Siamo senza speranza e ogni giorno arrivano di ciò nuove dimostrazioni.
Oggi in commissione è stato approvato il federalismo demaniale, primo passo verso il federalismo fiscale. Ora, il grave non è che il dieci per cento dei votanti, cioè il 6 per cento degli italiani, concentrati in poche regioni, possa per un gioco di ricatti incrociati decidere per il restante 94 la vendita dei gioielli di famiglia, gli ultimi dopo vent'anni di privatizzazioni selvagge che non si sono mai dimostrate di una qualche utilità al cittadino e spesso di molto danno (mentre invece favorivano i soliti noti), appicicandogli un'etichetta demagogica e fasulla. Il grave è che dietro a questa colossale panzana corrono tutti, da quando un tipo rozzo e incolto ha biascicato la parola federalismo la prima volta, e infatti oggi l'approvazione del sacco del demanio italiano ha visto il voto favorevole dell'Italia dei Valori e l'astensione del Partito Democratico. Che non esista un'opposizione parlamentare e quindi nemmeno una democrazia formale era già dimostrato, ma fa male constatarlo una volta di più e su questioni così importanti.
La faccenda, detta facile facile, è questa: tutti i beni demaniali che non abbiano estensione sovraregionale diventano di competenza dell'ente locale nel cui territorio insistano. Il problema è che si tratta di enti quasi tutti con enormi difficoltà di bilancio (grazie anche all'abolizione dell'ICI sulle case dei ricchi, su tutte le altre l'aveva già tolta Prodi ma nessuno lo dice mai...), e che si tratta di beni quasi sempre dai costi di gestione proibitivi anche per enti senza problemi finanziari. Di conseguenza gli enti locali si affretteranno a venderli agli anemoni di turno, ottenendo di respirare un po' mentre si fa un favore agli amici degli amici: mica male, no? Salvo che siamo davvero al fondo del barile, e anche se questo fosse lo strumento per un risanamento definitivo ci sarebbe da essere perplessi sul suo utilizzo; di fatto, per di più, storia e cronaca ci insegnano che laddove risanamento ci sarà i suoi effetti saranno momentanei, e il prossimo buco si potrà tapparlo solo aumentando le tasse locali (intanto dovrebbe essere approvato il federalismo fiscale, no?), come una famiglia dopo che ha venduto i gioielli e i mobili non può che rivolgersi al cravattaro pure per fare la spesa...
Nel frattempo, viaggia ad ampie falcate anche la formale fine della libertà di stampa e di parola. Dal divieto di pubblicare gli atti giudiziari rivolto soltanto alle testate giornalistiche cartacee o telematiche, già di per sè assurdo e antidemocratico, si è arrivati pian pianino alla censura verso il più piccolo blog che "fomenti odio" (sic!), tramite obbligo di rettifica e pene pecuniarie astronomiche per i blogger e sufficienti per fare scattare i provider. Che dire? Io sono in difficoltà persino per una multa di divieto di sosta, se passa la legge o scrivo di minchiate o chiudo il blog. Intanto mi sono fatto un backup dei contenuti, non si sa mai potrei andare in Zimbabwe e farmi pubblicare un libro per tramandarli ai posteri, e invito tutti a fare lo stesso con uno dei tanti programmini freeware disponibili sul web. Poi sarei propenso ad accogliere la proposta di Carlo Bertani, lasciando in home un post con su "pubblicazioni sospese per legge: ci risentiamo al ripristino della libertà di opinione" in attesa di tempi migliori. Questo, signori, potrebbe succedere nel giro di pochi giorni, a meno che Fini non decida finalmente di crescere, dando un seguito concreto al teatrino di poche settimane fa, e voti contro magari riuscendo a far cadere il governo, semprechè ovviamente non arrivino i nostri di UdC PD e IdV a soccorrere i liberticidi. E non è un'ipotesi peregrina, purtroppo...
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