E poi alla fine tutto va al posto suo.
A tutti noi è capitato nella vita che le cose girino, bene o male non si sa, ma non si riesce a indovinarne l'ordine. Non stanno mai ferme, sono come irrequiete: ma come? prima avevo solo voglia di fare le cover dei Dire Straits avant'ieri solo cose mie ieri al limite suonare con lui prima che vada via per sempre oggi non mi andava di fare niente e stasera sono qui e mi sento al posto mio? Di più, in un posto che è sempre stato mio e non faceva che aspettarmi!
E' questo che passava per la testa alla cavea strapiena dell'auditorium romano ieri sera, o meglio era questo che tutti eravamo convinti passasse per la testa a Cristiano De Andrè. Uno che oggi ha gli anni che il padre a quell'età aveva già fatto tutto.
Non deve essere facile nascere "figlio di". Certo, ci ha i suoi bei vantaggi, ma poi però non sono tutte rose e fiori. Ti ritrovi proiettato nella stessa arte di tuo padre o tua madre per inerzia, per l'aria che si respira a casa. E se davvero vuoi farne la tua strada, allora ce l'hai spianata, mica come tutti gli altri che devono sgomitare quasi senza speranza, mica come il genitore che ci è arrivato proprio così, a dispetto della sorte e grazie a un perfetto mix di fortuna e determinazione. Ma per uno che si accomoda su questo percorso, un tognazzino per intenderci, mille altri scoprono che è tutt'altro che vogliono fare nella vita, e altri mille fanno altro apposta per distinguersi, abbandonando per tigna magari proprio la strada a cui erano predestinati. Perchè la crescita è separazione, e l'autostima spesso dipende da cosa riesci a fare da solo, con la bici a cui papà ha appena levato le rotelle.
C'è un caso su mille in cui è il padre il bozzetto e il figlio il capolavoro del dio che dipinge le cose: Valentino Rossi lo ha sempre saputo e infatti il padre motociclista lo chiama Graziano non "papà". Ma se sei figlio di Leonardo Da Vinci e hai un po' d'amor proprio, piuttosto che copie della Gioconda fai quadri astratti o magari l'imbianchino (il figlio di Ivano Fossati suona la batteria per papà) se proprio vuoi ancora avere a che fare coi pennelli.
Insomma, ti arrendi: non puoi arrivare a quel livello. Se superi i contraccolpi della botta, hai tre strade: la prima è fare tutt'altro, la seconda restare nel campo ma cercando a tutti i costi di distinguerti. Ma se sei il figlio di Eduardo De Filippo e sai recitare, e magari gli somigli, prima o dopo intraprendi la terza: devi tenere viva l'incredibile perfezione dell'arte di tuo padre, continuare a rappresentarne il miracolo. Altri lo faranno se non lo fai tu, altri lo fanno anche se lo fai tu, ma nessuno può farlo meglio di te. Tocca a te, arrenditi.
Deve essere stata questa la sostanza dei discorsi che voci dentro e fuori di lui hanno fatto a Cristiano negli ultimi dieci anni. Anni in cui Faber lo hanno cantato tutti ma proprio tutti, non solo le miriadi di cover band, non solo gli artisti che partecipano al premio De Andrè che tutti gli anni va in scena alla Magliana sotto gli occhi bellissimi e attenti di Dori Ghezzi, non solo i tantissimi compagni di viaggio di Fabrizio, uno che è stato così grande anche perchè conosceva i propri limiti e si faceva affiancare da musicisti veri che ne hanno fatto la poliedrica cifra stilistica (Reverberi, Piovani, Battiato, DeGregori, Bubola, la PFM, Pagani, Fossati). Tutti: da Jannacci (occhio che Paolo sta a Enzo come Cristiano a Fabrizio, tra l'altro...) che dalla morte di Faber si è ripresa Via del Campo, alla Bandabardò che nell'ultimo tour fa Un ottico, passando per Morgan che ha toccando il vertice della sua carriera rifacendo tutta Spoon river. Un bellissimo marasma, insomma, in cui noi tantissimi orfani di Fabrizio sguazziamo per recuperare frammenti del nostro cuore.
Ecco perchè ieri sera era sold out, e lo sarà tutto il tour. Perchè ieri tutti eravamo li col cuore gonfio di gratitudine per questo figliol prodigo, questo bimbo con quasi la stessa faccia e quasi la stessa voce di papà che si è arreso per la seconda volta al suo destino. Che è quello di Luca De Filippo con Natale in casa cupiello e gli altri capolavori di Eduardo, lo sapevamo tutti, lo sapeva anche lui. Speriamo che non cambi idea: il repertorio del padre è tale da consentirgli spettacoli diversi per tutta la vita. Un anno potrebbe rifare tutta La buona novella, ieri clamorosamente assente dalla scaletta. L'anno dopo solo quelle nei vari dialetti, che fra l'altro gli vengono benissimo: a tratti chiudendo gli occhi sembrava che tutti, lì, avessimo sconfitto la Morte.
Poi, riaperti gli occhi, ci guardavamo in faccia increduli l'un l'altro ripetendoci mentalmente che è giusto così, è giusto: il figlio di Fabrizio sta facendo il suo dovere. Adesso ogni cosa è al suo posto.
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