domenica 27 febbraio 2011

IN CHE SENSO, PETROLIO?

La cosa che stride di più della vicenda libica vista da qui, è come gli stessi media che compattamente pochi mesi fa commentavano incuriositi e benevoli le visite del leader Gheddafi a Roma con tanto di tenda amazzoni e hostess reclutate in loco con extra in caso di conversione omaggiato dal nostro premier con tanto di baciamano e riconoscimenti formali di status storico/politico, quegli stessi media oggi parlino dello stesso soggetto come di un sanguinario dittatore punto. Alla fine lo stesso Berlusconi è stato costretto all'autosmentita, l'ennesima della carriera tanto il suo consenso ha storicamente sede nelle viscere del suo elettorato più che nella materia grigia, quindi lui non si preoccupa della logica. Che gli altri, quelli che per bacino elettorale se ne occupano, peraltro non lo sanno fare.
Per il resto, come per gli altri accadimenti nordafricani, ci si capisce ben poco, e allora fissiamo una serie di punti fermi, magari la verità viene fuori per differenza:
  • in Tunisia è stato fatto fuori un dittatore messo li da un colpo di stato a guida italiana, retribuito a suo tempo da munifica ospitalità vita natural durante al ladro oggi in via di beatificazione che lo aveva ispirato;
  • in Egitto lo zio di Ruby è passato velocemente dallo status di garante della laicità e della libertà a quello di feroce dittatore, ma l'attuale situazione tradisce dove quello status avesse realmente sede - cioè dove ancora è: nell'esercito - e quanta era sia e sarà la libertà reale degli egiziani;
  • in entrambi i Paesi suddetti il popolo era ed è davvero affamato, ed eterodiretto o meno che fosse è stato protagonista delle ribellioni;
  • in Libia invece i pochi osservatori attenti (qui il sito Petrolio) concordano nel parlare di una guerra civile con radici antiche piuttosto che di una sollevazione popolare unanime contro il tiranno (ed anche qui sono da ascoltare bene i dietrologi, piuttosto che da rigettare aprioristicamente);
  • se anche l'articolessa di Scalfari, che antiberlusconismo editoriale a parte condivide la vulgata "democratica" delle rivolte, accarezza il tema del petrolio (o meglio, nel caso libico, dei gas naturali), vuol dire proprio che questo ci azzecca e tanto;
  • in ogni caso, la voglia di "democrazia" è al massimo tra le motivazioni minoritarie eventuali e non efficienti degli accadimenti in questione.
Petrolio è anche il titolo dell'ultimo lavoro di Pasolini, uscito postumo, che postula la centralità del caso Eni (uccisione di Mattei per finto incidente) nella storia d'Italia. Ne ho visto di recente a teatro un bell'adattamento di Fabio Morgan, Superstar, non sono riuscito a trovare se e dove sia replicato d'ora in avanti, ma cercatelo: si capiscono tante cose perfino della storia recente e della cronaca. Pasolini era un poeta, anche quando scriveva prosa o girava pellicola, e come tutti i veri poeti un profeta. A sentire brani come questo c'è solo da sperare che si sbagliasse, o meglio fare tutto il possibile per impedire l'avverarsi del suo vaticinio, che fin'ora purtroppo ci ha preso quasi sempre...

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