domenica 26 maggio 2024

RAISI

Sono solo bislacche associazioni di idee, ma leggendo il nome del presidente iraniano tragicamente scomparso in un incidente dell'aria, leggendo perché chissà come si pronuncia veramente in iraniano ma scrivere si scrive Raisi, viene in mente un tragico incidente aereo di fine anni 70, quando un jet di linea si scontrò con la montagna che domina l'aeroporto di Palermo, punta Raisi appunto. Ma la cosa finirebbe lì se non fosse che chi ha la mia età quell'incidente, che è del 78, se lo ricorda per via di un altro incidente occorso a un volo verso Palermo poco dopo, perché così ci fu presentato in TV quel 27 giugno 1980 il disastro di quell'aereo diretto a Palermo che precipitò al largo di Ustica, anche perché ce n'era stato un terzo nel 72 e uno non poteva proprio fare a meno di pensare eccheccacchio ancora Palermo. Nel 92 un altro aereo invece a Palermo ci riuscì, ad atterrare, perché la morte in quel caso doveva dare spettacolo, mandare un messaggio, ma questo è un altro discorso, forse.

La storia dell'incidente ci fu raccontata per anni, con una "faccia di tolla" che rende meglio l'idea dell'espressione "muro di gomma" che poi si sarebbe affermata anche grazie a un bel film. Spostarono nel tempo pure la caduta di un caccia libico in Calabria, perché non si potesse collegarlo logicamente a quello che era successo nel cielo di Ustica quella sera: nel traffico, un missile francese o americano anziché colpire il Mig di Gheddafi aveva distrutto in volo il DC9 dell'Itavia. Per anni, la versione ufficiale fu di una bomba di chissachì esplosa in volo nei bagni dell'aereo, mentre i tracciati radar di quella sera sparivano, e a uno a uno sparivano pure i radaristi o chiunque potesse raccontare quello che sapeva, pazienza se a sabotare le frecce tricolori ci potevano scappare parecchi morti pure tra il pubblico.

La verità a volte non arriva mai, o mai del tutto, ma spesso prima poi arriva, e arriva pure nel mainstream: trent'anni dopo per Kennedy con JFK un caso ancora aperto, ottant'anni dopo per Hiroshima con Oppenheimer, qualche decennio anche per il genocidio degli indiani d'America con Soldato blu, molto meno (grazie alla - si, troppo piccola - parentesi di consapevolezza politica giovanile di quegli anni lì) per il Vietnam con una marea di film. Spero di essere ancora vivo, ma fatti due conti non è detto, per il film di Hollywood che racconta le Torri gemelle come un autoattentato, ma statene certi che arriverà, come pure la vera storia della cosiddetta pandemia e degli pseudovaccini. Per restare in Italia, il paradigma si può applicare fin troppe volte, da Mattei a Pasolini, da Moro alle guerre di mafia, da piazza Fontana a tutti gli anni di piombo: la verità all'inizio sempre negata e chi la diceva additato come complottista, e prima o poi diventata invece di dominio pubblico.

Dalle e dalle, dovrebbe sembrare chiaro oramai che (ipse dixit) "a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina". Anche quando, come nel caso del presidente iraniano, negano persino le vittime e persino chi dovrebbe vantarsene (le ragioni della propaganda bellica sono spesso insondabili, ma da un lato forse non è il caso di apparire vulnerabili oltre misura, dall'altro non si ha interesse ad aprire davvero un fronte un tantino più difficile che sparare su civili inermi ammassati in un lager a cielo aperto - si, è genocidio, signora mia, e secondo i loro stessi dati), e noi non abbiamo nemmeno la minima idea di chi fosse Raisi, di chi sono i buoni e i cattivi in una realtà complessa e insondabile come l'Iran (ma ci piacerebbe che avessero lo stesso pudore, ammettendo anche loro la propria ignoranza, anche quelli che si schierano per partito preso con gli oppositori del regime), ma intanto se in un coro unanime di "è stato un incidente" c'è una voce isolata che dice che no, perdonate ma l'esperienza ci induce a prendersi il disturbo di andarla a sentire.

Truffa truffa ambiguità, truffa truffa ambiguità, fal-si-tà.

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