Chi mi segue sa quanto amo la musica dal vivo, quella che sempre di più - e giustamente - sarà l'unica cosa a dare da vivere ai musicisti, quando avremo seppellito per sempre le forme più retrive del diritto d'autore. Ne Il testamento di Faber dieci sessionmen affermati sono riuniti in un progetto davvero interessante: riproporre le canzoni di Fabrizio De Andrè nei loro arrangiamenti originali, sia live che studio. Una vera cover band, insomma (le tribute band invece reinterpretano in misura più o meno pesante i pezzi dei loro emuli), ma senza quell'eccesso di dilettantismo che spesso si riscontra nel settore: se fai i Dire Straits devi avere almeno un mostro della chitarra, se fai i Genesis anche uno con dieci anni di conservatorio al piano. Se fai De Andrè devi avere uno con la voce bassa e piena (che non si incavernisce e depotenzia scendendo di tono) che quando sale si asciuga e picchia netta (senza andare di naso o peggio infalsettirsi): questi non solo hanno il cantante giusto, come raramente mi era capitato con altre band analoghe, ma sono davvero tutti quanti bravi. L'effetto del concerto, cui ho assistito ieri al Teatro Golden a Roma, era per certi aspetti più sorprendente dello stesso tour meritatamente trionfale di Cristiano De Andrè, anche se ovviamente non può ambire a quel livello sia per i mezzi in campo che per la magica presenza del figlio/clone (senza offesa per la sua autonomia artistica: è che la somiglianza fisica e vocale impressiona...).
Dalla loro pagina Facebook mi avvisano che saranno il 17 al Teatro Ghione in una serata evento gratuita dedicata a Gaber e Faber: se potete andateci, non ve ne pentirete.
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