giovedì 1 settembre 2022

RADIOCIXD 62 - ANIDRIDE SOLFOROSA

Ce lo siamo già detti: il trittico di album nati dalla collaborazione tra Lucio Dalla e Roberto Roversi è da considerarsi uno dei vertici assoluti della canzone italiana di ogni tempo. Abbiamo già parlato del primo, Il giorno aveva cinque teste del 1973, gigantesco atto di coraggio di uno che se voleva poteva campare dell'onda lunga del successo commerciale degli anni precedenti e invece subodorò l'aria che tirava e si gettò verso anni di fame (certo, poi ripagati da un successo così enorme che mai avrebbe potuto raggiungere restando nel solco precedente, ma prima chi glielo poteva garantire?), e del terzo e ultimo Automobili del 1976, visionario capolavoro che però tradisce la crisi del rapporto tra i due autori. Questo Anidride solforosa è nel mezzo, e perciò forse al vertice, di questa prodigiosa parabola artistica.

Vi si trovano tematiche anticipate di decenni e ritratti di scene che sembrano passate di moda ma invece oggi più attuali che mai, a saperle leggere, in mezzo a sbocchi di satira sociopolitica e schizzi di cronaca di una durezza che solo il rap, ma in America non certo in Italia, saprà poi dare. Il tutto condito di invenzioni musicali difficilmente inquadrabili, e non avanti o dietro, ma sopra, quanto la musica italiana sarà in grado di offrire nei decenni a seguire. Tanto che un ragazzo che lo ascoltasse oggi forse non capirebbe che si tratta di un disco di quasi mezzo secolo fa, ma potrebbe scambiarlo per avanguardia, non fosse che la voce di Lucio è talmente nota che magari la riconosce anche lui. Ma mentre scrivo questo penso che se quarant'anni fa a me ventenne qualcuno avesse provato a propinarmi una tracklist commentata di un qualsiasi musicista degli anni 30 o 40 probabilmente lo avrei snobbato, e pace così.

Facciamo così, allora: in fondo alla consueta disanima dei singoli brani, con link ai tube che si aprono in popup così da permettervi di continuare la lettura, vi embeddo il video della title track però registrato in TV dodici anni fa, si, ma ben trentacinque anni dopo l'uscita della canzone, il che forse la dice lunga sulla sua persistente attualità. Alla voce femminile, che nella versione in studio del '75 era interpretata con giocosa ironia dallo stesso Dalla, c'è qui la sottovalutatissima Angela Baraldi, una delle tante "scoperte" di Lucio (una delle meno fortunate commercialmente e assieme una delle migliori), che da tempo porta questo brano in concerto eseguendolo anche assieme a Zamboni e ad altri post-CSI, oltre che a De Gregori, per dire.

  1. Anidride solforosa - Due piani narrativi si intrecciano in questo capolavoro, e la musica cambiando tra i due fa da paratesto aiutandoci: in uno una donna del popolo parla di amore e rivoluzione, nell'altro una voce parla di inquinamento e computer, dimostrando che i poeti (quelli veri) spesso capiscono le cose decenni prima degli altri.
  2. La borsa valori - Come Dario Fo, Lucio Dalla quando scatenava il suo gramelot incomprensibile si faceva invece capire meglio ancora di quando usava parole sensate. E sta cosa la percepivo anche da bambino, ascoltando Cos'è Bonetti piuttosto che Pezzo zero. Qui sciorina a cazzo il listino della borsa valori di Milano e altre voci che vi si potevano ascoltare, dimostrando palpabilmente l'insensatezza di un mondo che pure ancora non era diventato il mostro trituratore dell'economia reale che è.
  3. Ulisse coperto di sale - Come nel primo brano, la musica sottolinea con un cambio brusco, qui dal rock sfrenato (questo è uno dei pezzi più rock della musica italiana, se una radio lo passasse prima dei Maneskin tutti capirebbero le mammolette che sono) si passa al melodico lento, il passaggio tra i pensieri e le parole del narratore: un Ulisse coperto di sale, come siamo tutti noi che torniamo, quando torniamo. E, come chiarisce un certo Dante Alighieri, prima di riandare.
  4. Carmen Colon - Quando la poesia parla di cronaca, e anche qui di un argomento particolare di cui sarebbe diventato di moda parlare (ma quanto peggio, a cominciare dai neologismi...) decenni appresso...
  5. Tu parlavi una lingua meravigliosa - Racconto poeticissimo, e chiuso mirabilmente, del reincontro casuale, una vita dopo, di una donna un tempo amata. Tra l'altro, questo brano è il prototipo di quel modo unico e mai banale che Dalla cantautore avrà di cantare d'amore negli anni a seguire...
  6. Mela di scarto - Per i non torinesi, Ferrante Aporti (dove l'avevo sentito? si un vecchissimo pezzo di Vecchioni, ma quella era una via di Milano dove al Professore era capitata una disavventura amorosa...) è il carcere minorile di Torino. Dove il protagonista di questa canzone finisce per una cavolata giovanile, per poi come spesso capita in pratica non uscire più, avviato proprio dal riformatorio a una vita da delinquente. Dicevamo delle tematiche da rap (vero), e questo brano sembra anche riarrangiabile in rap, per metrica.
  7. Merlino e l’ombra - Curiosamente, anche qui mi viene in mente Vecchioni, che canterà una tematica bergmaniana come questa qualche anno dopo (Lo stregone e il giocatore). Da notare anche qui come la base musicale accompagni coi suoi cambiamenti il mutare di prospettiva suggerito dal testo.
  8. Non era più lui - Anche qui accade, e anche qui come in Ulisse uno dei due temi è profondamente rock, anche se meno duro. La storia è quella di un uomo del sud, costretto ad emigrare e a rinunciare ai suoi sogni per fare forse l'operaio, che sogna il ritorno e con ciò aggrava ulteriormente la propria alienazione.
  9. Un mazzo di fiori - Ancora cronaca, ma mentre Carmen era una ragazzina uccisa da un serial killer, Emilia è una donna stanca di vivere che si suicida gettandosi nel Po. Inutile dire che la canzone è di una bellezza straziante...
  10. Le parole incrociate - L'album chiude in bellezza, con la sua canzone forse più bella, per qualcuno la più bella di tutto il repertorio di Dalla, e con la sua conclusione lapidaria: "Nel bel prato d'Italia c'è odore di bruciato. Un filo rosso lega tutte, tutte queste vicende. Attenzione: dentro ci siamo tutti, è il potere che offende.". Prima, semplicemente la storia d'Italia. Se non ci sono l'Italicus, piazza della Loggia, Ustica, la stazione di Bologna, Moro, gli anni di piombo, le stragi di mafia e la Trattativa, le guerre travestite da missione di pace, la cosiddetta pandemia, eccetera eccetera, è solo perché sono cose successe dopo. Ma è un dettaglio.

E ora gustiamoci la splendida e bravissima Baraldi, che qualcuno guardando il video riconoscerà (aahhh, ecco chi era!) come la protagonista di Quo vadis baby? di Salvatores...

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