Il nostro amatissimo crucco infatti non ha mai nemmeno per un attimo, fin dai primissimi scambi, la sensazione che poteva perdere la partita dal russo. Troppo solido mentalmente, troppo ampia la sua confort zone, che dalle tre palle match consecutive annullate al più titolato giocatore di sempre un anno e rotti fa si è capito che comprende senza apparenti problemi tutti i punti decisivi, giocati come se fossero un quindici come un altro, come dice a tutti noi tennisti la teoria e come nessuno di noi invece riesce quasi mai a fare in pratica (dove quel "noi" arriva fino al numero due del mondo, evidentemente).
Non è che non lo avevamo mai visto: Federer faceva così, Djokovic fino al sorpasso nella suddetta occasione in Davis 2023 era il migliore a farlo, e anche Nadal specie sulla terra entrava in campo con un'aura di imbattibilità che faceva si gli avversari mentalmente partivano da zero trenta in tutti i game. Ma che potevamo rivederlo in uno dei "nostri", ecco, non era nemmeno nei nostri sogni. Non so quanto durerà (Roger vinse le sue prime sette finali slam, Jannik per ora è "solo" a tre), magari il carrozzone del cosiddetto antidoping, che nel frattempo si deve essere accorto di averla fatta fuori dal vaso perché ha già cambiato le sue stesse regole per il futuro (statuendo di non rompere più le palle per dosi non in grado di alterare le prestazioni, dell'ordine del milionesimo di grammo e ancora meno, come nel caso Sinner) e si è guardato bene di ricorrere in appello nel molto simile caso Swjatek, riuscirà a incidere sulla sua carlinga la tacca di fermare per un anno, forse compromettendone la carriera, il fenomeno più trascinante che il tennis poteva sperare di incocciare finita l'era dei "big three". Ma sia se dovesse finire ad aprile, sia se durasse qualche annetto come per Re Roger, noi intanto ce la godiamo, e la celebriamo, questa supremazia.
Il nostro campione è ingiocabile, e riduce in lacrime gli avversari, anche quelli che lo seguono da presso in classifica. Questo è.
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