martedì 14 dicembre 2010

ISTINTIVAMENTE ISTANBUL

Suleymaniye, moschea del XV secolo
restaurata troppo pesantemente
Oggi che Berlusconi riesce per l'ennesima volta a salvarsi il culo, grazie a tre finiani, due del PD e due dell'Italia dei Valori, io non mi azzardo a commentare l'incommentabile e vi parlo di Istanbul.
Pochi giorni non bastano nemmeno ad una visita turistica classica, ma non riesco proprio ad andare in un posto senza tentare di guardare di sbieco, cercando tra le righe del libro aperto che è una città che si vende per vivere.
Non serve ricordare che Bisanzio (città assurda, città strana) divenuta Costantinopoli raccolse l'eredità di Roma, quindi conquistata dall'Islam lo conquistò divenendo il centro del suo quarto impero fino alla Prima guerra mondiale, quando sbagliò alleato. Poteva finire a rotoli, senza l'intervento di Mustafà Kemal, non a caso detto Ataturk, "padre dei turchi", il che a me ricorda come nella provincia lucano-pugliese per dire "mio padre" si dice "attanime". E' sotto di lui che la moderna Turchia si incamminò in un processo di laicizzazione decennale, che però ha invertito il suo verso negli ultimi tempi. Oggi, la sterminata città conta tredici milioni di abitanti (ma i turchi ti dicono sedici, diciassette, come fosse una cosa di cui vantarsi), ma nelle zone che bazzichiamo noi turisti, essenzialmente le europee più antiche, i turchi in giro sono una minoranza, e tra loro una maggioranza di uomini, le donne spesso a capo coperto. Anche se sul velo ci sarebbe tanto da ragionare, valutando da un lato la fondatezza dell'interpretazione coranica che lo imporrebbe e dall'altro la legittimità della sua critica in nome di una emancipazione femminile tutta da valutare, non è un buon segno per il sogno di Ataturk.
Istanbul mi ricorda istintivamente Venezia (e Chianalea...)
Fino a poco tempo fa, e infatti le guide turistiche riportano ancora questa raccomandazione, una moneta ipersvalutata e una superinflazione rendevano assolutamente sconsigliabile cambiare, anzi, i turchi stessi cui putacaso pagavi una cena 12milioni di lire andavano di corsa a cambiarle in euro o dollari perchè tenessero potere d'acquisto. Oggi il processo inflattivo è molto minore e il cambio euro/lira è fisso su 1 a 2, in vista del tanto anelato ingresso in Europa, ma già i più furbi tra i negozianti e ristoratori ti fanno un cambio diverso tenendosi una commissione fittizia. Come se vox populi abbia cominciato a dubitare della bontà del progetto, anche solo guardando poco oltre il loro naso, i cugini greci.
Di sicuro guardandosi intorno, tra file di negozi ininterrotte, bazar sterminati (una notizia: il centro commerciale NON è una nostra invenzione), e zone grandi come tutta Terni (dico per dire, perchè TR è la sigla automobilistica sia della cittadina italiana che della repubblica turca) costituite quasi esclusivamente da ristoranti pub e locali vari, non si capisce come possa convenire a questa gente rinunciare a una moneta abbastanza debole da averli trasformati in una meta turistica obbligata per la stragrande maggioranza di quei pochi tra i poveri cittadini dell'area euro che ancora si possono permettere una vacanza. L'ultima sera a cena nella Montmartre turca, una deliziosa stradina che scende verso il mare dal liceo di Galatasaray, nel localino striminzito gestito da un ragazzo di vent'anni che potrei mostrarvi mettendo una mia vecchia foto, tanto mi è parso mi somigliasse, pensavo a quanti dei suoi parenti e avi sono emigrati specie in Germania nei decenni passati, e a come dunque si debba ritenere fortunato lui ad avere la possibilità di lavorare nella sua terra, a come difenda questa prospettiva lavorando duro e bene (era peraltro gentile e professionale): da noi i suoi coetanei li abbiamo costretti dietro le barricate e sotto i manganelli, per assenza di altra prospettiva.
Santa Sofia, da qui si affacciava il Sultano
Basta, sono appena tornato da una breve vacanza e mi sto già riavvelenando. Mi rifugio allora col pensiero nelle tante bellezze viste pur in così poco tempo e col maltempo siberiano sul collo, tante sì ma per decidere di andare o tornare a Istanbul ne basta una: la chiesa più bella del mondo, per mille anni anche la più grande, poi moschea e modello per tutte le moschee del mondo, la basilica della divina Sapienza, o Ayasofya, o come la conosciamo noi Santa Sofia. Una costruzione così proporzionata e imponente, ultimata ai tempi in meno di sei anni di lavori da mille muratori e diecimila manovali. Saranno stati schiavi, ci viene da dire a noi che siamo stati addestrati a pensare di non esserlo, mentre invece lo siamo anche noi, ah se lo siamo... E i ragazzi se ne stanno accorgendo: io leggo in me e nei segni che qualcosa sta cambiando...

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