domenica 27 novembre 2022

QUI NON SI MUORE MAI

Chi mi segue sa che non sono un tifoso di calcio, ma di basket, e in particolare di quella Viola Reggio Calabria i cui colori sociali sono tra l'altro una costante nelle palette delle varie grafiche che questo blog ha vestito nel corso degli anni (ma mi sono spinto ben oltre, nella vita, e taccio per pudore).

Il titolo di questo post è il motto di quella squadra, coniato decenni or sono mi pare da un suo storico capitano e playmaker (ma potrei sbagliarmi, sono benvenute precisazioni a commento), che non smette mai di venire dimostrato dalla cronaca, che poi va a rimpinguare la storia. Vado a memoria (omettendo per brevità la maggior parte dei nomi, che vi giuro potrei recitare a rosario). Un ragazzo reggino che gioca a pallacanestro muore giovane, il fratello magistrato per perpetuarne la memoria compra la squadra in cui giocava, la chiama Piero Viola come lui, e la porta nel giro di soli diciassette anni dai cortili in mattonelle rigate delle scuole (anche la mia) ai parquet della serie A, facendo innamorare per sempre migliaia di ragazzi dell'epoca tra cui il sottoscritto.

In città non c'è un palasport adatto, per non perdere il titolo sportivo lo spostano a Catanzaro, tanto che per mesi alla Domenica Sportiva daranno i risultati della "Banca Popolare Catanzaro", ma nel capoluogo la squadra neroarancio non l'hanno mai vista: il giudice Viola è riuscito a erigere in estate un palazzetto prefabbricato omologato per la massima serie (destinato negli anni a seguire a ospitare anche il doppio del pubblico rispetto alla capienza, peraltro), struttura che tra l'altro è ancora li, fondamentale per lo sport di base cittadino.

Quasi subito arriva il salto in serie A1, da dove retrocede subito, in una delle poche stagioni con ben quattro retrocessioni, al quartultimo posto grazie a una pastetta tra Brescia e Varese, che attendevano la fine dell'incontro tra Reggio e Roma per inscenare mentre noi festeggiavamo la salvezza una megarimonta impossibile dei bresciani (peraltro in vantaggio negli scontri diretti per solo un punto, mezzo canestro, dopo aver giocato un bel tratto di partita in sei contro cinque: giuro, c'ero, tra gli altri ad urlare agli arbitri di fermare il gioco). Pochi giorni dopo, la morte torna a giocare il suo ruolo di leitmotiv: il giovane padovano Massimo Mazzetto, protagonista tra l'altro della suddetta vittoria contro il Messaggero e già nel giro della nazionale, scavalcando un muretto per rincasare precipita per qualche metro e muore. La strada oggi porta il suo nome.

Lo stesso il giudice fa crescere la società, per programmarne la crescita e la stabilità, e arrivano gli anni della massima gloria con campioni su campioni (tra cui un Kobe Bryant bambino) a vestire la maglia neroarancio e un impianto incredibile da 9000 posti sempre strapieno di pubblico, ma purtroppo la crisi internazionale dell'estate 1992 arriva proprio a rendere onerosissimi i contratti in dollari di alcuni di questi, e in una realtà economica come quella del meridione d'Italia il salasso è difficile da assorbire. La squadra però è talmente forte che può vincere il campionato, e allora magari attirare un qualche nuovo partner societario dal nord, chissà. Gli infortuni di Garrett e Volkov frenano la corsa peggiorando il piazzamento nella griglia dei playoff, ma rientrano a tempo per giocarli, e superata la Benetton ai quarti le avversarie in semifinale e finale sarebbero state squadre ampiamente surclassate durante l'anno; ma nell'incontro decisivo coi trevigiani la schiacciata vincente di Garrett viene giudicata fuori tempo massimo (era sulla sirena, rivisto milioni di volte: un furto come quello di Milano su Livorno per lo scudetto a qualche anno di distanza) e la Viola viene eliminata. Una sliding door che ci toglie lo scudetto, la partecipazione alla Coppa dei Campioni l'anno dopo e poi chissà che altro, e ci porta invece a un lento scivolamento di risultati fino al fallimento del 1997 (vicenda oscura mai chiarita del tutto, peraltro, e raccontata in un docufilm). Ma nemmeno stavolta si muore: interviene Santo Versace (fratello di Gianni, che da ragazzo ci aveva giocato), e grazie a Bologna che accetta di rinviare un incontro consentendo il riassetto societario la squadra può iniziare un nuovo ciclo.

Stavolta i campioni ce li andiamo a scovare da giovani, e dalla A2 torniamo rapidamente in A1 a giocarcela per lo scudetto grazie tra gli altri al più grande di tutti: Manuel Ginobili. Visti gli occhi del ragazzo al suo esordio, era facile preconizzare per lui gli anelli NBA che avrebbe vinto (e l'oro olimpico della sua Argentina, con mezza squadra che aveva giocato a Reggio). Contro la Virtus nei playoff, però, si fa male Montecchia, e passano loro. Portandosi via Ginobili, con cui l'anno dopo vinceranno tutto, già però "scelto" da San Antonio. E' un altra sliding door, il campionato successivo è una salvezza risicata, ma la società è sana e l'estate successiva attira un nuovo compratore. Non sapremo mai se la scommessa di Barbaro, che aveva ripreso Recalcati e contrattualizzato l'allora numero uno d'Italia Carlton Myers, talmente certo del suo grosso sponsor che quando questo tardò a pagare si accinse ad anticipare di tasca, sarebbe stata o meno vinta: l'imprenditore venne immediatamente interdetto legalmente su iniziativa dei familiari, e la società fu di nuovo li li per sparire.

Eravamo col lutto nel cuore, quando si materializzò un nuovo compratore, ma senza più i tempi tecnici per allestire una squadra per l'inizio del campionato. La prima si giocava a Roma, e la Viola si presentò a palaTiziano con giocatori letteralmente contrattualizzati a gettone negli autogrill lungo il tragitto. La vidi perdere 114 a 48, ma ero felice. Mentre veniva costruita, la squadra continuava a perdere: 13 volte a fila, mi pare. Ma a fine anno sfiorò i playoff. E l'anno appresso li fece, ancora una volta eliminata in gara 5 dei playoff ai quarti di finale da Treviso, che recuperava con l'aiuto degli arbitri un meno 7 a pochi secondi dalla fine. Altra sliding door, altra spirale negativa che si avviava, culminando nel 2007 in un nuovo fallimento. Dopo 24 anni consecutivi di serie A, non c'è nessuna Viola iscritta in un campionato di basket.

Comprando un titolo di B due anni dopo, la Fenice risorge ancora, e tornata in serie A2 per una serie complessa di combinazioni e ripescaggi, dopo qualche anno di sofferenza riesce addirittura ad allestire una compagine in grado di dominare il campionato e candidarsi ai playoff da favorita. Ma a gennaio si scopre che la fidejussione presentata nel luglio precedente in quanto necessaria per iscriversi al campionato era fasulla, e a nulla vale la denuncia del proprietario nei confronti del fidejussore truffaldino con contestuale peraltro copertura integrale dell'importo in contanti: la federazione rifiuta i soldi, mette sub judice la squadra consentendole di completare il campionato, peraltro dominando in casa e fuori, e poi le commina prima dei playoff esattamente i punti di penalizzazione necessari a mandarla in B. 34. L'avesse penalizzata subito, di un numero di punti ragionevole, persino di 32, la squadra almeno avrebbe potuto evitare la retrocessione a forza di vittorie. E perché avrebbe dovuto farlo? Perché esiste il principio per cui le pene nello sport (e non solo) si comminano in base a norme ("edittali") preesistenti al momento del reato, non in base ad un obiettivo per non poterlo legittimamente perseguire direttamente. E perché in molti altri casi analoghi era stata riconosciuta la buona fede della compagine sportiva, destinataria al massimo di una multa, semmai riservando la squalifica al dirigente colpevole. Ma la Viola deve morire, non è mica Misery. Alla fine, la proprietà molla l'osso, cedendo il titolo a Barcellona Pozzo di Gotto. Sarà la fine?

No: Coppolino, l'acquirente, non potendo per alcuni debiti pendenti della società precedente di quella città fissarvi la sede del titolo acquistato, decide di lasciarlo a Reggio, e vi inizia a costruire una squadra idonea a tornare subito in A2, ricevendo a parole il pieno sostegno delle amministrazioni cittadine (tra l'altro, proprietarie degli impianti, palazzo e centro sportivo con foresteria), mentre altre due società con Viola nel nome tentavano parimenti di muovere i primi passi (con la vecchia Scuola basket Viola, mai ceduta dalla società madre, fanno quattro viole, praticamente un'aiuola). Il personaggio, forse discutibile e infatti discusso, una volta constatata la vanità delle promesse di sostegno, toglieva il disturbo neanche due mesi dopo, rimettendoci di suo e lasciando però il titolo e la squadra allestita nelle mani della città. L'anno trascorreva tra promessi acquirenti e sponsor che comparivano e sparivano, mentre miracolosamente la squadra arrivava alle semifinali dei playoff, prima di chiudere bottega.

Ma durante la stessa estate 2019, la Pallacanestro Viola del Supporter Trust, in parte figlia di una delle tre altre viole dell'estate prima, riparte dalla serie C, la domina fino allo stop da Covid, e a fine anno acquista (ancora) un titolo di B: prima stagione interlocutoria, seconda già playoff, ma sempre soltanto raccogliendo spiccioli tra tifosi sostenitori e piccoli sponsor locali, tanto che di nuovo a fine campionato scorso pare non ci siano risorse per reiscriversi. Anche perché nel frattempo le istituzioni cestistiche hanno una pensata diabolica: mettono le squadre siciliane e l'unica calabrese nel girone non delle regioni confinanti, come era sempre stato per la logica considerazione che nei campionati minori bisogna consentire alle squadre di limitare i costi delle trasferte, ma in quello del lombardo-veneto, decuplicandoli. Chissà, avranno pensato che tanto che devono prendere l'aereo che gli cambia, come se avessero il jet personale e non si dovessero affidare a voli di linea in una città dove i lowcost non sono mai arrivati e nemmeno tratte diverse da Roma e talvolta Milano hanno mai retto più di tanto. O forse avranno pensato che muoiano, sti terroni di mmerda che ancora pretendono di giocare nei campionati nazionali di basket.

Ma la squadra miracolosamente viene allestita, seppur con ritardo enorme, e anche con elementi di livello (un paio proprio fuori categoria). Naturale che all'inizio perda, contro squadre che si allenano assieme da mesi: una due tre, sei volte. Alla settima, qualcuno comincia a scoraggiarsi, chiedendosi se ancora ha senso il motto di cui al titolo, se così si onora la memoria del mito Viola. Ma chi invece ha buona memoria, al punto ad esempio di essere in grado di scrivere un post come questo di getto senza quasi consultare il web (salvo che per fornirvi qualche link), sapeva che siamo venuti fuori da serie di sconfitte ben maggiori, che prima o poi anche questa sarebbe finita e la fenice risorta ancora. Infatti all'ottava si vince, ironia della sorte aiutati proprio dal fatto (quando si dice le armi a doppio taglio...) che i poveretti ospiti del Lumezzane in volo per Reggio sono stati dirottati a Brindisi e hanno dovuto raggiungere il Pentimele da lì in pullman (se siete del nord, non avete idea della strada), forse, ma non importa. E magari la prossima si perde, ma non importa. Intanto la Viola rivive, anche stavolta: qui, non si muore mai.

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