Pasolini a un corteo negli anni 70. Oggi sarebbe molto meno perplesso. |
In questo mare magno, ragionare di classi sociali nei termini classici è pesantemente fuorviante: è questo il principale argomento contro il permanere delle categorie politiche tradizionali, non il venir meno della necessità di una dialettica tra una "destra" e una "sinistra" a prescindere se si voglia o meno chiamarle così. L'attuazione del piano suddetto si è infatti concretizzata in una serie di cesure "temporali", a partire dai primi anni 90, operate laddove si incontrava il limite dei diritti acquisiti: c'è il prima e il dopo la riforma delle pensioni del 92 e ogni altra successiva fino al furto delle liquidazioni, il prima e il dopo la legge Biagi e la legge Treu, il prima e il dopo le privatizzazioni e la dismissione di pezzi sempre più grandi di demanio. Ad esempio, magari era eccessivo, ma quando sono entrato nel pubblico impiego io i miei colleghi con 19 anni 6 mesi e un giorno di servizio potevano andare in pensione, ricevere una buonuscita con cui potevano comprare un appartamentino o rilevare un ristorantino, e una pensione pari circa a mezzo stipendio con cui vivacchiare o su cui contare come base per quando ci sono pochi clienti - magari era eccessivo, ma intanto alcuni lo facevano, e altri giovani venivano chiamati a prendere il loro posto; ora siamo all'eccesso opposto, e i giovani un lavoro stabile non sanno nemmeno cosa sia, e negli uffici pubblici siamo quasi tutti anziani.
Generalizzando, o meglio uscendo dall'esempio spicciolo, confrontiamo due fotografie: una con le aspettative di un ragazzo occidentale degli anni 90/duemila, l'altra con quelle di un suo coetaneo degli anni 60/70. Il confronto è drammatico. Da un lato uno che aveva quasi la certezza di studiare molto più a lungo dei suoi genitori, ottenere un lavoro migliore e meglio remunerato, sia esso privato che pubblico (nel qual caso la retribuzione inferiore era compensata dal lavorare meno e da una serie di fringe benefits come la casa a prezzo convenzionale), viaggiare e divertirsi molto più dei suoi cari vecchi ignoranti vecchi. Dall'altro uno che se non ci fosse il reddito, talora pensionistico, dei suoi dotti vecchi, oggi starebbe sotto i classici ponti, visto che al massimo rimedia lavoretti contratti a termine e simili nonostante una laurea, e anzi se non fosse per i vecchi di cui sopra non si sarebbe nemmeno potuto permettere di studiare. Senza contare che non potrà certo offrire supporto analogo ai suoi, di figli, quando invecchierà a sua volta senza nemmeno uno straccio di pensione.
Insomma, siamo la prima generazione occidentale dopo secoli a consegnare ai propri figli un mondo peggiore di quello ricevuto, con aspettative nere per il prossimo futuro (anche non volendo credere del tutto a questa profezia di Grillo) e ancora peggiori per quello remoto. Questa è la semplice verità che viene ricoperta di un sacco di discorsi rispetto ad essa superficiali per nasconderla. Ma è talmente eclatante che sta cominciando a fare breccia anche sotto diversi strati di falsa coscienza: sotto il rincoglionimento televisivo, sotto l'identità da target di marketing dedicato, sotto l'indotto schifo per la politica, e perchè no sotto la beata superficialità che caratterizza ogni generazione di ragazzi, questi hanno cominciato a capire che il proletariato di oggi sono loro. Sono pochi, male organizzati, senza guida ideologica, ma hanno dalla loro una ragione sacrosanta, e tanti anni di meno. Guardate questa ventunenne cosa scrive a Il Fatto, ad esempio. Ecco perché, forse, continuano a protestare anche dopo che la cosiddetta riforma Gelmini (a proposito, ho scoperto qual'è la sua vera anima, altro che lotta ai baroni: va inscritta nel solco del federalismo, e ha come vero scopo e unico apprezzabile effetto un ulteriore depauperamento del demanio pubblico) è stata rinviata a dopo il 14 dicembre, che è come dire che forse non se farà niente: fanno corpo. Vedremo se è vero, o era solo un mio wishful thinking, da come si comporteranno nei confronti di altre questioni che saranno cruciali nel loro futuro, a cominciare ad esempio dall'acqua pubblica. Magari stare assieme li aiuterà a capire quali sono i loro veri nemici: se restano nelle grinfie dell'imbonimento mediatico prima o poi li convincono che sono gli extracomunitari che gli rubano il lavoro, magari dopo averli ridotti ad accettare anche i lavori che oggi solo questi disgraziati, vittime del neocolonialismo, sono disposti a fare.
Ragazzi, solo voi potete, oggi, impedire che si avveri la profezia di una delle menti più lucide abbia mai vissuto in questo Paese, Pier Paolo Pasolini, ucciso 35 anni fa in circostanze mai chiarite: ve la faccio prima leggere e poi sentire cantata da Alice che è ancora più bella. Impedirla o prepararvi a viverci dentro. Si chiama La recessione.
Rivedremo calzoni coi rattoppi, rossi tramonti sui borghi vuoti di macchine, pieni di povera gente che sarà tornata da Torino o dalla Germania. I vecchi saranno padroni dei loro muretti come poltrone di senatori e i bambini sapranno che la minestra è poca e che cosa significa un pezzo di pane. E la sera sarà più nera della fine del mondo e di notte sentiremmo i grilli o i tuoni e forse qualche giovane tra quei pochi tornati al nido tirerà fuori un mandolino. L'aria saprà di stracci bagnati, tutto sarà lontano, treni e corriere passeranno ogni tanto come in un sogno. E città grandi come mondi saranno piene di gente che va a piedi con i vestiti grigi e dentro gli occhi una domanda che non è di soldi ma è solo d'amore, soltanto d'amore. Le piccole fabbriche sul più bello di un prato verde nella curva di un fiume nel cuore di un vecchio bosco di querce crolleranno un poco per sera, muretto per muretto, lamiera per lamiera. E gli antichi palazzi saranno come montagne di pietra, soli e chiusi com'erano una volta. E la sera sarà più nera della fine del mondo e di notte sentiremmo i grilli o i tuoni. L'aria saprà di stracci bagnati, tutto sarà lontano, treni e corriere passeranno ogni tanto come in un sogno. E i banditi avranno il viso di una volta con i capelli corti sul collo e gli occhi di loro madre pieni del nero delle notti di luna e saranno armati solo di un coltello. Lo zoccolo del cavallo toccherà la terra leggero come una farfalla e ricorderà ciò che è stato il silenzio, il mondo, e ciò che sarà.
2 commenti:
caro Gino, condivido pienamente i contenuti e lo spirito del tuo post. Pochissime volte ho visto espresse simili giuste considerazioni sui media, in libri, su altri blog o anche nei discorsi comuni. Le considerazioni che tu fai sui giovani sono molto lusinghiere e quasi uniche nel loro genere. Questa è una generazione di giovani nata sul "punto di rottura" del mondo ... la fine del petrolio, la nuova economia capitalistica globalizzata, l'agonia e la fine del berlusconismo..... etc. I "vecchi" (rossi e non rossi) accusano i giovani che oggi protestano di essere scarsamente ideologici, che non valgono nulla, che sono solo dei bamboccioni da grande fratello e facebook. Nella tua visione è invece proprio questo a fare della loro protesta qualcosa di più vero in quanto è "una protesta di panza" che deriva da un malessere reale impellente, sentito, vissuto, dalla mancanza di speranza nel futuro migliore. Una vera lotta di classe, una lotta per il diritto ad avere un ruolo in questo paese. Guarda quanti ragazzi degli anni '70 oggi sono nella politica e nelle istituzione ed esprimono idee diametralmente opposte a quelle di quando erano ventenni. Io credo che per i giovani d'oggi questo sarà realmente difficile da vedersi nel futuro!
grazie del continuo apprezzamento, che è reciproco anche se io sono meno proattivo nel dimostrarlo.
i ragazzi intanto pigliano mazzate vere oltre che metaforiche, maledizione!
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