domenica 17 novembre 2019

RADIOCIXD 7: PATRIOTS

Selezionare un singolo album di Franco Battiato è impresa impossibile e necessariamente arbitraria, stante l'immensa variegata ed elevatissima produzione discografica dell'artista. Infatti, se il blog dura, e se questa sua rubrica dura, questo non sarà certo il solo di cui parlerò: è il primo solo perché nel 1980 fu il primo su cui diciassettenne dj misi le mani, per poi tornare indietro a scoprire il periodo elettronico intanto che attendevo le nuove uscite che si sarebbero susseguite numerose negli anni a venire.
Il disco del clamoroso successo fu il successivo, il celeberrimo La voce del padrone, ma già prima di Patriots Battiato si era fatto conoscere al grande pubblico con L'era del cinghiale bianco, accompagnato al violino dal Maestro Giusto Pio. Prima ancora, definirlo di nicchia è ancora poco: giovane musicista siciliano emigrato negli anni 60 a Milano per fare musica, il Nostro si era andato a comprare un accrocco elettronico come quello dei Pink Floyd, per farci una serie di album di culto, ma pochi soldi. Quelli, col moog in Italia ce li faceva solo Il guardiano del faro...
Quando decide di dimostrare che lui le regole dello showbiz fin li le aveva ignorate si, ma volutamente, iniziò ad applicarle cavalcandole con maestria fino a in parte riscriverle, superando quasi tutti gli altri nei risultati, e senza mai rinunciare a sfoggiare, sia tra le righe degli hits, sia dal vivo magari dietro gli "occhiali da sole per avere più carisma ed enigmatico mistero", tutto il suo profondissimo background culturale. E questo disco ne è un esempio perfetto.
Come al solito, mentre lo ascoltate (se serve, ecco il full album da youtube, dura poco più di mezz'ora, sotto la media già bassa degli ellepì in vinile, ma ne guadagnava sia la qualità media che la voglia di rimandarlo subito daccapo e approfondirne l'ascolto), o anche prima o dopo come vi pare, leggetevi se volete la mia particolarissima recensione (se non questa ben più documentata) traccia per traccia:
  • Up Patriots to Arms - No, non dirò che Battiato aveva già previsto il sovranismo, anche se mi piacerebbe che adesso riuscisse ad essere abbastanza più presente in pubblico da farci sapere cosa ne pensa oggi della nostra Povera patria. Ma tante, troppe altre cose le aveva previste, eccome. Riascoltate il testo con estrema attenzione, non fatevi distrarre dalla musica coinvolgente, anche se ad esempio il magnifico giro di basso (ancora più evidente in questa misconosciuta versione in inglese) rende la cosa molto difficile.
  • Venezia-Istanbul - E' il capolavoro assoluto dell'album (bellissima anche la versione di Nada), come si faccia a condensare tanto contenuto in un testo così breve è davvero un mistero: ogni verso richiede di fermarsi a rifletterci su una mezzoretta, l'ultimo ("E perché il sol dell'avvenire splenda ancora sulla terra, facciamo un po' di largo con un'altra guerra") è un monito da incorniciare e affiggere al muro al posto del crocifisso nelle scuole, non si offenda nessuno ma un tale sarcasmo mi sembra anche meglio in linea col migliore messaggio cristiano.
  • Le aquile - Ho saputo molto dopo che il testo non fosse suo, ma ho l'attenuante che lo sembra e tanto, eppoi chissenefrega, sentite come ci ha appiccicato bene la musica, sembra di volarci, con le aquile, cioè di camminarci.
  • Prospettiva Nevski - Il brano, ambientato a Lenigrado quando ancora non era stata improvvidamente ridenominata San Pietroburgo, è più noto nella versione di Alice (meravigliosa al punto di far suonare poetica la parola "orinali"), per cui in effetti era stato scritto, assieme a una carrettata di canzoni altrettanto belle tra cui Il vento caldo dell'estate, che fece conoscere Carla Bissi al grande pubblico, e Per Elisa, che le fece vincere l'edizione di Sanremo che a mia memoria è stata quella che più di tutte ha premiato la canzone migliore (ma non c'era il televoto...). Gli è che i due ai tempi stavano assieme, pare, e assieme andarono pure all'Eurofestival portandoci la canzone più sofisticata, e con enorme distacco, di tutta la storia di quella pacchiana manifestazione: I treni di Tozeur
  • Arabian Song - La passione di Battiato per la cultura araba diverrà presto notoria, ma ai tempi di questa canzone ancora non lo era. A me rimase impressa perché le parti in italiano narravano di una terra che ricordava la Reggio della mia infanzia, ma non sarebbe stata l'ultima volta.
  • Frammenti - Come promette il titolo, il brano mischia versi originali a citazioni di poesie notissime, perché fatte mandare a memoria a generazioni e generazioni di scolari. Fiorello prenderà in giro questo vezzo di Battiato, ma solo perché, ne sono certo, piaceva anche a lui.
  • Passaggi a livello - Questa chiude con una sventagliata citazionista, quasi a fare le prove per quelle notissime del disco seguente, quello che conoscete tutti. Forse ne parleremo, intanto "copritevi che fa freddo, mettetevi le galosce".

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