sabato 20 maggio 2023

ELOGIO DELLA FATICA

Mio padre era ferroviere, assunto come aiuto-macchinista a diciott'anni nel 1953, quando la cosa comportava spalare carbone nelle fauci della locomotiva, poi macchinista, infine capodeposito, cioè quello che organizza i turni del "personale viaggiante" (tutti i ferrovieri sul treno, anche quelli che non lo guidano), ai suoi tempi usando un planning con fogli enormi (credo larghi un metro) che casella per casella aggiornava a matita prima dell'ultimo passaggio a penna, cercando di far quadrare le esigenze di tutti con l'indispensabile garanzia del servizio: non esistevano i pc, e quando capitavo in ufficio da lui, anche grandicello, davo sempre un'occhiata di sguincio a quei fogli e ne restavo sempre in qualche modo affascinato come da una prova di quello che la mente umana poteva fare. Ancora più impressionato ero quando, più piccolo, ogni volta che capitava che passasse un treno mio papà era in grado di recitare a memoria che numero fosse e chi ci prestasse servizio sopra; poi ho pure pensato che qualche volta mentisse con disinvoltura, per cavalcare l'affatatura del figlioletto, ma magari invece se li ricordava tutti davvero...

Non so se in qualcuno di voi ho suscitato ricordi simili a questo, ma sono sicuro che la cosa varrà del prossimo, almeno per gli ultraquaranta/cinquantenni. Da ragazzo, mandavo a memoria tutti i numeri di telefono a cui tenevo. Al punto che ancora oggi ne ricordo alcuni. Dei cellulari, ricordo a stento il mio numero principale e un altro paio frequentati moltissimo; di sicuro, non ho idea di quale sia il numero di telefonino di tutti i miei vecchi amici di cui invece ancora ricordo il numero di casa dei genitori, magari estinto da decenni.

Qualche anno dopo, appena laureato tentavo di realizzare il mio sogno di bambino di diventare da grande giornalista, collaborando al mensile Parallelo38 (ve ne ho già parlato) di Giuseppe Reale. Uno dei miei articoli di cui sono ancora abbastanza fiero si chiamava Tante tavolette di terracotta e (come vi ho già ricordato) con molto anticipo (quasi 40 anni fa) intravedeva il pericolo che l'avvicinamento tra le persone e questa nuova alfabetizzazione allora alle porte non fosse realizzato innalzando la soglia di conoscenza delle prime ma abbassando sempre di più la soglia di difficoltà della seconda: avevo previsto una delle derive più pericolose della contemporaneità, e francamente non so come. Sarà che poco tempo prima, che i pc ancora non c'erano, avevo lavorato alla mia tesi di laurea facendo a mano una serie di calcoli (chi quadro e altri indici statistici per costruire e analizzare un questionario) tale che alla fine ho buttato una pila di fogli alta una metrata.

Tutta questa manfrina per ricordare che le capacità cognitive che non si fatica a raggiungere non si acquisiscono né sviluppano, e quelle che non si esercitano si perdono. Mio padre portava me e mia sorella in giro per la città, specie in periferia, a "scoprire strade nuove" (quella Reggio che io ancora oggi se me la sogno è come la ricostruivo mentalmente allora, non com'è davvero) , e io da ragazzo ho girato per Londra e Parigi orientandomi d'istinto, o al massimo guardando una cartina; chi è nato con Maps il giorno che non ce l'ha è perduto, e la cartina non la sa usare. Internet è una miniera, ma chi si è fatto le ossa facendo ricerche nelle biblioteche può usarla meglio di chi nasce abituato a chiedere a Google come prima opzione. Ma non è tutto.

Porre argini è una delle prime fondamentali attività che gli esseri umani hanno dovuto apprendere appena diventati stanziali. E gli argini si costruiscono quando si è lontani, dal pericolo. Quando cioè gli stolti ti deridono, mentre li alzi e il fiume è laggiù, un rigagnolo in secca. Non bisognava accettare con tutto l'entusiasmo che c'è stato che l'informatica prendesse la direzione di rendersi accessibile anche ai bambini o ai vecchi deficienti, bisognava pretendere almeno in parallelo una nuova alfabetizzazione di massa come fu per la vecchia (che tardò secoli rispetto all'invenzione della scrittura, perché il potere tende per natura ad autoalimentarsi). Il processo è stato governato scientemente, per riportare al massimo la distanza tra le masse e la conoscenza, in modo da neutralizzare in sostanza quella democrazia che doveva restare una vuota liturgia tutta apparenza. Ed è tutt'altro che completato.

Con la scusa della pandemia ci hanno fatti (ri)abituare a stare chiusi in casa anche quando è festa ("e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra" - cit.), tutti tranne quei poveracci che per quattro soldi ci portavano la pizza a casa. Ora che annunciano il drone per le consegne a domicilio, è facile che molti lo vedano come una utile evoluzione tecnologica. In pochi comprendono che si tratta di un altro passo propedeutico al lockdown ricorrente, perlomeno come arma in mano ai detentori dell'arbitrio. E mentre già si annuncia il vaccino antinfluenzale permanente, magari obbligatorio, molti saluteranno il chip sottopelle per la sua somministrazione, e già che ci siamo per la geolocalizzazione di tutti (coi cani hanno già cominciato - e che vuoi fare rinunci alla possibilità di recuperare il cucciolo se si perde? - ma coi bambini valgono gli stessi argomenti), come un altro passo avanti dell'umanità. In pochi tenteremo di resistere, e ci sarà concesso solo in quanto anziani e quindi tendenzialmente problema piuttosto transitorio.

Un altro esempio è in cronaca: la cosiddetta AI, l'intelligenza artificiale. Probabilmente è già tra noi in misura molto maggiore di quanto ammesso, proprio perché è difficilmente distinguibile, sui mezzi attraverso cui si esprime, da quella umana. Se non fossimo assuefatti, dovremmo alzare letteralmente le barricate, e chiedere una legge per cui qualsiasi messaggio o testo confezionato da un non umano venga in qualche modo marcato come tale con pene così dure a chi dovesse essere pizzicato a violarla da metterlo in condizione di non operare più sul mercato italiano, fosse pure il signor Google in persona. Ma leggo in giro tanti minimizzatori sbeffeggianti di noi che vediamo la distopia, per cui è probabile che anche questa si avvererà.

Tengo questo blog da molti anni, ci sfogo la mia grafomania badando bene di tenerlo lontano dal purché minimo obiettivo di guadagno. Ma anche quando ci avessi messo un adsense, con i miei lettori non ci farei nemmeno gli spicci per il caffè. Amici anche cari, fin dall'inizio, mi rimproverano di essere troppo "difficile" da leggere, ed a tutti ho sempre risposto che appunto non ho come obiettivo più click, ma uno ogni tanto a cui leggendomi la testa gli faccia "click", anche se poi manco me lo fa sapere. Ho il massimo della goduria, da lettore, nell'affrontare la punteggiatura di Saramago, e anche se non posso nemmeno sognare di avvicinarmi a un tale genio mi piace tentare di rendere la complessità dei miei pensieri nei miei scritti, e magari di farla apprezzare ogni tanto a qualcuno. A queste ragioni diciamo così "originarie", ora se ne aggiunge un'altra. Coi giusti parametri di impostazione, una AI può già facilmente scrivere un qualsiasi testo, quindi anche un post di un blog, con lo stile di chiunque, di modo che nessuno si accorga del fatto che non lo ha scritto questo chiunque ma una macchina che gioca con gli algoritmi e le montagne di dati su dati accumulati su chiunque. Forse l'unica flebile speranza di essere inimitabili è di essere difficili e magari sempre diversamente difficili. Abbiate pazienza, e continuate ad accettare, quei quattro gatti che siete rimasti, la fatica che ci vuole per leggermi. Eppoi, senza fatica, non c'è soddisfazione, no?

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P.S. Solo raramente mi capita di scrivere un post di getto, più spesso lo ripasso e rimastico per giorni, e non solo per il succitato amore per la scrittura complessa, anche perché ci posso dedicare solo ritagli di tempo (finché non mi mandano in pensione, devo pur lavorare). Per questa ragione, il capoverso "porre argini" l'ho scritto prima, dei tristi accadimenti in Emilia Romagna. Ad alluvione avvenuta, ho prima pensato che magari fosse opportuno cambiare metafora, ma mentre mi ci accingevo mi sono reso conto che uscendo dalla stessa il paradigma era proprio quello adatto a commentare la cronaca. Vengo e mi spiego. Il movimento 5 stelle, oggi meritatamente in via di evaporazione, era arrivato da zero al 30 per cento anche per via di un programma (che conosco a memoria, per anni è rimasto in un banner di questo blog) che tra le altre cose prometteva di usare la recuperata sovranità monetaria (assieme alle risorse recuperate con l'abbandono delle grandi opere tangentogene tipo TAV e Ponte sullo stretto) per finanziare un mega piano di piccole opere pubbliche volte al recupero del territorio italiano; una volta al governo se ne sono scordati, troppo impegnati ad obbedire a Bruxelles (ben ripagata, come era facile prevedere, vero Giggino?) e alle multinazionali farmaceutiche. E non c'è proprio da sperare, che questo governo agisca diversamente. Ma quel piano resta l'unica cosa sensata da fare, dentro l'UE se te lo consente e sennò uscendone dall'oggi al domani. Certo, spiace dirlo ogni volta dopo, le varie tragedie. Che tra l'altro costano, drammi umani a parte, molto di più che non gli interventi preventivi. Invece la narrazione imperante è che è colpa del cambiamento climatico, e così gli sciacalli approfittano anche di queste tragedie per portare avanti l'agenda di impoverimento della popolazione con la scusa dell'ambiente. E allora occorre ripeterlo, anche ad allagamenti ancora in corso: non ne usciamo fuori coi patetici e inutili tentativi di agire sulle infinite variabili del cambiamento climatico, ma solo (forse) riprendendo in mano il governo del territorio in tutti i suoi aspetti, con un piano straordinario di investimenti in deficit (anche sull'edilizia, altro che diktat sulla classe energetica, specie in un Paese sismico come il nostro) seguito e accompagnato da un presidio quotidiano perenne. Costi quel che costi, anche perché questo tipo di deficit si ripaga da solo, keynesianamente. Quello generato da roba come il ponte sullo stretto, no.

2 commenti:

pix2007 ha detto...

Che poi per uno appassionato di muri e respingimenti, costruire un ponte è davvero una contraddizione in termini ☺️
Sai, credo che il problema sia, e tu lo sai meglio di me, sempre il livello di consapevolezza con cui si utilizzano gli strumenti tecnologici. È fuori dubbio che il potere non abbia interesse a promuovere un uso consapevole dei nuovi media ma è ciò che è accaduto anche con la tv e, prima ancora, con la radio oppure con i libri… come un tempo c’era il maestro che insegnava l’italiano in TV così oggi c’è la possibilità di trovare contenuti edificanti e interessanti.
Ma cosa me ne faccio di tutto questo sapere a portata di click, dipende da me e dall’utilizzo che faccio di così tante informazioni…

cugino ha detto...

il nucleare, ad esempio. einstein dapprima aiutò a costruire la bomba, poi capì e prese le distanze con un famoso appello pubblico. dire che la tecnologia è neutra dipende l'uso che se ne fa equivale a lasciare ai singoli Stati la responsabilità di rivolgerlo all'uso civile (che pure non è scevro di pericoli) piuttosto che a quello militare. fare trattati contro la proliferazione delle armi nucleari equivale a fare argini. cosa è meglio? certo, nessuna strada è decisiva, ma quale bisogna prendere? con l'AI è lo stesso: è oggi che va imbrigliata. domani sarà tardi.

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