Ammessa ma non concessa l'avvenenza, vi sfido a trovare nella sua biografia non dico meriti oggettivi, che sarebbe troppo, ma almeno qualcosa che non faccia girare le palle |
L'ineffabile premier, per bocca della sua "bella" ministra, ha detto che non ci sono i soldi per rimuovere il blocco contrattuale agli statali ormai annoso, visto che risale a prima della crisi. Il che significa che la retribuzione reale media di un impiegato pubblico italiano dal 2007 è scesa in termini reali a occhio e croce del 10-15% tenuto conto dell'inflazione ufficiale, quindi del 25-30% tenuto conto di quella vera, calcolata sul nostro paniere quotidiano non su quello dell'Istat.
Ora, è vero che di questi tempi è già tanto non avere subito come i greci un bel taglio anche in termini monetari accompagnato da pesanti tagli numerici nell'organico. Ed è vero che rispetto agli esodati, ai disoccupati, ai mai occupati, ai precari, ai precarizzati, ai pensionati, ai cervelli in fuga, eccetera, avere ancora uno stipendio sicuro tutti i mesi, per quanto basti sempre meno - cioè non consenta più di sfuggire alla regola che vuole che o hai avuto casa comprata o ereditata dai genitori o col mutuo e il resto non arrivi a fine mese, ti annovera ancora tra i fortunati, o almeno tra quelli dal lato sbagliato della freccia dell'invidia.
Però è anche vero che il mantenimento di una classe di impiegati pubblici nell'erogazione di servizi alla collettività è uno dei tratti distintivi dei sistemi economici democratici moderni, e infatti il progressivo rinunziarvi è uno dei segni del tramonto di questi sistemi: quando i servizi ce li si deve comprare, non si può più parlare di democrazia. Non bisogna dimenticare che, al di là del rientro di utilità per la cittadinanza in termini appunto di servizi, nel cui calcolo entrano i ragionamenti sulla produttività e l'efficienza che si vogliono fare (tanto è innegabile un enorme miglioramento confrontando una foto odierna con una di venti o trent'anni fa), quella classe ha avuto e avrebbe ancora un'importanza determinante nella costruzione del Welfare State. Se è vero, infatti, che la ricchezza o si crea o si sposta, uno Stato moderno oltre alle risorse naturali e a quelle che attira dall'estero ha solo un modo per aumentare il benessere dei propri cittadini: pagarne un certo numero per fare cose utili agli altri, e garantire che i soldi messi in circolazione alimentino un giro abbastanza grande da ripagare alla fine l'investimento iniziale. Creo mille in termini di stipendi pubblici, questi passano di mano in mano per diciamo 5000, e se i rivoli in uscita costituiti da evasione ed elusione fiscale, saldo con l'estero, tangenti e criminalità restano tali e non diventano fiumi mi rientrano i mille in termini di tasse. E i servizi erogati, con tutto il loro valore sia monetizzabile che non, sono un di più che arricchisce e qualifica il Paese.
Non so quanto del giro d'affari di Roma sia direttamente imputabile agli impiegati pubblici, sicuro è che senza questi Roma sarebbe rimasta la cittadina di qualche centinaio di migliaio di abitanti che era all'annessione. Strangolateci ancora un po', e poi stupitevi ancora se l'economia non riparte.
Con questo non voglio certo dire che non esistano altre cause del mancato arrivo della sempre annunciatissima ripresa: chi mi segue sa che non trascuro mai tutti gli altri fattori e anzi è la prima volta che parlo di questo. Ma oggi è d'attualità e quindi parlo di questo.
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