lunedì 2 novembre 2009

E' MORTA LA POESIA

Non amo la poesia contemporanea. Nemmeno Benedetto Croce, se è per questo, ma quando mi serve cito il suo noto aforisma "fino a 18 anni tutti scrivono poesie, dopo i 18 anni solo i poeti e i cretini".
Quando Croce scriveva sta cosa, la destrutturazione del Novecento aveva da poco raggiunto, dopo altre arti a partire da quelle visive, anche la poesia. Con gli ermetici, letterati in grado volendo di scrivere in endecasillabo sciolto come Picasso sarebbe stato se voleva un ottimo pittore figurativo, si spalancarono gli ovili e tutte le pecore furono in grado di brucare versi. Le costrizioni formali di prima erano un argine, che da allora in poi si dà solo chi per autodisciplina vuole darsi, in primis chi si costringe nella forma canzone, come ad esempio fece l'immenso Fabrizio De Andrè, che pure protestava se veniva chiamato poeta. D'altronde, per millenni versi e musica hanno viaggiato a braccetto, dall'antichità al rap passando per i trovatori e il dolce stil novo.
Se ha ragione Croce, però, non è l'adozione o meno di una metrica a fare il poeta. E' solo che oggi è più difficile riconoscerli, i poeti, nel mare di cretini che approfittando della destrutturazione continuano anche da maggiorenni a scrivere versacci. In pochi casi è davvero facile. Uno, è quando ti imbatti in Alda Merini.
Leggete ad esempio il quasi-haiku che troneggia nella home del suo sito da ieri, giorno della sua Metamorfosi.
Il poeta è dunque, se fosse mai possibile dire l'indicibile, colui che fa da ponte tra la sottile crosticina di logica aristotelica che noi crediamo essere la nostra mente e l'immenso magma in ebollizione di matematica dell'infinito che invece essa è davvero. Tanto è vero questo, che molti poeti hanno vissuto sulla lama sottile che separa il nostro mondo da quell'universo così alieno che lo chiamiamo follia. E di come abbiamo trattato e trattiamo i cosiddetti "pazzi" Alda ne sapeva qualcosa, avendo sperimentato i manicomi al tempo dell'elettroschock. Mi accorgo pero che la definizione di poeta con le categorie della comunicazione e della psicologia che ho tentato è inadeguata, non riesce a passare il concetto a chi non abbia il mio stesso tipo di formazione. Potrei sforzarmi a utilizzare altri codici, altri concetti. Ma sarebbe ugualmente distante dal centrare il concetto quanto lo è descrivere un arcobaleno dal vederlo con gli occhi di un bambino. Non c'è niente da fare: l'unico modo di spiegare la poesia è la poesia stessa. Chiedo aiuto ad Alda, che come ogni poeta è immortale, e mi risponde così: ecco cosa volevi dire, Cugino...
Ai giovani
Bella, ridente e giovane,
col tuo ventre scoperto
e una medaglia d'oro sull'ombelico,
mi dici che fai l'amore ogni giorno
e sei felice, e io penso che il tuo ventre
è vergine, mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l'amore
che non ho avuto.
Vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.

P.s. Ieri a Rebibbia è morta suicida la brigatista Diana Blefari Melazzi, ergastolo per aver partecipato all'omicidio Biagi. Non ne era esecutrice materiale, ma non sono tra quelli che mettono in discussione le sentenze definitive. Il fatto è che erano anni che i suoi avvocati chiedevano il trattamento psichiatrico, temendo che in carcere potesse fare quello che poi ha fatto. La risposta è stata sempre che "le sue condizioni non erano incompatibili con la detenzione": infatti, si è visto... Poi dicono che in Italia non c'è la pena di morte... chiedere ai parenti di Cucchi!
Insomma, in Italia non è che ti trattano sempre uguale, dipende: se sei poeta, dicono che sei matto e vai in manicomio, se sei "terrorista", anche se tua madre è morta suicida per una sidrome depressiva di cui anche tu porti sintomi evidenti ti lasciano morire in galera, se parli con la madonna, vengono a farsi "guarire" da te per decenni e quando muori il parroco suona le campane a festa.

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