Il citofono di casa Dalla a Bologna. Vero. |
Ragion per cui è del tutto inutile inseguire chi ha più mezzi sul suo terreno, e invece ha senso celebrare il compleanno di Lucio solo mostrando la cosa dal punto di vista personale. Saprete già, infatti, che la meravigliosa canzone che gli diede la prima grande notorietà si doveva chiamare Gesù bambino ma l'organizzazione sanremese ne censurò non solo le numerose parolacce nel testo (che poi Dalla recuperò nelle versioni live degli anni a venire, perché ci azzeccavano meglio "i ladri e le puttane" de "la gente del porto", ad esempio) ma anche lo stesso titolo, e non sappiamo di chi fu il colpo di genio di dargli la data di nascita dell'interprete e autore delle musiche. Io posso solo aggiungervi la meraviglia di un bambino di nemmeno 8 anni che imparò a memoria quella canzone (accanto a quelle di Gianni Morandi, non potendo sapere che i due erano amici e avrebbero poi addirittura fatto un tour assieme, concerto che ovviamente avrei visto, e alla sua stessa Fumetto che un paio di anni prima era la sigla di un programma di fumetti condotto dallo stesso Dalla, che poi a un fumetto un pochino è sempre assomigliato. Poi, posso aggiungervi che negli anni successivi, quando Lucio sfornava un capolavoro dietro l'altro, ho continuato a impararli a memoria, e proprio il mio amico della richiesta di cui sopra mi passava il diario per scriverglieli (sotto il naso dei professori, facendo finta di prendere appunti: ci eravamo messi al primo banco davanti alla cattedra apposta, intuendo che in realtà fosse proprio il posto meno controllato dal prof), e ancora oggi entrambi ci ricordiamo ridendone dei miei strafalcioni.
Dalla come tutti i fumetti non aveva età apparente, ma ai tempi andava già per i quaranta e li celebrò a modo suo: titolando un album con quell'anno li. La titol track, 1983 appunto, è una geniale piattaforma di confronto tra due epoche, sottolineato magistralmente anche dalla musica sotto, e anche quella la mandai a memoria ma andavo già all'università. Per cui te la scrivo oggi, amico mio, e se non mi vengono strafalcioni aggiungo una terza strofa sicuramente sbilenca così siamo sicuri che sbaglio. E poi ce la sentiamo tutti assieme in fondo al post.
Le dieci del mattino, e mi scoppia la testa
come se avessi bevuto una botte di vino o fossi stato alla mia festa.
Apro la finestra, è ancora buio, butto un urlo per strada, ma non mi risponde nessuno.
Il mio cuore si è rotto, come uno specchio si è rotto,
si è rotto quel bellissimo orologio, ti ricordi, come lo chiamavi tu.
Il silenzio continua, sono almeno le sette
Apro la radio, la tele, le orecchie ma nessuno trasmette.
La stanza è piena di animali, sembrano zanzare,
grosse come i cani, ma almeno i cani non sanno volare, forse.
Qualcuno mi sente, qualche vecchio amico mi sente.
Provo ad urlare così forte, così forte almeno mi sentissi tu!
Che giorno è?
Che anno è?
Lunedì, martedì, ma che vita è?
Da una foto di mia madre comincia a parlare, e dice:
"Non ti ricordi tuo padre come ci sapeva fare?"
Erano gli anni della guerra, tutti col culo per terra,
si mangiava coi cani, non ti ricordi a Bologna che festa
quando arrivarono gli americani!
Ehi, nel '43
la gente partiva, partiva e moriva e non sapeva il perché,
ma dopo due anni,
tutti quanti perfino i fascisti aspettavano gli americani, come a Riccione oggi aspettano i turisti.
E proprio te,
quella notte in piazza sulle spalle di tuo padre sembravi un re.
Finiti i bombardamenti, tutti a farsi i complimenti.
Erano tristi solo i morti e si mangiavano le mai,
non perché erano morti, ma perché non si svegliavano domani.
Ti ricordi quella bruna come era triste perché sapeva
di non vedere i razzi sulla luna.
Luna.
I razzi sulla luna, oggi è un fatto normale,
se ne vedono tanti piantati in fila che sembrano alberi di Natale.
Poi spostando il cannocchiale, puoi dare un nome alle stelle,
puoi giocare con tutto e con niente, puoi giocarti anche la pelle, ma
qualcosa ci manca e quel qualcosa ci stanca:
ci stanca avere tutte queste cose che ci mancano se non le abbiamo più.
Incontri la gente e si annoia, la noia è una congiura,
ma poi vedi come vivono in fretta, forse la noia è soltanto paura,
una paura che offende, che ogni mattina ci prende,
la paura di esser ciccia da contare e che la vita non cambi più.
Che anno è?
Che giorno è?
Lunedì, martedì, ma che vita è?
Dal cielo cade un giornale, nessuna novità,
tutto sembra normale, chi può dire quanto durerà!
Gira ancora la terra? (Chissà, si fermerà?)
Da quale parte per la guerra, scusi? (Giri un poco più in là)
Beh, ci vediamo domani, faccio due salti nel vento e se mi sento
domani torno qua,
perché...
Ehi, '83,
sei lì come uno specchio, ci fai sentire diversi, nessuno sa perché.
Né meglio né peggio,
ma tutti quanti, perfino i più tristi, aspettiamo di svegliarci insieme
e di guardarci, di toccarci e di guardarci
come non ci fossimo mai visti.
E proprio te
questa notte in piazza sulle spalle di nessuno, sarai un re.
Niente bombardamenti.
E tu, duemilaventitrè,
sei nuovo ma sei vecchio, noi siamo sempre gli stessi, ma poi così non è:
siam tutti di passaggio
ma tutti noialtri, veduti e non visti, aspettiamo di trovarci ancora,
di guardarci, di toccarci e di parlarci,
come se sia solo ieri che ci siam visti.
E invece te
sei passato ma rimani: nella mente e nel cuore ognuno ti porta con se,
assieme ai bombardamenti....
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