E siamo al secondo 25 aprile di fila senza bagno di folla nelle piazze con, assieme a sempre meno bandiere rosse, tanti tricolori sventolanti. Tanti che non ci si faceva caso, a quelli con lo stemma dell'ANPI al centro, ma c'era sempre, e non è difficile cercare una immagine qualsiasi e ritagliarla. E si, l'associazione dei partigiani mostra il suo simbolo nella bandiera italiana e viceversa, farci caso e partire con un ragionamento è tutt'uno.
Uno degli errori più grossi della sinistra degli ultimi decenni, specie in Italia, è stato aver lasciato il concetto di Patria in mano alla destra, in un rapporto biunivoco di causa/effetto con un altro errore madornale: accogliere la globalizzazione come fosse la nuova veste dell'internazionalismo. La tematica mi è stata suggerita da questo articolo uscito su Marx21, uno dei siti che seguo (per me e per voi), ma era da un po' che mi ronzava in testa e tenterò di declinarla mondandola dalle categorie marxiane di borghesia e proletariato, altrimenti diviene difficile (per via del fatto che non le riscontriamo più tra noi come reali, cosa più grave che non il semplice passare di moda come categorie) riconoscere la permanenza e validità del paradigma della lotta di classe. Lotta che stiamo perdendo anche proprio perché ce ne è stata nascosta la sussistenza, e ci abbiamo creduto.
A parte il fatto che già Marx stesso ammetteva che era all'interno dei singoli Stati/Nazione che poteva realizzarsi in primis il socialismo, e che la cosa fu recepita perfettamente da Lenin e Stalin altrimenti l'esperimento sovietico non avrebbe potuto aver luogo, giova rammentare:
- che il concetto di internazionalismo (alla base delle varie Internazionali che si sono susseguite nei decenni di persistenza del modello alternativo al capitalismo) presuppone in se il concetto di Nazione, come dice la parola stessa;
- che la Resistenza stessa agiva all'interno di una logica nazionale, per liberare la Patria dal nazifascismo;
- che invece il capitalismo è globalista fin dagli inizi, per natura stessa del Capitale, anche se la cosa ha assunto nel tempo etichette diverse (colonialismo, libero scambio, eccetera), ed è dimostrata ulteriormente dalla evidenza di regia unica dietro ogni guerra più o meno mondiale (nascosta dalle motivazioni ideologiche, inscenate per le masse mentre i soldi ci giravano sopra seguendo la loro logica: basta però seguirli nei loro giri per capire, ad esempio guardiamo chi ha permesso il riarmo della Germania hitleriana...).
Non a caso, è proprio con la vittoria nella Guerra fredda che il capitalismo ha dispiegato tutta la sua forza distruttrice, dimostrando a posteriori, a chi non l'avesse compreso prima, che era proprio alla presenza di un sistema alternativo cui doveva dimostrarsi superiore che è dovuta quella stagione in cui nel suo seno è stato possibile vedere quei decenni, unici nella Storia, in cui le classi subalterne hanno avuto le possibilità di crescere, economicamente ed intellettualmente (concetti questi di cui spesso si dimentica l'interdipendenza stretta). Oggi, con la pantomima del covid, stiamo assistendo soltanto alla ennesima stretta di un processo che, se non fermato, vedrà alla fine una classe estremamente minoritaria di umani (diremo "uno per cento" ma solo per sfruttare la potenzialità visiva del numero) controllare il 99% della ricchezza e del potere, con tutti gli altri a costituire una immensa classe subalterna senza più nessuna democrazia di fatto e nessuna prospettiva di sviluppo. Ecco: basta sostituire queste due nuove classi ai vecchi concetti di borghesia e proletariato, e l'impianto teorico marxista riprende a funzionare. Compresa la dimensione nazionale.
Si, perché, pragmaticamente, se c'è una qualche speranza di edificare da qualche parte un qualche argine, è certamente all'interno dello Stato/Nazione. Una sinistra che ancora insegua la dimensione mondiale è, perlomeno per ora, destinata all'autoreferenzialismo utopico. D'altronde, la democrazia concettualmente non è che una forma ideologica, come tale (come tutte, comunismo compreso) volta a nascondere la reale struttura del Potere dando l'illusione ai sudditi di non esserlo, e infatti storicamente si è avvicinata ad una qual certa fattività tanto quanto piccole erano le comunità cui si applicava, dalla poleis ai condomini passando per le assemblee cittadine dei film western. Più grande è la scala, invece, più distanti sono i governanti, meno efficaci i meccanismi con cui possono essere in qualche modo controllati, figurarsi selezionati. Un Paese di 60 milioni di abitanti è già troppo, figurarsi il mondo intero, o anche solo l'Europa: essere europeisti, o peggio mondialisti, significa essere antidemocratici e filoelitari. Se siete queste ultime cose, potete essere anche le prime, se no vi hanno imbrogliato e ci siete cascati.
"sono morto, che non si vede? un po' anche puzzo, mica mi vorrai mangiare, ti viene mal di panza..." |
3 commenti:
Caro cuGino, concordo su molte delle cose da te scritte e ritengo il tuo articolo (detesto il termine "post" che tra l'altro ne sminuisce i contenuti) condivisibile. Una nota lessicale che però non è pura forma: preferisco parlare, per verità storica, di "fascionazisti" per rispettare la corretta cronologia dei nefasti eventi del secolo passato. Detto questo c'è invece un punto sul quale sono in completo e radicale disaccordo, cioè quando dici "la democrazia concettualmente non è che una forma ideologica, come tale (come tutte, comunismo compreso) volta a nascondere la reale struttura del Potere". L'ideologia è invece per me (come per i più influenti filosofi dall'illuminismo in avanti), la più alta forma di elaborazione della creatività umana, in quanto condensa in un pensiero sintetico e chiaro anni, secoli e millenni di storia ed elaborazioni teoriche che ad essa fanno riferimento. Ho sempre lottato contro il concetto "dobbiamo abbondanare le ideologie". Abbandonare unabeataminkiazza, io non abbandono proprio nulla, destra e sinistra sono cose diverse ed opposte e le loro ideologie fanno riferimento a due modi alternativi di concepire la società. Buon 25 Aprile. Pasqbass
Vada per fascionazismo, sul resto devo precisare. Non mi riferivo all'accezione comune del termine "ideologia", per cui sottoscrivo tutto il tuo ragionamento, ma al concetto preciso di "forma ideologica" come l'ho studiato all'università sul Chiodi. Il Potere ha sempre una formula reale, con al numeratore chi lo detiene e al denominatore chi lo subisce, e una formula ideologica, diversa a seconda dei casi, ma sempre volta a nascondere la forma reale agli occhi dei sudditi. Per millenni, è bastato a questi ultimi che il sovrano venisse affiancato nel numeratore dalla divinità (nei mille modi in cui questa equazione si è scritta), quando ciò non è bastato più si è fatto ricorso alle formule ideologiche per cui la sovranità appartiene al popolo, o al proletariato, rispettivamente la democrazia liberale rappresentativa e il socialismo reale, entrambe nascondenti il fatto che il potere restava comunque nelle mani dei pochi. Spero che tu ora rileggendo il mio post, vabbè articolo, possa meglio comprendere cosa intendevo, e con te anche eventuali altri lettori. notte.
chiaro e succinto.Ma diciamo forte e chiaro che e adagio 'le ideologie non esistono più' va combattuto con tutte le nostre forze. Ora e sempre Resistenza
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