domenica 29 dicembre 2024

LA GHIGLIOTTINA

Mentre sto alla tastiera per scrivervi un veloce augurio di fine anno, perché ogni tanto faccio qualche giorno di vacanza anch'io, mi arriva dal soggiorno l'audio del quiz preserale di RaiUno, e non posso non approfittare della coincidenza che il suo conduttore sarà anche quello del concertone di fine anno, che ormai da qualche anno si intitola come una canzone di Lucio Dalla che ascoltavo rapito da teenager, e che quest'anno si svolge proprio sul lungomare Falcomatà, già Matteotti, "quello che Gabriele D'Annunzio definì il più bel chilometro d'Italia" (cito il mitico Adriano De Zan, che ripeteva questa frase ogni volta che il Giro passava per Reggio Calabria, ma non è manco sicuro che il Vate quella cosa l'abbia davvero mai detta).

Non posso, perché la notizia dell'assegnazione alla mia città (dopo 40 anni in giro per l'Italia, di cui la gran parte vissuti a Roma, continuo a considerare Reggio la mia città, che volete farci, capita a noi terroni) dell'evento è uscita in contemporanea alla consueta annuale classifica per qualità della vita dei capoluoghi di provincia italiani, in cui Reggio, che comunque bazzica sempre nei bassifondi della graduatoria, quest'anno si colloca proprio esattamente all'ultimo posto. La coincidenza è talmente macroscopica che è stata subito notata e oggetto di commenti politici, come al solito strumentali, quindi di segno opposto a seconda se provengono dalla stessa maggioranza del sindaco (della serie "bisogna vedere come li calcolano questi parametri") o dall'opposizione (che però è al governo nazionale). Non entro nel merito, perché da un lato ha ragione chi, rimpiangendo il padre di cui l'attuale sindaco è "figlio d'arte" (nel solco di una tradizione eminentemente, anche se non esclusivamente, italica, che costituisce sia una scorciatoia impareggiabile per ogni carriera sia un marchio spesso indelebile), guarda oltre il bellissimo lungomare e trova quasi solo segnali scoraggianti, nonostante la promozione a "città metropolitana": ad esempio, pare che quest'anno la stagione sciistica in Aspromonte, nonostante la tanta neve, non parta affatto; ma dall'altro lato gli stessi lo attaccano sia per quello che non fa sia per l'unica cosa buona che fa, prendere posizione contro il Ponte sullo Stretto, una roba che si mangerà inutilmente tanti di quei soldi che se spesi diversamente hai voglia a scalare la classifica (anche i dirimpettai).

Io non guarderò il concerto, ma se non conoscete Reggio e non avete di meglio da fare guardatevelo voi, che le inquadrature della location meritano anche solo un veloce passaggio. Quello che ci rende tristi, a me e a tutti i riggitani vicini e lontani, non lo vedrete; meglio così, in un momento che si spera per tutti sia di allegria. Intanto Liorni in TV è arrivato ai paroloni, tra un po' arriva la ghigliottina. E come diceva mio nonno, bon capurannu e bon capu ri misi, arretu a porta c'è unu cull'anchi tisi...

sabato 21 dicembre 2024

CARO BABBO NATALE

Chi mi segue lo sa, che sono un miscredente e non credo in nessun essere superiore figurarsi in uno vestito di rosso dalla cocacola che prima era vestito di verde perché come molti altri americani veniva dall'Irlanda dopo aver fatto il giro di mezza Europa ma in fondo era San Nicola di Bari e non era nemmeno di Bari perché era moro. Dopo aver visto mio nipotino piangere per aver scoperto che sotto la barba finta c'ero io vestito strano, ho deciso che non avrei ripetuto quelle pantomime con mia figlia, alla quale fin dalla più tenera età inoltre ho raccontato la storia vera di Santa Klaus, padre degenere che non sono altro (lo so che qualcuno di voi lo sta pensando, e metto le mani avanti).

Ma dopo aver visto la pubblicità di quel nonno che la bimba gli chiede ma i nonni non scrivono a babbonatale e lui risponde certo che si e scrive caro babbo natale vorrei passare più tempo con la mia nipotina e lei lo aiuta a recapitare la letterina e di fatto esaudisce il suo desiderio, siccome non sono ancora nonno anche se anagraficamente potrei, e siccome mia figlia è entrata in quella fascia d'età che i genitori li si calcola poco e io devo solo aspettare che passi tentando di mantenermi vivo e magari decentemente, ma soprattutto siccome con l'età ci si commuove di più non solo coi bei film ma anche con i brutti spot, ho deciso che quest'anno avrei scritto la mia letterina anch'io. Anche se non so cosa chiedergli.

E già perché man mano che ti accorgi che la strada davanti è ormai molto più corta di quella dietro, e il fenomeno tende ad accentuarsi, scopri di avere sogni diciamo così sempre più "conservativi", del tipo mantenere la salute o cose del genere, e quello è il massimo di ottimismo che ti concedi. Certo, resta valido il meraviglioso verso di Vecchioni in Sogna ragazzo sogna ("la vita è così grande che il giorno prima di morire pianterai un ulivo convinto ancora di vederlo fiorire"), ma per quanto sia vero e potente, perché proiettarsi nel futuro è l'unico modo reale che abbiamo di attingere in qualche modo all'immortalità (e perché se no si farebbero imprese memorabili, si farebbero i figli, si amerebbero le storie comunque le si raccontino?), si tratta di una forma di autoinganno che continua, nonostante sia consapevole, per non avere alternative. E allora vai sullo spicciolo: niente sogni grandi, meglio concentrarsi sulle piccole cose.

Solo che anche così la lista sarebbe così lunga che l'ufficio stampa di Babbo Natale la scarterebbe, eppoi lo sanno anche i bimbi più piccoli che nella letterina una cosa, bisogna mettere, anche se te ne vengono in mente tante, che se no quello è pure anzianotto e non ce la fa. Vediamo un po'... vorrei che quelli che pensano che la pace sia qualcosa dove vinciamo noi e il cattivo perde fossero i soli a patire le conseguenze di una escalation... no, troppo ambizioso. Allora vorrei che quelli che ci hanno rinchiusi in casa arbitrariamente per non avere ammesso che erano stati proprio loro a strangolare la sanità pubblica e che era quello il solo motivo per cui non ce la si faceva a fronteggiare un'influenza un po' più seria del solito fossero processati e rinchiusi in galera buttando le chiavi... no, troppi correi, non basterebbero le carceri, anche tenendo fuori i corrivi. Allora i diritti economici fondamentali, il ponte sullo stretto, la TAV che poi persino la sigla è arbitraria, la logica delle privatizzazioni e gli affari dietro di esse... no, ci vuole una cosa più precisa. Mi aiuto con un filmato:

Ecco, vorrei che quelli che credono a questo filmato, e quelli che lo hanno realizzato, e quelli che stanno dettando la linea che si vede chiaramente tra le righe, fossero davvero costretti per tutta la vita a spostarsi solo tramite un treno regionale, meglio del centro-sud ma va bene anche quelli del nord, perché non possono permettersi un'auto di quelle supercare che saranno le sole a poter circolare, né tantomeno una casa abbastanza vicina al lavoro da poterci andare in bici sulle costosissime e trafficogene ciclabili costruite per i privilegiati residenti. Così, anche per provare sulla loro pelle cosa vuol dire impiegare tre ore per un tragitto che in macchina ce ne vuole una, tutti pigiati uno sull'altro fin dalla banchina o dal mezzo pubblico preso per raggiungere la stazione, detestarlo, e sapere che la loro condanna è non uscirne mai fino a che campano. Che dici, Babbo, si può fare?

sabato 14 dicembre 2024

MASTRU PIGNATARU

Se vi bevete l'informazione mainstream come acqua fresca di sorgente, in Siria c'era un dittatore che è stato deposto da una rivolta popolare genuina e quasi rassicurante, e non è stato messo a morte come un Gheddafi o un Saddam qualunque solo perché un suo amico dittatore che lo ha aiutato negli ultimi anni a mantenere il potere non potendo insistere almeno gli ha salvato la buccia ospitandolo con la famiglia nel proprio Paese. Se invece anche a voi viene l'orticaria a sentire sempre la stessa canzone, mentre invece voi non riuscite proprio a farvi una idea precisa di una situazione che se possibile è ancora più intricata di quella ucraina o palestinese o libica eccetera, vi serve una mano.

Se masticate l'inglese, Pasbas mi ha mandato un video di DemocracyNow, canale youtube benemerito: è qui. Se no su Comedonchisciotte c'è la traduzione di un articolo uscito su Southpress pochi giorni fa, si intitola Un’altra nazione sovrana (Siria) distrutta nell’aggressione della NATO contro il mondo, e già il titolo rende l'idea, ma bisogna leggerlo tutto non ci provo nemmeno a riassumerlo.

Ma una sintesi concettuale, fra l'altro buona per molte altre situazioni della storia recente, la posso tentare, grazie a una di quelle reminiscenze dialettali che chi cresce senza averne è purtroppo per lui più povero. I nostri vecchi, a interlocutori che tentavano di raccontargliela in modo da avere sempre ragione, talvolta rispondevano con un proverbio: 'U mastru pignataru menti a manica aundi a voli". Chi fabbrica le pignatte decide lui dove mettere il manico. Non credo servano spiegazioni.

L'abitudine di definire dittatore il nemico, anche se ha vinto regolari elezioni, e democratico l'amico, anche se non ha nessuna intenzione di instaurare un qualcosa di vagamente democratico, arriva al paradosso di cambiare idea, o perlomeno etichetta, al figuro di turno quando ci diventa comodo: terrorista fino a ieri, liberatore oggi. Domani, quando instaurerà un regime oppressivo, magari contro le donne, ricambieranno etichetta, dimenticando di essere stati coloro che gli hanno consegnato il potere. Tanto quelli che bevono acqua fresca hanno la memoria del pesce rosso, sarà l'elemento.

Se volete allargare l'inquadratura fino a includere chi, manovra l'informazione assieme a tutto il resto, andatevi a leggere qui Stefano Re, uno che scrive poco ma ogni volta mi tocca citarlo e invitarvi a leggerlo. E anche per questa settimana questo piccolo blog ha svolto la sua funzione fondativa, nei confronti di voi quattro gatti che siete rimasti a leggerlo...

sabato 7 dicembre 2024

STECCO DI LEGNO NELL'ONDA

Il titolo di questo post è un verso di una canzone che ho già recensito con tutto l'album di cui fa parte, il meraviglioso Automobili di Lucio Dalla, uno dei dischi più importanti del Novecento, il terzo dei tre coi testi scritti dal poeta Roberto Roversi, anche se prima dell'uscita i due litigarono (sull'opportunità di far uscire o meno nel disco alcune canzoni politicissime, che io infatti nella recensione vi inclusi) e il poeta ritirò la firma.

La canzone è Intervista con l'Avvocato, e nel 1976 diceva "da tutti è ormai confermato che l'auto è in crisi profonda, l'auto non ha futuro: stecco di legno nell'onda; dopo l'assestamento, le auto saranno più rare, e finiranno per scomparire come zanzare sul mare". Beh, che dobbiamo aggiungere?

Più avanti nel disco c'è però Il motore del 2000, che sembra tanto più ottimistico che la FIAT lo adottò per uno spot del motore FIRE (stava per Fully Integrated Robotized Engine, l'inglese faceva futuro), che attaccava così: "Il motore del 2000 sarà bello e lucente, sarà veloce e silenzioso, sarà un motore delicato, avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina: lo potrà respirare un bambino o una bambina". Sembra una premonizione, più che delle auto elettriche, di quelle ad idrogeno, di cui ancora si legge come futuribili, anche se Beppe Grillo negli anni 90 sul palco portava un modello targato e ci si faceva i suffumigi spalmando il vaporub sullo scappamento.

Ma l'album è pieno zeppo non solo di profezie e squarci sociopolitici, ma anche di quell'afflato eroico e passionale legato all'automobile fin dai suoi albori, che sta dietro da un lato al successo commerciale così clamoroso da divenire l'architrave del capitalismo occidentale, dall'altro al tifo negli sport motoristici, e in mezzo al rapporto che ciascuno di noi ha con la sua auto. Un afflato tale che deve avere una spiegazione "altra" rispetto al mero consumismo.

Gli esperimenti sui topi (rileggetevi questo post, please, e andatevi a guardare il film che cita e linka) dimostrano che la felicità o infelicità, o forse sarebbe meglio dire benessere o malessere, almeno di tutti i mammiferi umani compresi, dipendono essenzialmente dal grado di libertà percepito. Anche di questo abbiamo già parlato, qui (lo so, parlo sempre delle stesse cose, ma perché voi no? e comunque sto invecchiando, e vi invito a rileggere proprio per non ripetere), partiamo dalla fine: quello che mi rende felice (mi fa stare bene) non sono i soldi, la salute, l'amore o qualunque altro concetto astratto su cui possiamo disquisire o poetare (è lo stesso), ma il fattore che lega questi concetti, la libertà. Se ho più soldi, posso fare più cose che se ne ho meno, posso decidere liberamente quale strada imboccare a qualsiasi bivio, e se non è vero questo, come nel caso in cui per fare i soldi mi costringo in situazioni che la libertà me la diminuiscono, non sarò felice anche se ricchissimo. Anche la salute, se ci pensate bene funziona allo stesso modo: nella misura in cui manca, le cose che puoi fare si riducono. Idem l'amore: prima di vagheggiare un ritorno alla vita agreste, considerate che in quel mondo capitava raramente ci si scegliesse o almeno si pensasse di averlo fatto. Quando i limiti economici, fisici e relazionali sono invalicabili, è più felice chi riesce a farsene una ragione e a calcolare la sua libertà all'interno di quei limiti. Non potere volare, o vivere per sempre, è un limite che riguarda tutti, ma sono infiniti i valori possibili su quell'asse cartesiano, dalla coscienza di essere piccoli a quella di stare invecchiando, dagli handicap fisici alla semplice accettazione di avere un aspetto fisico non corrispondente agli standard di bellezza in corso.

Andiamo dall'individuale al sociale. Il capitalismo è fondato su una serie di meccanismi tendenzialmente autodistruttivi, lo diceva Marx e non ha mai smesso di essere vero: i soldi chiamano soldi, e a furia di concentrarsi nelle mani di pochi su scala sempre maggiore il sistema non può che smettere di funzionare. Il socialismo, e i sensi di colpa per la guerra mondiale, però, gli hanno dato una mano ad allungarsi la vita, inducendolo ad invertire per un po' la freccia della distribuzione delle risorse. Già prima, Ford era diventato Ford trovando il modo di costruire automobili che costavano così poco che i suoi operai se le potevano comprare, con paghe adeguatamente maggiori, e godere, nel tempo libero che derivava da orari di lavoro minori. I cinquant'anni circa dopo il 1945, di fatto, sono stati gli unici di tutta la storia dell'umanità in cui questa logica ha fatto premio. Tutte le nostre libertà, se ci pensate, derivano da questo: quella di far studiare i nostri figli anziché costringerli a lavorare fin da piccoli, quella di studiare, quella di giocare, quella di scegliersi chi amare (poi anche dello stesso sesso), quella di spostarsi per divertimento, quella di fare sport e divertirsi, eccetera. Il grado complessivo di queste libertà considerate (erroneamente) per acquisite nell'occidente contemporaneo è tale da fare invidia, se potesse osservarle con una macchina del tempo, a qualsiasi sovrano del passato, e comunque solo una ristretta cerchia di persone nella storia fino alla seconda guerra mondiale si poteva permettere un complesso di libertà lontanamente simili alle nostre standard.

Quello che è successo invece negli ultimi trent'anni, ed ha accelerato negli ultimi cinque minacciando di farlo ulteriormente nel futuro, è esattamente questo: che partendo dalla constatazione che il modello di sviluppo che consente tutto ciò è insostenibile per il pianeta (o se preferite costruendo artatamente il luogo comune di questa constatazione: all'atto pratico è lo stesso) si è invertita la freccia. E per evitare ribellioni o proteste che potrebbero inceppare il meccanismo, la velocità a cui si muove il fenomeno è complessivamente minore del fenomeno opposto: lo sboom è più lento del boom, spesso più lento delle vite di ciascuno di noi, e così più efficace. I nostri figli non avranno nessuno dei nostri diritti. Nemmeno quello di disporre di una estensione di se che occupa del terreno e vi si sposta sopra in autonomia. Questo è deciso e senza comprendere ciò (errore di certa sinistra convinta ancora di potere conciliare i suoi temi con l'ambientalismo in voga) non si può capire la logica assurda di certe decisioni, peraltro non democratiche, che stanno demolendo il settore trainante dell'economia.

Ammettendo il teorema del cambiamento climatico e della finitezza delle risorse che ci dovrebbe indurre ad accettare ogni diminuzione di libertà finalizzata alla salvezza del pianeta (o meglio della vita umana sul pianeta che il pianeta se ne fregherebbe di diventare come Venere o Marte), però, se la guerra fredda l'avesse vinta l'URSS e fossimo tutti nel Patto di Varsavia oggi saremmo immersi in una propaganda pervasiva e minacciosa che ci avrebbe costretto a girare tutti su una Trabant elettrica scaldare meno le nostre case eccetera: tutti uguale (tranne un pochino la ristretta cerchia del Partito). Siccome invece domina il capitalismo, questa erosione di diritti e di libertà avviene con le sue logiche: gipponi elettrici per i ricconi che hanno la casa in centro e manco gli servirebbero, tanto hanno pure le ciclabili (sempre vuote, come mai?), e chi vive in periferia lentamente indotto all'immobilità. Tanto le prove generali le abbiamo già fatte con la cosiddetta pandemia e lo smartworking e i delivery sono pronti alla bisogna. E senza auto sarà un problema anche tornare al paesello...

martedì 3 dicembre 2024

"MUOIA SANSONE...

Questa cinecitazione la capisce solo chi ha una certa età...
...con tutti i suoi filibustieri", mi pare di averla sentita da Totò, o da Frassica. Certo è che potrebbe descrivere bene lo stato d'animo di un autentico farabutto, l'ineffabile Presidente uscente degli Stati Uniti d'America, nel mentre che si ingegna a escogitare le ultime malefatte che si può permettere, visto che a giorni deve mollare l'osso.

L'ultima è degna di un Papa italiano, sia per quantità di facciatosta necessaria, sia per sintassi nepotistica: ha concesso la grazia... a suo figlio! incriminato per reati fiscali e altri connessi all'uso di droga, peraltro, mica politici! Ma chi si crede di essere, Berlusconi? La decisione, che non piace quasi a nessuno nemmeno dei suoi non fosse altro perché disinnesca molti argomenti anti-Trump, può in qualche modo essere compresa solo tenendo presente il complesso della situazione: ha 82 anni, è forse vicino alla fine della vita tout-court ma sicuramente della vita politica, cosa gli frega di sputtanarsi ulteriormente se può almeno salvare il culo al figlioletto?

Il problema è semmai che la stessa logica (e forse non solo quella) la sta applicando anche al di fuori del familismo amorale (concetto sociologico cui ebbi a dedicare persino un post appassionato 14 anni fa, quando il blog era giovane e io quasi pure, e sicuramente meno disincantato), nella sua penultima malefatta. La "terza guerra mondiale a pezzi" ha da 2/3 anni i suoi focolai più attivi, peraltro quanto interconnessi si vede in Siria, in Ucraina e Palestina. Che il vecchio cafone intrallazzista fosse, nonostante questi aggettivi e tutti gli altri che gli vogliamo appioppare, in grado di vedere le cose da un punto di vista abbastanza diverso da aumentare la probabilità che quei focolai vengano spenti, ce lo siamo detti su queste pagine ben prima delle elezioni, e che non fossimo visionari è emerso abbastanza presto subito dopo. Purtroppo l'evidenza è tale che non solo hanno iniziato ad ammetterla i commentatori politici accreditati come filoprogressisti, ma l'ha colta anche un vecchio rincoglionito come Joe stesso. E per le stesse ragioni, e nessuna delle giustificazioni, del paragrafo precedente, ha deciso (seguito a ruota dalla sempre più vergognosa UE) di concedere agli ucraini l'uso di missili in grado di raggiungere Mosca: che gli frega, a uno che ha da vivere ancora qualche anno e additato come esempio negativo comunque, se finisce il mondo?

Perché è questo, che rischiamo: una escalation che come quelle che popolavano i nostri incubi di ragazzi degli anni 80 potrebbe portare a una guerra nucleare globale. Il vecchio amico della confraternita OMS - Big pharma, degli esportatori di democrazia a forza di bombe intelligenti, dei pasdaran del cambiamento climatico, degli ispiratori di primavere arabe e colpi di Stato ai confini della Russia, sconfitto su tutti i fronti e talmente sputtanato che nemmeno averlo sostituito all'ultimo istante con una rappresentante-di-minoranze-di-moda è bastato, prima di andarsene lascia una polpetta avvelenata, inquina le sorgenti, infetta gli acquedotti, insomma fa una mossa che potrebbe compromettere sul nascere ogni iniziativa di pace. Speriamo di no, ma se succedesse non dimentichiamoci (per quello che può valere) di chi è la colpa: di quel cosiddetto progressismo democratico che forse ha scelto il proprio nome nel vocabolario della neolingua di Orwell...

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