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Nei cartoni di B.C. gli omini preistorici si scambiavano le conchiglie, perchè già loro intuivano che era più pratico che non andare in giro ciascuno con il frutto del proprio lavoro sul groppone. Immaginiamo allora di fare un gioco di ruolo che consiste nel fondare una società: presto dovremmo dotarla di una qualunque moneta per facilitare gli scambi. La prima domanda allora è: quanta ne serve? La risposta è: un quantitativo sufficiente a tutti gli scambi, sennò qualcuno sarebbe costretto a continuare col baratto, e magari non a tutti quelli esistenti, ma a tutti quelli che confidiamo avvengano nel periodo di riferimento (che so, l'anno prossimo). Il quantitativo di moneta deve essere quello giusto, altrimenti:
- se è di meno, ci sarà qualcuno a cui ne manca, e chi ne ha in sovrappiù e ne presta potrà alzare il prezzo (l'interesse) come di ogni bene scarso, ed entrambe le cose fanno si che ci siano in giro meno persone disposte a comprare cose ("cala la domanda interna" dicono gli esperti);
- se è di più, ci sarà più gente disposta a comprare cose che cose da vendere, e i venditori potranno aumentare i prezzi (l'inflazione) il che diminuisce in pratica il valore reale dei soldi in mano a chi li ha, tornando all'equilibrio iniziale dopo un travaso di ricchezza verso coloro che possono aumentare liberamente il loro reddito (un esempio che abbiamo visto tutti: i commercianti all'inizio dell'era Euro) mentre per i percettori di reddito fisso in pratica l'inflazione è una tassa;
- L'emittente. Per millenni il potere di battere moneta è rimasto in mano a una persona, dal capotribù al sovrano assoluto, col tramonto dell'assolutismo si è trasferito allo Stato liberale, e recentemente ad entità private sovranazionali. La questione la dice lunga su quale sia la struttura reale del Potere oggigiorno: uno Stato che non batte moneta è solo parzialmente sovrano.
- Il sistema. La moneta per millenni dalla sua invenzione ebbe valore intrinseco: ogni dischetto di metallo valeva quello che valeva il metallo di cui era composto. Un grosso limite per chi non aveva abbastanza oro, una grande fonte di ispirazione per gli scrittori di storie di pirati e forzieri. Il vincolo fu allentato da un invenzione italiana implementata dai mercanti soprattutto olandesi: la cartamoneta. Geniale: io "banchiere" mi tengo i pezzi d'oro e ti do un pezzo di carta con su scritto che chi lo detiene ha diritto di venire da me a prendersi i pezzi d'oro, e con quello pago un altro e questo magari altri e così via, finché solo l'ultimo della serie ritira forse l'oro ma intanto tanti hanno fatto scambi senza appesantirsi le tasche, e tanti scambi con lo stesso oro, mentre il banchiere magari ha prestato quell'oro a qualcuno che ne aveva bisogno in cambio di un interesse che fa il suo guadagno. Già, ma se anziché l'oro il banchiere prestasse altra cartamoneta, magari troppe volte il valore dell'oro in cassa? Senza un controllo il rischio inflazione, anzi iperinflazione, era troppo alto: occorreva che la funzione di stamparla venisse avocata dallo Stato, che così da allora in poi e per alcuni secoli fa circolare tanta cartamoneta quanto oro ha nei forzieri. Ciascuno Stato. E giù tante belle storie su Fort Knox.
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Il processo avviato a quel tempo doveva per il secondo principio della termodinamica necessariamente concludersi, e infatti si sta per concludere, con il totale controllo da parte di una ristretta élite mondiale di quanta moneta ci deve stare in giro. Le tappe di questo percorso sono ovviamente variamente sfasate nello spaziotempo. Le più recenti in Europa sono state la privatizzazione delle banche centrali e la creazione della moneta unica europea emessa da una banca centrale a sua volta privata. La prima faccenda sottrae al controllo politico, dunque parlamentare, gli istituti di emissione, il che in un Paese tendente alla corruzione come il nostro è anche un bene, se vogliamo, non fosse che almeno i parlamentari li eleggiamo, mentre i banchieri no. Dopodiché uno Stato se vuole moneta deve prenderla a prestito dalla sua banca centrale, ed ecco il famoso "debito pubblico".
Notate l'impennata della curva ai tempi del CAF |
Il punto è che la promessa era di una unione monetaria che precedesse di poco l'unione fiscale, politicoeconomica, politica: alla fine di questo percorso, si potrebbe e forse ancora si può auspicare una BCE "nazionalizzata" dagli Stati Uniti d'Europa, nuova entità politica in grado, grazie anche alla propria recuperata sovranità monetaria, di competere con Cina India Brasile e (ammesso che reggano) USA e così difendere il proprio modello socioeconomico e culturale che ha consentito ad alcune generazioni dopo l'ultima guerra mondiale di prosperare. La globalizzazione a guida monetarista, invece, decreterà presto la definitiva scomparsa del nostro modello a favore prima di quello statunitense (è in questa chiave che bisogna leggere l'azione di Marchionne: gli operai americani non possono accettare che siano mantenute condizioni migliori ai loro omologhi italiani, adesso che stanno nello stesso gruppo industriale...) e dopo di quello cinese. E quest'ultimo comporta necessariamente, giacché non si possono mantenere masse di lavoratori a condizioni di semi-sussistenza con le buone maniere, la fine anche della sovrastruttura ideologica che chiamiamo democrazia...
Invece non solo l'unica cosa che si è realizzata è l'unione monetaria, ma questa è stata improvvidamente estesa a realtà molto meno compatibili in termini di indici di economia reale di quanto già non fossero tra loro i Paesi dell'area euro originaria, realtà che in pratica si sono consegnate mani e piedi ad un istituto controllato da privati non eletti come la BCE che ragiona all'interno dei suoi interessi e dei suoi dogmi senza minimamente preoccuparsi non dico del benessere ma financo della sopravvivenza fisica dei cittadini europei. Ecco la crisi greca poi quella irlandese e ora chissà quale altra: se la moneta deve rappresentare la ricchezza reale, due Paesi che sono in questa molto diversi tra loro non possono avere la stessa moneta, punto e basta, e se quello più povero ci prova ne esce con le ossa rotte (tecnicamente, i due Paesi tendono a un punto di equilibrio probabilmente molto al di sotto del livello di piena occupazione del Paese più povero).
Prima del monetarismo la funzione della moneta era, e speriamo dopo tornerà ad essere, proprio esattamente consentire che in un economia si possano svolgere tutti gli scambi necessari a che tutti lavorino e abbiano un tetto e da mangiare, più poi magari pure qualcos'altro, eventualmente. Per tornare a questa funzione, quindi, occorrerebbe che si diffondesse una conoscenza politica di questi temi tale che riemergano prima e diventino maggioritarie o comunque incidenti poi forze politiche che si pongano come obiettivo una Unione Europea ristretta e a moneta sovrana che difenda la piena occupazione dei propri cittadini, o in subordine uno Stato nazionale a moneta sovrana che tenti la stessa cosa. Il secondo scenario è più semplice da tentare ma con molti maggiori pericoli, sia in assoluto perchè di dimensioni insufficienti a reggere l'urto internazionale (sarebbe classico il vaso di coccio tra i vasi di ferro) sia perchè in Italia si dovrebbe fare i conti con l'innata propensione all'irresponsabilità (eh si, basta guardarsi allo specchio) che ci contraddistingue specie nella dicotomia tra morale pubblica e utile privato e immediato.
Anche ammesso che questo movimento di idee nasca e si rafforzi, però, a complicare la faccenda interviene il fatto che non è solo la Banca centrale a creare moneta, ma anche il circuito bancario e quello finanziario, e negli ultimi decenni questi hanno sempre più agito in maniera autoreferenziale ed incontrollata:
- il giochino delle banche di riprestare più volte gli stessi soldi (tecnicamente si chiama "riserva frazionata", in pratica le banche sono obbligate a tenere in cassa solo una frazione dei soldi che fanno girare dopo averli presi in prestito dalla banca centrale pagandole un interesse basso chiamato "tasso di sconto"), che se svolto con misura è un volano per l'economia e la trasmissione della politica economica, costituisce un fattore di rischio in caso di cortocircuiti nel sistema di controllo (il controllore controllato dai controllati) come quelli in vigore (ricordo che sono le stesse banche a dividersi la proprietà delle banche centrali privatizzate e queste ultime quella della Banca Centrale Europea). Così, col tempo la frazione si è ridotta al minimo: oggi è al 2%, significa che ogni 100 euro prestati dalla banca centrale alle banche private si crea moneta per 5000 circa (chi non si fida si legga i conti qui);
- il circuito finanziario è infinitamente più complesso: vediamolo, anche se correndo il rischio di schematizzare troppo. Le borse nascono per convogliare direttamente alle imprese i soldi dei risparmiatori, e fino a che hanno fatto solo questo il loro ruolo aveva effetti ciclici funzionali. Se la mia azienda ha bisogno di soldi, infatti, o li prendo a prestito dalle banche oppure la quoto in borsa, e saranno i risparmiatori a darmeli in cambio di azioni, poi se l'azienda va bene la quotazione delle azioni sale e viceversa. Moltiplicando il ragionamento, dovremmo avere tanta moneta finanziaria in giro quanto è il valore in termini reali del totale delle imprese quotate, salvo oscillazioni attorno a questo valore che danno misura dell'andamento finanziario e costituiscono la linea attorno a cui si collocano quelli che ci perdono e quelli che di guadagnano dal giochino. Chi di voi si ricorda di quando negli anni 80 cominciarono a girare i consulenti finanziari? Si trattava dei primi (a ricordarli oggi "teneri") soggetti che avevano capito che la lontananza di quel mondo da quello della concretezza poteva consentire un certo margine per guadagni troppo spesso legati a schemi detti "di Ponzi" o "catene di Sant'Antonio". Tanti, anche quelli che giurano di no. Soprattutto quelli. Pian piano, l'economia finanziaria si è trasformata fino ad essere rappresentata in massima parte da titoli che inglobano titoli che inglobano titoli e scommesse sull'andamento di altri titoli eccetera. Ecco che i prezzi delle materie prime, ad esempio il petrolio, o delle case, sono determinati dalla domanda e offerta non più di di quei beni sul mercato ma dei titoli che scommettono sull'andamento dei loro prezzi. Ecco che può capitare di essere spinti ad accendere un mutuo e ritrovarsi dopo pochi anni a non poterlo più né pagare né estinguere, perché la casa ormai vale molto meno delle rate ancora da pagare.
Alle prossime politiche, quindi, diamo il voto a chi dovesse inserire nel suo programma un radicale ridimensionamento della finanziarizzazione dell'economia, il ritorno alla proprietà pubblica degli istituti di emissione (a livello europeo se possibile, se no nazionale), e una politica monetaria basata sulla funzione primigenia della moneta come strumento ad emissione sovrana a servizio dell'economia reale, cioè circolante nella misura ad essa funzionale. Se nel frattempo gli scandali avessero travolto e disintegrato sia il PdL che di riflesso il PD, avremmo qualche speranza di trovare un tale soggetto politico sulla scheda elettorale.
Approfondimenti:
- La privatizzazione della sovranità monetaria
- La vera storia della Banca d'Italia, e la corrispondente voce da Wikileaks
- La federal reserve e la globalizzazione
- Paolo Barnard, ovvero il debito pubblico causato unicamente dalla moneta non sovrana, e invece la vera storia del debito pubblico
- Massimo Fini, ovvero la via d'uscita è l'Europa politicamente unita
- Nessuna speranza dal Partito Democratico
2 commenti:
Mi sono persa a metà (io e l'economia: due realtà incompatibili) ma almeno ne so qualche grammo più di prima. Thanks!
ma quanto abbi studiato per scrivere tutto ciò??? accidenti...
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