domenica 27 febbraio 2022

LA FINE DELLA FINE DELLA STORIA?

Verrebbe da dire che finalmente si parla d'altro, se non fosse da un lato che questa è una tragedia con molti tipi di vittime, e dall'altro che a guardare bene la guerra in Ucraina sta alla pandemia come il giorno successivo a quello precedente sulla stessa agenda. Ma andiamo con ordine.

La distruzione del blocco sovietico una trentina di anni or sono, infatti, non fu purtroppo "la fine della Storia" con l'affermazione definitiva dei valori occidentali democratici come a qualcuno sembrò e a molti piace ancora credere, fu invece l'inizio di una nuova Storia (eh già: è sempre così) nella quale all'equilibrio tra due superpotenze si sostituì lo strapotere di una, e il fatto che questa sia dei "nostri" (e cito non a caso i film western...) non cambia i termini della questione. Non avere contrappesi al proprio potere porta a montarsi la testa ed inanellare errori su errori anche il più mite degli esseri umani, figurarsi il più grande complesso economico e militare di tutti i tempi: non c'è bisogno di postularne la "cattiveria", è la fisica dei sistemi che spiega come mai gli USA e i loro alleati non abbiano combinato che guai, dal 1990 ad oggi.

L'elenco dei misfatti è lunghissimo: dissoluzione della Jugoslavia, prima guerra del Golfo, questione Kosovo e bombardamenti su Belgrado, autoattentati dell'11 settembre e invasione dell'Afghanistan, poi dell'Iraq con tanto di assassinio di Saddam sulla base della bugia (poi persino ammessa) delle armi chimiche, canovaccio poi ripetuto (con gli stessi esiti di definitiva destabilizzazione di una regione cruciale) in Libia con Gheddafi, primavere arabe, espansione della Nato a Est fin sotto le frontiere russe, e sto citando a memoria sicuramente scordando parecchie altre questioni. D'altra parte, una disamina più attenta in Rete c'è già, l'ha scritta.... Putin! E vi consiglio di leggerla dall'inizio alla fine, perché se demonizzare è comodo e semplice, cercare di capire le ragioni altrui, anche di chi considerate Nemico, anche di chi vi sta antipatico, è il primo passo per la Pace, e sennò non avete diritto di atteggiarvici a paladini. Nemmeno a me è simpatico, Putin, ma se al posto suo ci fosse uno dei nostri politici a libro paga straniero, accetterebbe senza un plissé i missili USA alla frontiera con tutto ciò che la cosa comporta in termini di definitiva perdita di sovranità. Invece è uno che (mentre fa quelli suoi, ok) fa gli interessi del proprio Paese - avercene! - e non solo è riuscito a risollevarlo da dove i prezzolati traditori suoi predecessori lo avevano precipitato, ma ora che lo ha ridotato dei mezzi per resistere agli embarghi si può permettere di tracciare una riga, e dimostrare come può che intende farla rispettare. Vista così, la responsabilità della guerra è di chi ha tentato di superarla, quella riga.

Tra i misfatti dell'occidente, la questione Jugoslavia è particolarmente utile a inquadrare correttamente quella odierna. Nato a tavolino durante i trattati di pace a fine prima guerra mondiale, dalla dissoluzione degli imperi austroungarico e ottomano, quello Stato grandemente eterogeneo dal punto di vista etnico e religioso trovò il suo collante nel socialismo e nella resistenza antinazifascista durante la seconda. Il suo sviluppo fu prodigioso, anche grazie alla logica pianificazione di piazzare le industrie (anche la Fiat, si, ricordiamolo) al nord, vicino l'Europa e i porti, e l'agricoltura al centro-sud. Alla dissoluzione del blocco sovietico, un Occidente razionale avrebbe dovuto in prima battuta scoraggiare le tendenze centrifughe di Slovenia e Croazia, e in seconda semmai promuovere negoziati pazienti per una scissione controllata, come si fa per i beni di una coppia in vista del divorzio. Invece, quando i due succitati Paesi, peraltro guidati da personaggi provenienti da una triste tradizione collaborazionista nazifascista, dichiararono la propria indipendenza, il blocco occidentale si affrettò a riconoscerla, guidato badate bene dalla Germania e dal Vaticano che lo fecero la notte stessa. Fu quella, la causa della guerra, non la presunta "cattiveria" dei serbi. Il paradigma si ripeté meno di dieci anni dopo in Kosovo, sbocco sul mare della Serbia che ci affrettammo a spalleggiare al punto di mandare i cacciabombardieri su Belgrado, dove un giovane Djokovic sognava di diventare numero 1 del mondo allenandosi sotto le bombe. Ora che a dichiarare l'indipendenza è il Donbass, e a riconoscerla immediatamente per poi intervenire militarmente per proteggerla è la Russia, qui da noi si straparla di manovra guerrafondaia. Quando abbiamo fatto noi, per due volte nel giro di dieci anni, la stessa identica cosa, era giusto. Questa è la nostra coerenza. Amiamo dirci democratici e postare foto di Putin coi baffetti alla Hitler, ma nel citare a sproposito "baffetto" dimentichiamo chi era con lui e chi contro, e chi lo sconfisse e a che prezzo.

Con questo, non sto giustificando nessuna azione militare. Ma intanto si ha titolo a non giustificare quelle altrui adesso solo se ieri oggi e domani non si giustificano le nostre, specie se del tutto analoghe come paradigma. E poi, e infatti, l'indipendenza della repubbliche ex sovietiche comportò la presenza al loro interno di enclave russe, di cui finché l'impero sovietico era in piedi poteva non importare niente, e di cui quando questo si dissolse la Russia non si occupò intanto perché comunque non aveva potere economico e militare per farlo, poi perché la Nato non aveva ancora iniziato a espandersi a Est, e poi comunque perché era governata da un collaborazionista come Eltsin, che oltretutto sovraintese anche a privatizzazioni selvagge a vantaggio dell'occidente e di oligarchi dal dubbio pedigree lasciando i russi in mutande (e l'aver invertito con successo questo processo spiega, a chi vuole capirlo, l'amplissimo consenso di Putin in patria). Quindi si, si negozi la pace, subito. Ascoltando però anche le ragioni degli altri. Stop alla estensione della Nato e anzi ritiro da tutti i Paesi al confine con la Russia. E ridisegno di tutti i confini delle repubbliche ex-sovietiche, in primis di quella in cronaca ma non solo, in modo da tutelare tutte le etnie e non solo quelle che piace a noi. Parlare di pace a condizione che gli altri accettino di subire le nostre imposizioni non è pacifismo, è imperialismo. Anche se mettete la bandiera arcobaleno a illustrare i vostri post.

E torniamo alla tesi iniziale. Sono due anni che questa voce (tra le poche) vi ripete che la pandemia è parte, dopo eurolandia e l'ambientalismo gretino e prima di una immensa crisi energetica, di una strategia globalista di riduzione dei cittadini occidentali a sudditi dell'impero. Se davvero la guerra in Ucraina accendesse una escalation, con tutte le armi nucleari in possesso dei contendenti se non fosse la fine del mondo sarebbe un problema dei pochi sopravvissuti riscrivere la Storia, magari mentre tentano di ricostruire un mondo in cui vivere. Ma se anche, come per fortuna è al momento più probabile, finisce in un qualche accordo, il gradino verso un nuovo livello dei costi dell'energia è salito e non scenderà. La transizione ecologica deve avvenire, e si è capito che a ragionamenti la decrescita felice e spontanea i sudditi dell'impero non la adotteranno mai se non marginalmente. Con la pandemia ci hanno fatto rapidamente accettare l'idea che senza un lasciapassare governativo soggetto a rinnovo a capriccio del principe tante cose che fino a ieri reputavamo nostri diritti inalienabili ce le possiamo sognare. Il piede di porco ha sollevato uno spiraglio nella saracinesca, oggi la mano fa scivolare dentro un ordigno. "Niente sarà più come prima", ci avevano avvisato.

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