mercoledì 8 febbraio 2023

NON CI RESTA CHE MASSIMO

In questi giorni sarebbe caduto il settantesimo compleanno di Massimo Troisi, e molti hanno colto l'occasione per celebrare lo straordinario attore e regista in vario modo - ad esempio Repubblica regalando un libro biografico con l'edizione napoletana.

So di non essere originale nel rimpiangere la prematura scomparsa di Troisi, avendo sempre pensato che invecchiando sarebbe diventato più un nuovo Eduardo che un nuovo Totò (ma solo per intenderci, invece era già e sarebbe sempre più diventato un nuovo irraggiungibile parametro), e nell'aver pianto a dirotto dentro al cinema quando il suo Mario moriva nel sottofinale de Il postino, sapendo che Massimo era morto poche ore dopo la fine delle riprese, che aveva voluto ultimare prima di sottoporsi a un delicato intervento che gli avrebbe dato, forse, una possibilità di allungarsi la vita.

Gli è che il ragazzo sapeva da tempo che la sua malattia probabilmente non gli avrebbe concesso di invecchiare, e non so se era sua intenzione ma di fatto ci ha dato l'esempio di come ci si dovrebbe rapportare con questa "sorella" che ci accompagna tutti fin dalla nascita: essendo se stessi fino in fondo e a qualunque costo. Così, se putacaso ci coglie "prima del tempo", restiamo "congelati" nei ricordi di chi ci ha conosciuto e magari amato, cioè "vivi" nell'unico aldilà di cui ci è dato di avere contezza, per quello che siamo e che vorremmo essere per sempre. Anche perché magari invece, se invecchiamo, diventiamo ben altro. Come ad esempio è capitato, senza dover andare tanto lontano, al partner di Troisi nel film cult che hanno girato assieme: Roberto Benigni.

L'ex "toscanaccio" ha invero iniziato a perdere colpi già col celebratissimo La vita è bella, per carità film bellissimo (anche grazie alla "mano" di Vincenzo Cerami) che però denuncia già avvisaglie di stucchevole buonismo, tradimento della Storia finale a parte (la liberazione del lager da parte degli americani, anziché dei russi come è stato in realtà). Ma da qualche tempo è diventato francamente insopportabile, e lo show sanremese non è stata un'eccezione, anzi. Al cospetto nientemeno che del Presidente della Repubblica, tra un innocuo sfottò e l'altro, ci ha propinato infatti la consueta prolusione su quanto è bella la nostra Costituzione. Che bella è e resta, per carità, ma proprio per questo ferisce sentirla fintamente glorificata glissando elegantemente su quanto e come e da chi invece sia stata tradita. Primi articoli a parte, bellamente ignorati da tutti i governi succedutisi nei decenni (come peraltro forse nella piena consapevolezza - se non persino nelle intenzioni - dei Padri costituenti, di estrazione politica così contrapposta che potevano trovare un accordo solo su formulazioni magnifiche ma così astratte da trovare difficilmente applicazione pratica), è quando la disanima è arrivata all'articolo 11 che ho cominciato a vacillare. Con una faccia tosta mica male, infatti, il Roberto nazionale si è messo a decantare la bellezza "musicale" del passaggio "l'Italia ripudia la guerra" senza minimamente accennare, come avrebbe senz'altro fatto il se stesso di una volta, alla ripetuta incoerenza di tutti quei politici che, dalla prima guerra del Golfo in poi, passando per il fondo dei bombardamenti su Belgrado e arrivando ai carri armati forniti agli ucraini per meglio svolgere il loro ruolo di spina nel fianco del nemico dell'Occidente cui sono stati destinati nel 2013.

Il voltastomaco era tale che quando ha iniziato a parlare dell'articolo 21 non ho retto e ho spento la TV, tanto non è che avessi intenzione (quando mai) di seguire tutto Sanremo: orari a parte, ci do al massimo una sbirciatina ogni tanto per curiosità (ma ho fatto a tempo a vedere, anche perché cantava per prima, una Anna Oxa strepitosa - sembrava Diamanda Galas, se non la conoscete peggio per voi - che infatti nella prima classifica provvisoria è ultima). Non ce l'avrei fatta, infatti, a sentirlo glissare pure sui ripetuti calpestamenti della libertà di espressione che abbiamo visto negli ultimi tre anni, come sicuramente avrebbe (ed infatti ha) fatto. Va bene che i giovani incendiari da vecchi si fanno pompieri, ma lui più che un getto d'acqua sembra, per restare su un tema a lui caro, il diluvio universale.

P.S. Venerdì 17 febbraio in prima serata su RAI 3, oppure poi quando uno vuole su RAI Play, non perdiamoci il documentario "Buon compleanno Massimo". A prescindere. 

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