sabato 28 gennaio 2023

PESI E MISURE

Ci risiamo. Quando un poveraccio ruba una mela, va in galera e buttano via la chiave. Quando un riccone ruba tutto il meleto, gli tirano le orecchie, si magari lo puniscono, ma in modo da non metterlo in ginocchio, ne va dell'economia, e i livelli occupazionali, e l'indotto, eccetera.

Tante volte, anche di recente, avete letto qui delle vicende societarie della Viola Reggio Calabria, sempre tormentate ma col culmine nella clamorosa penalizzazione di qualche anno addietro, che in pratica ha raso al suolo una società che bene o male, con investimenti pluriennali, aveva rimesso in piedi il giocattolo fino a portarlo sulla soglia di un ritorno in A1 in pompa magna. Vero, presentando una fidejussione falsa, ma fino a prova contraria essendo vittima di un raggiro, e comunque versando senza batter ciglio la somma in contanti nelle casse federali, che l'hanno respinta irragionevolmente: la fidejussione serve a garantire i tesserati della società stessa, che fino a li non avevano dovuto escuterla (evidentemente erano pagati più o meno regolarmente) e da lì in poi sarebbero stati garantiti dal conquibus versato in contanti se fosse stato accettato. Invece, sono stati lasciati giocare fino a fine anno, continuando in una serie di vittorie che da impressionante divenne epica, per poi essere penalizzati di una marea di punti, esattamente quelli che servivano a farli retrocedere direttamente (quindi ad affossare anni di investimenti societari, che ammontavano a un multiplo a due cifre della fidejussione mancante), anche grazie ad una norma che illegittimamente non riportava la misura edittale della sanzione, consentendo l'arbitrio.

Si lo so, è un'ossessione, e vi giuro non ci volevo tornare su - la squadra ha peraltro i suoi bei problemi a mantenere la serie B, semmai dovrei parlare di questi in cronaca e non di una storia morta e sepolta e non più utile da rivangare. Ma non è colpa mia se la cronaca non solo sportiva viene riempita in questi giorni dalle vicende di una società ricchissima come la Juventus, già la più titolata del calcio italiano prima di infilare una inaudita serie di scudetti consecutivi, che ora si scopre siano arrivati grazie anche a una continua e ingentissima pratica di violazione dei bilanci. E anziché radiarla, o perlomeno metterla in ginocchio togliendole tutti i titoli rapinati alle altre squadre (ammesso che queste non facessero gli stessi impicci, cosa probabile, ma nella giustizia umana bisogna attenersi ai fatti provati) e mandandola a ripartire semmai dai campionati minori (cosa che peraltro una città come Torino potrebbe permettersi con molti meno problemi di una come Reggio Calabria), ecco che anche a loro comminano una sanzione su misura, ma con la logica opposta: abbastanza punti da impedirle (forse) l'aggancio alla zona di vertice (che garantisce la partecipazione alle coppe europee l'anno appresso, quindi soldazzi) ma non tanti da farle rischiare la retrocessione. Pregasi rileggere il capoverso precedente: li per centomila euro si aspettò a fine campionato per calcolare la sanzione in modo che fosse irreparabilmente afflittiva, qui per milioni e milioni la si applica subito ed in misura che lo sia il meno possibile, anche se non così minima da coprirsi di ridicolo.

C'erano già dei precedenti in altri sport, che dimostravano l'intento inequivocabilmente persecutorio del governo del basket contro Reggio Calabria, ma mai così eclatanti. Eccetto forse il "futti futti chi Diu pirduna a tutti" che seguì la vittoria dei mondiali di calcio 2006, in un momento storico in cui erano emersi impicci tali da consentire, a un governo dello sport che fosse stato illuminato e che così avrebbe creato un precedente virtuoso che forse avrebbe tolto il calcio italiano dalla deriva che giunge fino ai fatti in cronaca, l'azzeramento di mezza serie A e magari dieci scudetti di fila all'Atalanta anziché alla Juve. Senza mezzi termini, c'era contezza di tali impicci di praticamente tutte le squadre di vertice, dalla stessa Juve alla Lazio, dalla Roma alle milanesi, nonché per le loro complici di mezza tacca, che senza quella vittoria il commissario in carica probabilmente si sarebbe sentito libero di escluderle tutte in quanto incompatibili, e non con un ideale passatista e idealista dello sport, ma proprio con la pretesa di assurgere ad impresa capitalistica senza però rispettare le regole stesse del capitalismo, come ad esempio si fa da sempre negli sport professionistici statunitensi: ci sono dei parametri, e chi non li rispetta è out, blasone o meno.

Persa quella occasione, l'andazzo è ripreso come prima, e c'è da giurare che se la calassero bene la rete pescherebbe di nuovo tutti gli altri pesci. Ai tifosi che eventualmente interpretassero questa posizione come persecutoria, rispondo che dovrebbero augurarsela per primi proprio loro. Se anche davvero la rimandassero in B, infatti, per una società ricca con un bacino d'utenza ricco come la Juve non sarebbe di certo una pietra tombale, ma al massimo una splendida occasione per ripartire puliti, avendo peraltro titolo a chiedere senza pietà lo stesso trattamento pure per gli altri. La mia povera Viola Reggio Calabria, invece, dalle vicende di qualche anno fa non si è mai davvero ripresa del tutto, dal momento che il tessuto economico cittadino non era certo in grado di permettersi la perdita dell'avviamento economico faticosamente riconquistato, e ora al massimo può permettersi una impresa precaria come quella del Supporters Trust, che ha già rischiato di chiudere bottega l'estate scorsa e chissà cosa succede ora che con ogni probabilità si riretrocede. E quest'è.

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