il cavallo di Troia chiamato Unione Europea per ingannarci. E oggi, chiunque vi vinca le elezioni, resta uno dei Paesi al mondo dove è applicato con maggior rigore (persino l'acqua è privata, come da noi si è scongiurato solo grazie a un referendum e manco del tutto, giusto l'aria ancora no). Rammentarsene, aiuta a capire.
Fatte queste, torniamo al nostro eroe, per alcune non secondarie considerazioni tecniche. E' il primo italiano tra i Big Servers, e la cosa non deve essere senza un ruolo proprio nella sua tranquillità mentale: anch'io sarei meno umorale in campo se sapessi che se mi concentro sul servizio in pratica parto da trenta a zero... Ma se il drittone alla Delpo gli è naturale, nell'ultimo anno si è costruito un rovescio più che decente, che può giocare sia coperto che slice, e non è malaccio nemmeno a rete. Se continua a lavorarci come ha fatto in questi ultimi mesi, migliorerà dove gli serve. Ma stavolta parte da numero otto: da un lato è più difficile, ma dall'altro hai orizzonti davanti ben diversi...

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