Di regola l'espressione si associa ad un torto subito (un palliatone incongruo di un superiore, ad esempio), ma funziona anche nel caso opposto, quando ti fanno un favore o anche solo un complimento che non ti aspettavi, o quando sei tu a fare un torto senza volerlo e senza accorgertene se non quando è troppo tardi.
Non so perché mi è venuto di parlarvi adesso di questo, ma forse è giusto che anch'io usi ogni tanto lo strumento "blog" per il suo scopo originario, quello di "diario sul web", laddove di solito invece lo uso come testata personale per sfogare la mia grafomania e realizzare in minore il sogno di un bambino che da grande voleva fare il giornalista. E a un diario si confidano i propri segreti intimi, no? Dunque, eccoci qui, a confessare i peccati pur non essendo ancora in punto di morte, almeno credo e spero (ma non si sa mai, e ciò vale per tutti a prescindere dell'età - e si, possiamo grattarci..).
Gli è che, da sempre, mi capita di conservare memoria di episodi insignificanti (mentre magari dimentico alla grande cose ben più significative - come cantava Guccini in Antenor: "quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto"), di cui il danneggiato se fosse interpellato non saprebbe cosa dire, perché davvero per lui o lei è come se non fossero successi. Quindi, mi sono detto, lasciarli ad una pagina web forse è proprio la scelta migliore, perché nella rarissima eventualità che l'interessato ci incocciasse e li riconoscesse avrei fatto una sia pur enormemente tardiva ammenda, e in tutti gli altri casi ciccia. Li elenco così, quasi impersonalmente, così ciascuno di voi se vuole allunga la lista nella propria mente, o magari in commento al post, tanto il giochino può essere intrigante:
- quella volta che non ho dato la bomboniera della laurea proprio a chi mi aveva aiutato di più nell'organizzazione della festa, perché le avevo finite (senza riservargliene una);
- quella volta che non ho fatto il regalo di compleanno proprio a chi se lo meritava di più, approfittando dell'amicizia per giustificarmi con l'interessato di non avere i soldi, anziché cercare di procurarmeli;
- quella volta che non ho capito di essere stato proprio io a beccare la multa con la macchina che avevo preso in prestito, e dire che il proprietario mi aveva chiesto di accompagnare il suo anziano padre al commissariato a presentare la patente per farsi decurtare i punti al posto suo (che però era il mio);
- quella volta che non ho compreso per tempo di stare tirando la corda, e quindi ho dovuto assistere alla rottura di un'amicizia ultraventennale di cui ancora peraltro a distanza di altri anni non ho capito il motivo, e devo convivere con la consapevolezza sorda della mia parte di errore, senza maledizione sapere in cosa consista;
- quella volta, o forse sarebbe il caso di usare il plurale, che non ho saputo come fermarmi prima di accettare attenzioni unilaterali forse dettate solo dal timore, forse dalla pietà, da parte di persone che non avrei mai più rivisto;
- quella volta che mi è venuta in mente la risposta giusta a chi mi stava ferendo quando oramai era troppo lontano per dargliela, e poi l'ho tenuta sulla punta della lingua per anni, finché poi non l'ho data a chi però non mi stava ferendo affatto, ferendo gratuitamente io;
- quella volta che maledizione quante sono le cose che non ti ho detto, belle e brutte, e che ora posso dire soltanto al te che è rimasto dentro di me, perché tu non ci sei più.
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