domenica 17 aprile 2022

GOTT MIT UNS

Durante la guerra fredda, col rischio dell'annichilimento nucleare sul groppone, a influenzare l'immaginario di un paio di generazioni (e io chi ero per sottrarmi? infatti...), non si era osato quello che si sta vedendo in questi giorni: la riduzione del Nemico a Criminale al punto da espellere "da tutti gli sport del Regno" le sue squadre nazionali, ed ammettere i singoli esponenti ma senza bandiere nei display o a bordo campo, e c'è già chi dichiaratamente pretenderebbe una esplicita abiura. Ora, secondo loro, e anche secondo me per il libero convincimento che mi sono fatto avendo studiato la storia e seguito i fatti, i Russi hanno ragione, mentre secondo quasi tutti gli altri hanno ragione gli Ucraini (anche se a essere precisi sarebbero Ucraini anche quelli delle regioni russofone ghettizzati e massacrati da 8 anni a questa parte dai neonazisti al potere grazie a un colpo di Stato a regia occidentale, ma lasciamo perdere): in questi casi, l'unico comune denominatore possibile è che in guerra tutti pretendono di avere ragione quindi logicamente nessuno ce l'ha tutta. Non bisogna dimenticarlo mai, nemmeno quando la guerra poi qualcuno la vince e allora riscrive la Storia in modo che risulti che la ragione ce l'aveva tutta lui. Pansa da ex comunista ci ha lucrato un bel po' sui "ragazzi di Salò", per dire...

Meglio. A voler tornare ancora più dietro, l'Italia vinse i suoi due primi campionati del mondo di calcio (si si, quelli con Vittorio Pozzo CT e Meazza e Piola in campo) quando era una dittatura conclamata che colonizzava il corno d'Africa e mandava volontari in Spagna a sostenere Franco contro il governo democraticamente eletto, e si accingeva a entrare in guerra appresso alla Germania, che pure lei si organizzò le sue belle olimpiadi in casa (si si, quelle con Jesse Owens il negro e le sue medaglie d'oro in faccia a Hitler, ci dicono, omettendo che erano in faccia anche a quasi tutti gli statunitensi bianchi e razzisti) tre anni prima di invadere la Polonia. Si fermò tutto, si, ma a guerra conclamata. Fino ad allora, i nostri atleti erano liberi di girare il mondo facendo il saluto romano al pubblico. Invece oggi le squadre russe sono fuori da tutte le competizioni da qua a fine anno e non rientreranno nemmeno la guerra finisse, e negli sport individuali ci sono dei ragazzi poco più che ventenni costretti a esibirsi col marchio dell'infamia sul groppone, pensando che il tifo contro non è solo per ragioni sportive. E infatti uno, il primo russo ad essere diventato numero 1 del mondo di tennis, ha deciso subito dopo di fermarsi per un piccolo intervento chirurgico che chissà se è vero, mentre un suo collega emergente ha inanellato una serie di sconfitte non in linea coi risultati dell'anno scorso, che forse sarebbero arrivate lo stesso (quella col nostro Sinner mi fa piacere pensare di si) ma il dubbio resta, che le dichiarazioni pacifiste peraltro male accolte dai peggiori dei colleghi restino a lavorare dentro all'anima del "cattivo".

Spezzo questa lancia a favore di Rublev (così si chiama l'ultimo, l'altro Medvedev), perché volevo criticarne un vezzo mettendo le mani avanti: non ce l'ho con lui. Peraltro, lo stesso vezzo, anche se meno carico di enfasi, ce l'ha anche Djokovic (da me difeso a spada tratta pochi mesi fa per essere stato messo all'indice per le sue scelte in tema di salute, e i tanti sportivi vaccinati nei guai gli danno ragione da un lato mentre l'andamento delle curve dei contagi glielo danno dall'altro: i vaccini anticovid non servono a un cazzo, e quindi per un principio basilare della medicina sono dannosi), e magari tanti altri in modo ancora meno visibile o addirittura intimo. Si tratta del gesto plateale di ringraziamento a gesucristo che fa ogni partita che vince. Non credo bestemmi quando perde, ma il punto è proprio questo: non sono credente, ok, ma se lo fossi sarei addirittura indignato per gesti così, altro che infastidito. Davvero, non capisco come dentro la testolina di quelli che pregano Dio di farli vincere o lo ringraziano per averlo fatto, non si affacci il pensiero appena razionale che se Dio è uno ed è il padre di tutti, negli sport dove si può dovrebbe fare pareggiare tutti, e negli altri qualcuno lo deve scontentare per forza.

Qualcuno risponderà: si va beh, prego Dio di vincere ma se non vinco lo ringrazio lo stesso, di non essermi fatto male ad esempio o comunque a prescindere (visto che comunque gli infortuni esistono, e anche le malattie e la morte, e un vero credente accoglie tutto come un dono di Dio, giusto?). Ma qui non stiamo facendo teologia, ma al massimo sociologia, spiccia. E allora viene in mente che lo sport contemporaneo addirittura nasce per essere quello che è: una metafora della guerra e della violenza che ha la funzione precipua (e per tutti: praticanti e tifosi) di valvola di sfogo omeopatica. E se è vero che tutti i potenti, tutti gli imperatori, hanno da sempre fatto marciare i loro eserciti sotto l'insegna di "Dio è con noi", inducendoli a combattere anche per avergli instillato questa convinzione, non c'è niente di strano che la cosa si sia traslata negli sport assieme agli inni nazionali. Ergo, se vogliamo davvero fermare la Guerra, estirparla dai nostri cuori e soprattutto agire in modo di estirparla da quella dei nostri discendenti, approfittiamo dell'ostracismo alle squadre russe per cancellare tutte le manifestazioni in cui gli atleti concorrono se non per se stessi o il loro club di tesseramento. Peraltro, la cancellazione dei mondiali di calcio farebbe comodo all'Italia in questo periodo, ma questa è solo una coincidenza.

Per chiarire meglio il senso di questo parallelismo che qualcuno potrebbe pensare esagerato, non c'è niente di meglio che affidarsi a un artista visionario. Per cui vi lascio con il video, con testo, di una canzone di quarant'anni fa quaranta dell'immenso Franco Battiato, L'esodo. E tanti auguri di Buona Pasqua, ma non prima di avervi ricordato che la Pasqua cristiana rievoca il martirio di Gesù avvenuto a Gerusalemme nei giorni in cui si festeggiava la pasqua ebraica, che a sua volta è la rievocazione allegorica (poveri agnelli, magari Gesù col pane azzimo e la favoletta dell'eucarestia intendeva proprio fermare "il silenzio degli innocenti" - e questa non ve la spiego) della strage dei bimbi egizi perpetrata dall'Angelo di Dio risparmiando le porte macchiate di sangue ovino dagli ebrei su indicazione di Mosè. Perché Dio è con noi e peggio per gli altri, giusto? E' vero, la Pasqua cristiana aggiunge il concetto di resurrezione (e di nuovo, solo un artista visionario come De Andrè poteva ricordarci, in Tre madri, che grazie al c... che mi sacrifico per voi e muoio se so di dover risorgere dopo tre giorni), ma voi intanto fate mente locale, magari assieme a un altro artista visionario e dissacratore come Troisi, e ricordatevi che per poter risorgere, forse, intanto dovete soffrire, e poi dovete, sicuro, morire.

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