mercoledì 4 novembre 2009

IL PADRONE DEL PALLONE, LA DEMOCRAZIA E IL SOCIALISMO


Visto Capitalism, a love story, l'ultimo docufilm di Michael Moore. A tratti divertente più del solito, come al solito Moore è efficacissimo nella denuncia quanto carente nell'impianto teorico retrostante. Sarà anche costretto a ciò dal personaggio del finto tonto che si è cucito addosso, ma io la parte costruttiva ce la voglio. Ciononostante il film è decisamente da vedere, specie per chi è ancora convinto che il capitalismo e la democrazia siano due facce dello stesso sistema.
La parte migliore è quando viene fuori Franklin Delano Roosevelt, e il suo tentativo - che non riuscì a compiere prima di morire - di imporre, come eterno anticorpo ad una nuova Grande Depressione, una Carta dei Diritti a sancire il secondo patto sociale avviato col New Deal e il welfare. A sentirlo sciorinare in diretta radio, il vecchio Frank, il diritto a un lavoro stabile e sufficientemente remunerato, a una casa dignitosa per se e la propria famiglia, all'assistenza sanitaria e sociale e all'istruzione pubblica gratuite, sembrava di sentire qualcosa di familiare: ma si! è la nostra Costituzione, cavolo! Quello che Moore rimpiange come mai realizzato per il suo paese, il "Faro della Democrazia", noi ce lo abbiamo scritto nero su bianco nella nostra Legge fondamentale da 60 anni, e non solo lo abbiamo lasciato inattuato, ma ci siamo messi in mano a una banda che da quindici anni non fa che sferrare picconate a questo muro maestro, forse il documento più importante dell'umanità dopo la Carta fondamentale dei Diritti dell'Uomo.
Se avessimo avuto rispetto della nostra Costituzione, insomma:
  • non avremmo mai consentito la precarizzazione del lavoro, iniziata con una legge beffarddamente intitolata a uno che se non veniva ammazzato non lo avrebbe mai consentito - visto quanto si lamentava di come avessero usato i suoi studi in maniera unilateralmente parziale, che da un lato non ha migliorato affatto l'occupazione (cosa che promettevano i suoi promotori: più lavoro in cambio di meno regole) e dall'altro ha addirittura tolto dall'orizzonte degli eventi dei nostri ragazzi l'aspirazione ad un "posto fisso", salvo poi utilizzare il concetto quando c'è da inscenare pagliacciate mediatiche;
  • non avremmo aspettato una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per  togliere dalle scuole pubbliche l'immagine macabra di una religione, tra l'altro della religione con più morti sulla coscienza della storia dell'umanità, anzi avremmo attuato quella parità tra tutti i credi (e anche il "non credo") che la Carta sancisce, sostituendo l'ora di religione con una di storia delle religioni, e mai avremmo finanziato le scuole cattoliche - sento e leggo invece commenti che straparlano di un simbolo della tradizione: perchè non gli spaghetti allora, o un bel paio di tette a iconizzare insieme il nostro essere mamme mammoni latin lover e da ultimo transofili?
  • non avremmo mai consentito la barbarie dei respingimenti, e anzi avremmo scelto, memori del nostro recente passato di emigrati, una politica di immigrazione ampia e ben governata che ci avrebbe tra l'altro risolto tutta una serie di problemi di sviluppo economico, equilibrio del sistema pensionistico, e vorrei dire conservatorismo politico, come ben spiega qui Oliviero Beha. Tra l'altro, la politica nei confronti degli immigrati contraddice in maniera macroscopica proprio quel cristianesimo che sbandieriamo fino a ricorrere avverso le lapalissiane decisioni di Strasburgo...
In questi giorni ricorre il ventennale della caduta del Muro di Berlino, simbolo del Novecento e del Socialismo reale. Allora lo pensammo in pochi, ma oggi è sufficientemente chiaro che la vittoria del capitalismo fu possibile solo smantellando quelle stesse regole che lo avevano legato alla democrazia per tramite del pensiero liberale. Le conseguenze le paghiamo tutti sulla nostra pelle ogni giorno. Chiamano "crisi" un problema del capitalismo riconosciuto come endemico già da Keynes 80 anni fa: senza regole porta alla rovina, gli americani hanno eletto Obama proprio per reinserirle, ed è ancora tutto da dimostrare se riuscirà nel suo compito. Michael Moore dimostra che senza una griglia come quella appunto delineata dalla nostra Costituzione, che è insieme un progetto sociale e un sistema di regole del gioco, il capitalismo è un Male assoluto, ma poi ingenuamente si affida a Obama e dichiara che è la "democrazia" l'antidoto. Ma anche Bush è stato democraticamente eletto, anche Berlusconi, anche Hitler! senza un patto "sociale" consono dietro, la democrazia è come giocare a pallone col pallone di uno dei ragazzini anzichè del parroco o della squadra: se il ragazzino è stronzo o si gioca come vuole lui in modo che vinca o se ne va via col pallone. Invece quello che ha in mente Moore ha un altro nome, purtroppo screditato non per colpe proprie: si chiama Socialismo. E' solo fondando un nuovo socialismo che se ne esce: o prima del disastro in virtù di una graduale e massiccia presa di coscienza, di cui si vedono gli albori ma purtroppo solo quelli, o dopo il disastro, necessariamente. Intanto, a furia di professare ottimismo, dire che la crisi è passata, salvare il culo alle banche e fregarsene dei lavoratori, i derivati hanno ripreso a correre. Trascindoci verso, come diceva Cinzia Leone? ah si, "il baaaratro!"

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