lunedì 17 agosto 2020

RADIOCIXD 25: QUELLI CHE...

Di questo disco vi ho già fatto cenno, una sera di brutti presagi, perché di Jannacci vi ho parlato più volte, tanto che come De Andrè e pochi altri ha un suo tag, e in occasione della sua morte con un antologia che è un amorevole greatest hits e vi consiglio vivamente di andarvi a riguardare e ascoltare.
Ho deciso di dedicargli un capitolo di questa rubrica perché è un album atipico, anche rispetto alla produzione di Jannacci stesso figurarsi a tutti gli altri. Sarà perché c'è lo zampino del mitico Beppe Viola (avercene oggi, telecronisti così: riguarderei le partite di calcio), che pure recita in parecchi siparietti. O semplicemente gli è che ogni artista ha il suo top, anche chi si è tenuto per tutta la carriera a livelli qualitativi molto alti.
Si perché Enzo era un genio, un fuoriclasse vero. Uno che gli accordi li inventava, poi va beh si scrivano come si possono, tanto quando lui li ricantava li reinventava. Irriproducibile. Ma se ci provavi a cantare le sue robe a modo tuo, come hanno fatto ad esempio Mina e Milva, veniva fuori che erano delle melodie bellissime, anche se non somigliavano più per niente all'originale. Si lo so, l'ho già detto. Come ho già detto che quello che gli deve tutto, e lo sa, è Vasco Rossi, altro inventore di melodie mascherato. Ma non posso farci niente: penso che sia uno dei mostri sacri della canzone italiana, anche se ha fatto di tutto per non essere preso sul serio. Le robe serie non sono dentro nei dischi, amava ripetere, e siccome di mestiere faceva il chirurgo c'era da credergli. Sempre dalla parte degli ultimi, sempre incazzato ma che era buono lo vedevi (e infatti era amatissimo da noi bambini), scrisse questo capolavoro in una parentesi canzonettara della sua vita "altra". Così, come fosse niente.
Ovviamente, ho il vinile. Etichetta Ultima spiaggia, roba alternativa degli anni 70. E dovreste ascoltarlo tutto, sul giradischi, con la sola pausa necessaria a girare lato. Si, lo so che oramai non ce l'avete più, o non avete il tempo di adoperarlo, e volete la consueta tracklist commentata. E' stato un pochino difficile da trovare tutti i brani su youtube, ma vi voglio troppo bene...
1. La televisiun
Tre righe di testo, in milanese: "la televisiùn la ga una forsa da liùn / la televisiùn la ga paura de nisùn / la televisiùn la te ndurmenta come un cujùn / bah!". Ora, pensate che quando le ha scritte non c'era non dico Mediaset, ma nemmeno Raitre, e vedete voi quanto lontano era capace di vedere sto cacchio di svalvolato mezzo cantante mezzo chirurgo...
2. Quelli che...
Questa è la versione originale. Probabilmente mai eseguita tale e quale dal vivo, tanto il testo si presta ad adattamenti continui. Ne esisteranno mille versioni, i più la conoscono come sigla di una trasmissione sportiva cui ha anche dato il nome, ma anche lì la cambiava ricorrentemente. Un'autentica dimostrazione di genialità assoluta. Senza mezzi termini.
3. El me indiriss
Di nuovo in milanese, ma tranquilli si capisce. Anche Enzo ha la sua via Gluck, ma è meno romantica e più dura. Beninteso, anche il prato di Celentano faceva da cesso, ma Jannacci ha la faccia di dircelo.
4. Il monumento
Non era ancora di moda denunciare che i soldi che non si trovano mai per le cose che servono alla gente, si trovano sempre per le spese militari. Ma Jannacci era avanti, è stato sempre avanti, e sempre, per citare un suo titolo, "senza andare fuori tempo".
5. Borsa valori
Cosa c'è di meglio di un testo nonsense per sottolineare la mancanza di senso reale della borsa valori? La stessa domanda retorica devono essersela fatta anche Lucio Dalla e Roberto Roversi, se pensiamo che proprio lo stesso anno hanno fatto uscire un brano omonimo che usa espedienti simili. Chissà se ascoltandoli in sequenza l'effetto è potenziato...
6. L'arcobaleno
Qui il testo è di Cochi e Renato, la collaborazione col duo era bidirezionale. Lo stesso anno E la vita la vita di Enzo, sigla di una Canzonissima co-condotta dai due, andò prima in classifica. Il video non lo trovo, ma lo ricordo tutto: era esilarante...
7. Vincenzina e la fabbrica
Già colonna sonora di Romanzo popolare di Monicelli (e non è l'unica: il Nostro ha avuto frequentazioni nel cine, e anche come attore...), questo capolavoro molte volte coverizzato riesce a rendere il dramma persino con un memorabile riferimento calcistico/sociale ("sto Rivera che ormai non mi segna più, che tristezza: il padrone non ci ha neanche sti problemi qui..."): la sintesi è dono dei soli migliori.
8. Dottore...
Siparietto tra Enzo il dottore e Beppe il paziente, divertentissimo se non fosse che sappiamo che pochi anni dopo un malore avrebbe stroncato il cronista sportivo più sornionamente ironico di sempre.
9. Viva la galera
Come il primo brano, anche qui poche righe fanno da intro al pezzo seguente: "Viva viva la galera, che ti fa ben rozzo e nero [...] ti dà il pane verso sera [...] ti difende la frontiera [...]on ti porta via la pera, verso sera. Verso sera. Sull'aria di 'Summertime'" - Chissà perché proprio di Summertime...
10. Il bonzo
Ispirato a un fatto di cronaca, con lo zampino ancora di Cochi e del maestro Dario Fo, di cui Jannacci aveva interpretato e interpreterà altri capolavori, questo brano non ha tempo, per cui sembra scritto adesso. Che vi frega dei ristoratori, dei musicisti, dei piccoli negozianti, e di tutti quelli che sono stati inchiappettati da questo governo sciagurato con la scusa del Covid? Tanto voi avete lo smartworking, restate a casa vi vestite a metà e vi pagano per intero... Ma ve lo siete chiesti, quando toccherà a voi, o ancora no?
11. Nove di sera
Testo tradotto da Bardotti di un celebre brano di Chico Buarque, ancora sulla televisione. Sarà stato il DNA pugliese, ma Jannacci frequentava con profitto i ritmi latini...
12. Il karate
Un decalogo ironico, anzi autoironico (Enzo era cintura nera, lo sapevate?), che in pochi secondi con la scusa del karatè (che ai tempi ancora si pronunciava con l'accento finale) spazia dal patriottismo alla mafia, passando per il nazismo e la morte.
13. El marognero
Ancora nonsense a piene mani, su base latinoamericana, con voce arrochita a sottolineare il cazzeggio. In attesa del finale...
14. Il Kenia
Presa in giro sia dei viaggi esotici che degli stilemi della pubblicità, il testo chiude l'album ma io ve ne riporto solo il folgorante incipit: "Per andare in Kenia bisogna sapere dov’è. Per rimanere in Kenia bisogna essere armati fino ai denti. Per capire il Kenia bisogna essere dotati di una certa intelligenza. Per tornare dal Kenia bisogna essere in due: uno è amico di Friden, l’altro torna dal Kenia.". E quest'è.

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