lunedì 7 febbraio 2022

RADIOCIXD 52 - LA PIANTA DEL TÈ

Ve lo avrò già raccontato cento volte, ma abbiate pazienza gli anziani lo fanno: sono stato DJ radiofonico nel periodo d'argento delle radio libere, dal 1979 al 1985. Il periodo d'oro era stato subito prima, ma io ero troppo piccolo. Nel periodo di bronzo, quello in cui non ancora tutte per sopravvivere erano finite fagocitate dai network o comunque in soggezione ai discografici o autorinchiuse in una nicchia (tipo radio della squadra di calcio), ho ripreso per un po', tra l'87 e l'88. Mi trovavo in quel di Matera, dove il Ministero della Difesa mi aveva spedito per 20 mesi (8 più dei canonici 12) per punirmi di aver scelto l'obiezione di coscienza al servizio militare. Ok, sono cose che possono capire solo i lettori ultracinquantenni, le devo spiegare meglio: c'era la leva obbligatoria, 12 mesi se eri di terra 18 se di mare, e se non volevi proprio perdere un anno o più della tua vita in posti assurdi a imparare niente, e la tua indole ti impediva di tentare la via della ferma volontaria dove almeno imparavi qualcosa e magari ti si apriva un orizzonte lavorativo, allora o eri in grado di farti raccomandare per essere riformato o imbucato in qualche ufficio, o ti dichiaravi obiettore affrontandone le conseguenze. Che per le generazioni precedenti erano il carcere, per quella subito prima della mia una commissione che doveva testare la sincerità del tuo antimilitarismo e lo faceva diciamo così con parecchio zelo, per la mia l'assegnazione in sedi disagiate e in settori diversi da quelli da te indicati e comunque con l'aggravio della durata (che nel mio caso, che lavoravo già, significava inoltre altri 8 mesi di stipendio perso). Quindi Matera, presso i padri Rogazionisti a fare da convittore, nonostante il dichiarato ateismo, e le dodici ore che ci volevano per raggiungerla coi mezzi pubblici da Reggio Calabria a impedirmi di andare a casa con i normali permessi di 36 ore. Esperienza comunque bellissima, e non parlo dei preti su cui mi autocensuro: alcuni dei ragazzi li sento ancora oggi che sono anziani quasi quanto me, e uno dei colleghi obiettori è ancora uno dei miei migliori amici. Ma mi rendo conto che questo lo dicono anche quelli che hanno fatto il soldato, forse perché le esperienze che fai attorno ai vent'anni sono tutte belle, chissà, o forse perché quelle brutte se le hai fatte tu le devono fare anche quelli dopo di te, porca miseria. Ma non è questo di cui stavamo parlando.

Il servizio durava dalle 13 alle 21 e dopo era tardi per uscire (non avevi mica le chiavi del convitto), la mattina i ragazzi andavano a scuola ed erano quelle le ore in cui se volevi divertirti un po' dovevi farlo. Per fortuna che c'era la radio. E torniamo all'inizio. TRM si chiamava, chissà se c'è ancora, e già aveva due d.j. stipendiati che erano deputati a mettere i dischi, io che ero abituato a fare tutto da me già storsi il naso, ma mi afffidarono da condurre un programma di fascia mattutina, che chiamai Note&Note perché vi selezionavo notizie dalla cronaca per costruirci attorno la scaletta. Una dei due professionisti, una certa Marghe che si firmava con un fiorellino, a un certo punto mi regalò una cassetta, finita chissà dove assieme a centinaia e centinaia di altre, con dentro l'album di cui parliamo oggi. Si usava così, e il mercato anziché soffrirne cresceva.

Per me Fossati era il rocchettaro de La mia banda... o reggaettaro di Panama, oppure il progressive dei Delirium di Jesahel che da bambino avevo visto esibirsi in bianco a Sanremo con tanto di flauto, o l'autore di Mina e Anna Oxa, di Patti Pravo e delle sorelle Bertè (non ancora della Mannoia); gli album dei primi ottanta in cui tentava la sua svolta autorale li avrei riscoperti dopo, allora ero più interessato ad altri artisti. Ma questo La pianta del tè fu uno schiaffone. La cassetta la consumai, il CD comprato usato da quelli che li affittavano pure. Chi di voi non lo avesse mai ascoltato con attenzione è vivamente consigliato a farlo: sono dieci brani, quasi tutti bellissimi. E la title track, oltre a una base musicale sofisticata che annuncia il Fossati degli anni a venire, così diverso da quello di prima da costringerlo a una serie di album dal vivo di rilettura nella nuova chiave di tutte le cose notevoli precedenti (quasi tutte migliorate, una cosa rara), esibisce un testo da appendersi al muro.

Ho intanto deciso, visto che questi post li leggete davvero in pochi, e non so quanti facendo partire i video embeddati, che quest'ultimo servizio è fatica inutile: ai motivati bastano i link, ai non motivati nemmeno la pappa pronta basta. Ecco quindi, accanto ad una immagine col testo di cui vi parlavo, la tracklist commentata:

  1. La pianta del tè - Leggere il futuro, nei fondi del te come in ogni altra forma di vaticinio escogitata dagli umani, è impresa illusoria. Meglio guardarsi dentro e giocare con le carte che ci sono capitate. Ma questa è solo la mia, di lettura, e nemmeno la sola che mi è stata suggerita dall'ascolto di questa meraviglia.
  2. Terra dove andare - Dopo l'ubriacatura world music del primo brano, questo secondo conferma, sia nei temi trattati che nell'arrangiamento, che è questa la cifra stilistica del nuovo Fossati: la lezione di Creusa de mà è appresa.
  3. L'uomo coi capelli da ragazzo - La musica va goccia a goccia, a farti assorbire un testo che è quasi impossibile da non percepire come diretto a ciascuno di noi.
  4. La volpe - "Che sarà quell'ombra in fondo al viale di casa mia?" Impreziosito dall'intervento di Teresa De Sio, questo brano non risponde all'interrogativo, a sottolineare forse che l'importante è farsi le domande.
  5. La pianta del tè (parte seconda) - L'impronta etnica dell'arrangiamento della prima parte è qui accentuata da un sontuoso flauto andino. Nei live, ovviamente, il brano si riunificava, e le parti strumentali in testa e in coda si dilatavano.
  6. Questi posti davanti al mare  - No, la suggestione iniziale non era errata, ne abbiamo la conferma dal fatto che ora Fabrizio De André interviene direttamente, affiancato da Francesco de Gregori, a disegnare un triangolo che si era aperto nel 1974 con l'album scritto a quattro mani dai due ospiti di questo brano e si chiuderà nel 1996 con l'album scritto a quattro mani dai due genovesi.
  7. Le signore del ponte lance - Il quarto lato resta laterale, ma sarà sempre ben presente nella carriera di Ivano (con Boogie a dimostrarlo): è un avvocato di Asti, si chiama Paolo Conte e qui è solo evocato negli stilemi e nei temi.
  8. Chi guarda Genova - C'era una volta un bambino di 8 anni, talmente asmatico da dover essere ricoverato al Gaslini per tentare di capire perché, che qui comprese da un lato, vedendo sparire da un giorno all'altro altri bambini con problemi ben più seri del suo, che la vita era cosa fragile e che non bisogna mai lamentarsi, e dall'altro che le città costruite in stretti corridoi tra i monti e il mare hanno qualcosa in comune che finisce per travalicare gli aspetti geotopografici. E ogni volta che sente questa canzone se lo ricorda, perché anche la sua Reggio si vede solo dal mare, ed è come se stesse sempre per salpare.
  9. La costruzione di un amore - Scritta originariamente per Mia Martini, e già cantata dallo stesso Fossati ma sempre con arrangiamento e interpretazione convenzionali e sottolineanti la drammaticità del testo, il brano è invece proprio in questa versione, asciutta e piatta, a risultare più efficace e toccante, e rendere pienamente giustizia a un testo impressionantemente vero.
  10. Caffè lontano - Breve e sommessa chiusura, in cui torna lo stile Paolo Conte, come meglio spiega Ondarock.

1 commento:

pix2007 ha detto...

Io invece, che sono un romantico, comprai questa meraviglia per "la costruzione di un amore", 5 parole che promettevano rivelazioni... e per le collaborazioni, oggi tanto di moda, mentre all'epoca erano cosa rara, ancora di più a questo livello... In quegli anni, Teresa De Suo dava il meglio di sé, al punto che la preferivo alla sorella:-)
Devo dire che tutto l'album fu una rivelazione, tipo quelle cose che ti aprono la mente e ti fanno crescere... Ascolto spesso ancora oggi, "questi posti davanti al mare" altra immagine che mi è tanto cara come sa chi per gli eventi della vita, il mare abbandona...

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