mercoledì 1 febbraio 2023

RADIOCIXD 66 - CI VUOLE ORECCHIO

Duemila anni di cristianesimo avranno anche portato qualcosa di buono, ma di cattivo hanno portato sicuro la pessima reputazione data alla risata, al ridere, alla leggerezza e all'ironia: se volete capire davvero questa affermazione, leggetevi Il nome della rosa, il capolavoro che Umberto Eco ha scritto a partire dallo spunto che, della Poetica di Aristotele, è proprio il libro sulla commedia e il riso a non essere arrivato fino a noi.

E no, non sto dicendo che non esistano credenti o proprio religiosi che non sappiano ridere e/o far ridere o non amino farlo. Sto invece affermando che il valore culturale alto che in vari campi ha avuto e ha il "comico" lo capiamo, tutti noi, dopo un ragionamento, come si dovesse fare un'eccezione, rispetto alla valutazione "bassa" che invece gli diamo di default, automaticamente. Toccò persino a un gigante come Totò, figurarsi al cantautore di cui parliamo oggi: Enzo Jannacci.

Personaggio dalle molte vite, il cardiochirurgo milanese di origini terronissime pagava, infatti, quel suo presentarsi sempre col sorriso, con l'aria scanzonata e distratta, la pronuncia biascicata, col non essere mai preso sul serio. Che poi probabilmente era invece proprio quello il suo intento. Con questo stile saltava dal mainstream televisivo alla sala operatoria (con Barnard, mica cotica) passando per il suo capolavoro cantautorale Quelli che, di cui abbiamo già parlato. Ma ad inizi anni 80, ad aprire una stagione da uno che "canta dentro nei dischi perché ci ha i figli da mantenere" e poi ci fa anche i concerti quelli grossi, se ne esce con questo album spartiacque, di cui io ovviamente ho il vinile, che tutti (e non sono il solo a pensarla così) dovrebbero ascoltare una volta nella vita. E forse almeno in parte lo hanno pure fatto.

La title track è infatti così famosa da aver fatto assurgere il suo titolo e tormentone a un modo di dire. Uno di quelli che entrano nel linguaggio comune e tutti usano, molti nemmeno sapendo da dove viene. Ad esempio, io nel vantarmi di averci preso, pronosticando alla vigilia degli Australian Open che Djokovic avrebbe vinto il torneo tornando numero 1 del mondo, perché di tennis modestamente un pochino me ne intendo, potrei dire "ci vuole orecchio" e tutti capirebbero. Ma meritano attenzione anche gli altri brani, e specie quelli meno noti. Ragion per cui, eccovi la consueta tracklist commentata, e buon ascolto.

1. Musical
Non so dirvi quando come e perché, ma ricordo di aver sentito dire che Jannacci questa l'ha dedicata all'amico Paolo Conte, che al tempo frequentava tantissimo sia artisticamente che non. Comunque, la voce narrante parla ad un amico, dei loro guai lavorativi e dei loro sogni di gloria. Col culmine nell'onomatopea di uno sputo: "cip ciap".
2. Ci vuole orecchio
Per capire meglio la metafora dietro al testo (scritto con Gino e Michele, allora sconosciuti e poi, come tanti altri, "miracolati dal chirurgo") occorre contestualizzare: all'epoca i cantanti ospiti in TV cantavano in playback, quasi sempre, una cosa che a uno che faceva della stonatura e della storpiatura la sua chiave poetica non poteva andare giù. Nella versione in audiocassetta c'era anche una versione, prescindibile, con testo e titolo ("Il pacco") diversi.
3. Fotoricordo... il mare
Strano caso di citazione, nel titolo di questo brano, dell'album precedente. Chissà, forse perché parla di un escluso, come molti brani dell'altro disco, tra cui svetta per bellezza la struggente, e non sua ma fatta sua, Mario.
4. La sporca vita
Il legame con l'album precedente continua anche con questo brano, che qui è la riuscitissima cover di una vecchia canzone di Paolo Conte come lì Sudamerica e Bartali, ben più note. Ma la cosa era iniziata anni e anni prima, quando Conte ancora non cantava, con Messico e nuvole. Passaggio cult: "se non avessi questa vita morireiiiii..."
5. Silvano
Divertentissimo testo scritto con Cochi e Renato, che l'hanno interpretata per primi (c'è persino un video d'annata, in cui usano il verbo "chicobarquedehollandami"...), su un amore diverso finito male. Della serie: come risolvere decenni prima e senza retorica questioni oggi ancora troppo spinose da affrontare per molti.
6. Quello che canta onliù
Ancora un emarginato, un abbandonato, uno schifato, cantato con ironia e amarezza insieme. Forse mi sbaglio, ma a me è sempre sembrata l'introduzione al capolavoro che segue.
7. Si vede
Non si può, semplicemente non si può, cantare la disperazione di chi realizza di non essere più amato dalla persona che ama, meglio che nel crescendo drammatico (e cinematografico, in soggettiva) di queste cinque strofe e mezza. Con la verità che viene fuori solo alla fine della quinta ed esplode nel finale. Se l'avesse incisa Vasco (non mi stancherò mai di ripetere che Vasco prima di ritirarsi dovrebbe fare un album di cover di Jannacci...) non sarebbe meno nota di Sally, perché fidatevi siamo su quei livelli e anche oltre.
8. Il dritto
Di questo amarissimo brano finale, in cui il protagonista muore proprio mentre il volume (fin li bassissimo, e in un modo che la prima volta andavi a vedere se ti si era rotto lo stereo) schizza in alto, esiste anche una versione cantata da Milva (che ha fatto un album di canzoni di Jannacci, come pure Mina, per dire). 

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