venerdì 24 febbraio 2017

BYE BYE PARTITO-BESTEMMIA

Tra i tanti errori di valutazione commessi in una vita di interessi politici, posso almeno vantarmi, e per fortuna nell'era di Internet fornendo prove, di non aver mai creduto nemmeno per un nanosecondo alla bontà del progetto PD. Ho subito pensato, e scritto, alla prima uscita di Uolli, che era una minchiata così solenne da essere quasi incredibile fosse venuta in mente a qualcuno che faceva il politico di mestiere, e che il primo risultato che avrebbe prodotto sarebbe stata la caduta del governo Prodi, cosa che si è puntualmente verificata in capo a pochi mesi. A chi sfugge il nesso con il "tradimento" di Mastella, ricordo che dichiarare "correremo da soli alle prossime elezioni" quando in teoria a quelle mancavano tre anni e passa non può non essere letto dai partitini propri alleati come "abbiamo intenzione di votare il prima possibile, scaricandovi". Ma non era questa la peggiore fallacia del ragionamento veltroniano: fosse stato il neopartito davvero in grado di sbancare le urne, infatti, la cosa avrebbe avuto pure un suo senso. Ma per capire che non lo fosse bastava la semplice considerazione che l'anno prima, proprio alla vigilia delle elezioni, Berlusconi aveva reintrodotto il proporzionale, e uno avvelenato, proprio per depotenziare la probabile vittoria prodiana, come in effetti era stato. Più la legge elettorale è maggioritaria, più conviene che i partiti si federino e si uniscano, più è proporzionale, più conviene il contrario, specie se le componenti ad unirsi pescano su elettorati fortemente identitari, e di identità molto diverse, come era per postcomunisti e postdemocristi nel 2007.
La rievocazione storica è stata così dettagliata perché così c'è meno bisogno di spiegare la cronaca: non vi fate illusioni, il PD si divide, e lo fa proprio adesso, perché i suoi vertici attuali sono più furbi di Veltroni, e vabbé non ci voleva tanto: la Corte Costituzionale ha lasciato in piedi un meccanismo che favorisce le aggregazioni solo se sono in grado di arrivare al 40%, e il PD oggi non lo è, lo sapevano pure quelli che proclamavano il contrario. Quindi la scissione è un estremo tentativo di arginare l'emorragia di voti: ad esempio di quelli di sinistra-sinistra che ancora l'ultima volta avevano resistito a votarli e ora con il jobs act la buona scuola il referendum proprio non avrebbero potuto, che adesso magari anziché non votare o peggio arrendersi e votare il m5s avranno un loro partito "de sinistra" in cui convergere. Che poi sarà perfettamente disponibile per un governo col PD renziano che continui l'opera di smantellamento della democrazia italiana su mandato del capitalismo multinazionale, magari condendolo con una nuova legge a favore dei gay o degli immigrati così stanno buoni mentre inghiottono il prossimo diktat europeo.
Come vedete, non se ne esce se non portando al 40% Grillo e i suoi. Con tutte le contraddizioni e le ingenuità che gli volete attribuire. Se non lo capite peggio per voi, anzi per tutti.
Se vi serve ancora qualche argomento, eccovi:
  • Scanzi che elenca ben dieci considerazioni sulla scissioncina in corso;
  • Blondet, che rappresenta con lucidità i piddini come oligarchia corrotta e autoreferenziale:
  • Spadini che spiega le radici del male e fa le quote sugli scenari.
A proposito, possa il PD morire tra mille sofferenze, almeno simili a quelle che ha provocato alla gente comune la sua sciagurata opera di killeraggio. Possa esplodere in mille rivoli, di modo che presto si tenda a dimenticarsi della sua trista e breve parabola. Ma possa invece non dimenticarsi mai la lezione che ne viene: non fidarsi dei falsi amici, di quelli che mentono sapendo di mentire e di quelli che gli fanno il coro ignavi. L'odio della memoria per questo esperimento mostruoso e truffaldino non sarà mai abbastanza.

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