"Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre." (Pierpaolo Pasolini "contro la televisione", Corriere della Sera, 9 dicembre 1973) |
Anche per questa ragione, sono un inutile chiacchiericcio gli intrecci di celebrazioni e ricordi, e citazioni e coccodrilli più o meno postumi, che si accavallano sulla stampa in questi giorni che è quarant'anni che non è più tra noi Pier Paolo Pasolini.
Ricordo che lo scoprìi mio malgrado quando, adolescente in preda agli istinti di quell'età, mi infilai indebitamente in un cinema vietato ai minori, nel cui circuito evidentemente la censura aveva spinto la programmazione del suo capolavoro postumo, Salò o le 120 giornate di Sodoma, che adesso tornerà nelle sale. Il film mi morse le viscere, con la sua rappresentazione allegorica dell'orrore, ed era quello che voleva fare: i veri artisti lo fanno, ci pigliano. Ma ero piccolo, e quasi tutto quel poco che ho imparato di Pasolini e da Pasolini era ancora molto al di là da venire.
Qualcuno ne ha accomunato la vis profetica a quella di un altro immenso artista, Fabrizio De Andrè, e forse non è azzardato, anche vista la clamorosa dedica che gli fece a suo tempo il Faber. Quello che è certo e che l'Italia sarebbe stata un Paese diverso, se ad accompagnarlo in questi quattro decenni ci fosse stata una sentinella come PPP. Magari avremmo tentato di ignorarne gli allarmi e gli avvisi, ma quello sguardo implacabile ci avrebbe impedito lo stesso di addormentarci. Comunque sia andata quella notte, deve essere per questo che lo hanno spento.
Post Scriptum - Il regista oramai hollywoodiano Gabriele Muccino ha scritto questo lungo post su Facebook, in cui in sostanza nega addirittura che Pasolini possa essere considerato un suo collega: tutt'al più, secondo lui, era un "regista amatoriale". Non posso che concordare: se Muccino è un regista, Pasolini non lo era. O viceversa. Di sicuro, dopo che mi ha fregato - perchè veniva dopo il (decente) L'ultimo bacio - con l'inguardabile Ricordati di me, mi sono guardato bene dal guardare più un film di Muccino. Adesso ho una ragione in più per capire quanto ho fatto bene.
2 commenti:
Quanto è vero!!!
Quanto è vero!!!
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