Chi vi scrive è cresciuto in un'epoca in cui il conflitto tra modalità di interazione tra i sessi era in una fase a dir poco critica: i modelli di approccio che aveva visto nei "grandi", e che questi tentavano di passargli, non erano più ammissibili risultando - peraltro e quindi - scarsamente utili. Per cui bisognava inventarsi i propri, che ovviamente implicavano una preventiva scelta di "target", visto che questo era enormemente variegato, a maggior ragione in una città del sud negli anni 70, nello spettro che andava tra femministe superemancipate e pure un po' castranti e femmine all'antica che volevano "la dichiarazione" e arrivare vergini al matrimonio. Ciononostante, chi più chi meno, quelli della mia generazione sono riusciti a trovare ciascuno la sua strada di interiorizzare la parità delle donne, che nel frattempo veniva sancita sempre di più sia socialmente che legislativamente, abbastanza da restare sgomenti quando però il modello culturale che si è andato affermando per via prima televisiva poi web e social, spesso col consenso delle donne stesse, la demoliva. Evidenziare questa incoerenza è tutt'altra cosa rispetto al classico e orrendo "te la sei cercata": è comprendere che un sistema di valori si chiama così perché in esso tutto "si tiene", ed è proprio quando si affermano sistemi di valori tra loro contrastanti (e senza nemmeno che della cosa vi sia consapevolezza) che si creano quelle crepe attraverso le quali passano gli "impazzimenti" dei singoli. Che poi ci mettiamo a contarli, perché così ci sentiamo politically correct e perché così funziona la stampa oggi, dando l'erronea sensazione di trovarci in un'epoca dove questi fenomeni sono più gravi e presenti che in passato, ma inutilmente. Tutto ciò ve l'ho già detto e molto meglio (ad esempio qui e qui), non avete che da rileggervelo se volete, oggi l'argomento è più ristretto.
Ad esempio, parliamo di linguaggio. L'ultimo che aveva tentato di imporre cambiamenti linguistici per legge, lo sappiamo tutti che fine ha fatto lui, e appresso a lui tutti i cambiamenti che aveva imposto: chi sa che persino l'Inter si è chiamata per anni (per via del bando dei termini stranieri, ignorando peraltro che in quel caso era latino - nemmeno, era l'abbreviazione di una parola italiana col suo prefisso di origine latina) Ambrosiana? Eppure, è tutto un fiorire di provvedimenti legislativi, neologismi cacofonici, e corsi più o meno obbligatori presso il posto di lavoro, sul "linguaggio di genere", cioè per imporci di dire avvocata, sindaca, architetta, eccetera eccetera. Vi risparmio le cose più cervellotiche (ad esempio, le istruzioni su come cavarsela nei vari contesti in cui c'è da usare un plurale che comprende maschi e femmine, che la regola grammaticale vuole maschile), ma vi debbo raccontare che verso la fine del corso elearning una slide inattesa avvisava di essere consapevole del fatto che i cambiamenti linguistici si autoimpongono con l'uso corrente o svaniscono, ma subito dopo precisava (con un autentico quanto inconsapevole wishful thinking) che però la società è già cambiata e quindi la lingua deve solo adeguarsi. Ma la logica dice altro: se davvero la società è cambiata non c'è bisogno di imporre alcun cambiamento linguistico, e se il bisogno c'è allora la società non è cambiata. Allora, se proprio si vuole imporlo, un cambiamento, c'è una strada più semplice, che asseconda l'uso corrente (lasciando a esso e al senso comune l'eventuale introduzione della nuova desinenza) anzichenò: chiedere alla Crusca di rispolverare il Neutro latino, per attribuire a questo genere sul dizionario tutti quei termini che la lettera finale fa sembrare abbiano un sesso (mentre non lo hanno: sulla donna chirurgo c'era pure uno spassoso indovinello, tanto il termine è "neutro" nella percezione comune, ma lo stesso vale per "guardia" nel senso opposto), e tutti quei plurali che comprendono uomini e donne. I bambini a scuola imparerebbero un nuovo concetto, e gli adulti continuerebbero a parlare come gli pare, senza sentirsi rafforzati nel loro predominio di genere, o le adulte discriminate, per aver detto o sentito "ringrazio tutti i presenti" (anziché "le presenti e i presenti" o qualche formula ancora più cervellotica) a una conferenza: i presenti è neutro, e stavolta finisce in "i" come molti neutri ma non tutti. Eccetera eccetera. E se no arrendiamoci e parliamo tutti in inglese, che non ha di questi problemi.
Ma avevamo iniziato parlando di Fedez e del ddl Zan di cui lamentava avevano tentato di impedirgli di parlare. Come bene sintetizza (e riporto in immagine) il solito Fusaro, il problema di questa legge è che se uno va a leggersela (perlappunto) scopre che il suo obiettivo è un altro rispetto a quello dichiarato. Come spiega ed esemplifica qui Amodeo, infatti, lo scopo della norma è introdurre, col cavallo di troia di un argomento politically correct quindi sei un mostro se solo cerchi di ragionarci su, un nuovo reato, quello di "istigazione alla discriminazione", che altro non è che un ulteriore passo verso l'abolizione definitiva della libertà di pensiero e opinione. Con la sua approvazione, chiunque pensi che - faccio un esempio estremo - uomini e donne non siano pari, non lo può più dire se no passa un guaio: ma non era il cardine della democrazia il concetto illuminista (fra l'altro pare formulato da una donna) "non sono d'accordo con la tua opinione ma combatterò perché tu possa esprimerla"? Non nel mondo neoautoritario in formazione sotto i nostri occhi. Fuori dall'esempio estremo, una qualunque argomentazione critica, come ad esempio quelle di questo post, può essere passibile di denuncia, e a nulla mi varrebbe una storia personale e un pensiero complessivamente di sinistra e femminista (ecco il motivo della lunga premessa), passerei lo stesso i miei guai, quindi meglio evitare. Stessa cosa si può dire di questo post di Carraro, che spiega benissimo la logica orwelliana del provvedimento (che inoltre sancisce lo scollamento definitivo tra "sesso" e "genere", fornendoci una ulteriore dimostrazione di quanta violenza e aggressività possa sottintendere un messaggio formalmente assertivo, come un provvedimento legislativo). Volete vivere in un mondo così? Io no.E allora combatto, e vi invito a farlo con me, e non solo con queste pagine che poi a leggerle siete in pochi. La lotta va fatta nel quotidiano. Ad esempio difendendo le favole tradizionali, raccontandole ai vostri bambini, anche se sono violente, scorrette, terrorizzanti, tristi, anacronistiche e sessiste. Perché a far crescere i bambini erano più bravi una volta, noi tendiamo a farli restare tali anche da grandi. Perché devono imparare fin da piccoli che razza di trappola è la vita, altrimenti aumentano le probabilità di cascarci. Perché devono imparare da subito che ogni storia ha un fondo di verità, una parte inventata, e un insegnamento, e con le favole è più semplice capirlo ma poi sarà sempre vero. E perché se è vero che in realtà non esistono il bianco e il nero ma solo una infinita scala di grigi, è anche vero che per imparare i grigi (la metafora regge anche introducendo i colori, se capite di ottica, è solo più semplice così) devi prima capire i concetti di bianco e di nero. Ora sostituite bianco e nero con maschile e femminile, e capite cosa intendo: lasciate che li apprendano, e potranno scegliere cosa essere tra le infinite sfumature che ci sono tra l'uno e l'altro estremo in tutti noi, impediteglielo, e saranno privi di strumenti per codificare la realtà. Gli schiavi perfetti del Mondo nuovo in costruzione.
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